Thomas Mann: l'omosessualità nella sua vita e nelle sue opere

Fu Peter de Mendelssohn, critico e saggista, se non erro, a definire Thomas Mann "l'ultimo dei classici".
Effettivamente con l'opera dello scrittore tedesco si chiudeva la grande, felice stagione incominciata con I dolori del giovane Werther di Wolfgang Goethe nel 1700.
Thomas Mann ammirava molto lo scrittore francofortese, gli dedicò saggi e conferenze e un bellissimo libro, Lotte a Weimar, in cui narrava, con ironia e sagacia, l'incontro, realmente accaduto, di Lotte e Goethe dopo tanti anni dalla fatidica estate a Wetzlar.


Thomas Mann era nato a Lubecca il 6 giugno 1875.
Il padre di Thomas, Johann Heinrich, era un onesto commerciante di granaglie, aveva una bella casa, leggeva segretamente i romanzi di Emile Zola, coprendo le copertine dei libri con della carta perché in quella provincia il grande letterato francese era considerato scandaloso sia per il suo dichiarato socialismo, sia per il suo naturalismo letterario.
La madre di Thomas, Julia, era figlia di un tedesco e di una brasiliana, suonava splendidamente il piano e amava cantare romanze in portoghese.
Adulto, Thomas Mann scrisse in un breve Saggio autobiografico di aver preso dal padre il suo amore per quanto è borghese e ordinato e dalla madre l'amore per l'arte. Infatti il tema che percorre tutta l'opera manniana è proprio il dissidio tra da un lato una vita borghese che garantisce il rispetto sociale, una certa abitudinarietà, una sicurezza, un decoro e dall'altro una vita d'artista, in cui egli vide invece l'imprevedibile, il rischio e talvolta l'abisso.


Dietro questo dilemma si cela anche un altro dilemma: quello della scelta tra eterosessualità e omosessualità: se la prima assicura una vita relativamente tranquilla e socialmente accettata, la seconda no.
Fin da adolescente Thomas Mann fu consapevole del suo orientamento omosessuale e un giorno confessò i suoi sentimenti ad un coetaneo liceale che non lo amava. Questo giovane ritorna spesso nelle sue opere: è una figura appena accennata ma affascinante, ha occhi chiari e zigomi alti, qualcosa di russo nei tratti.


A vent'anni lo scrittore si innamorò di un altro coetaneo, un valente violinista, Paul Ehrenberg, con i capelli ricci e un'espressione intelligente.
Per Paul, durante un lungo soggiorno a Roma e a Palestrina, incominciò a scrivere qualche ricordo di giovinezza - come scrisse in seguito - e via via il manoscritto divenne un voluminoso romanzo: I Buddenbrook, il cui sottotitolo è "decadenza di una famiglia". Infatti è la storia di una famiglia dell'Ottocento, piena di valori e di certezze borghesi, di onesti commercianti, di anime che restano turbate dalla lettura di Schopenauer e che saranno sorpassati e distrutti da un'altra famiglia, rivale nel commercio, aggressiva e senza scrupoli.
Alcuni critici hanno "letto" il romanzo come una premonizione del tramonto della società liberale e conservatrice (in senso europeo) e dell'ascesa del fascismo. L'eminente critico Samuel Lublinski scrisse che questo romanzo sarebbe stato letto e riletto da molte generazioni e infatti, ancora oggi, per fare un piccolo esempio, nella maggior parte delle edicole nei pressi delle stazioni italiane, si può trovare un'edizione economica de I Buddenbrook. È anche vero che il successo di Thomas Mann in Italia è sempre stato clamoroso.


A Monaco viveva non solo Paul, ma anche una ragazza ventenne che era rimasta incantata dal romanzo lubecchese: si chiamava Katia Pringsheim. Studiava matematica e fisica all'università, il suo professore era Rontgen, lo scopritore dei raggi x. Era una ragazza molto bella e di temperamento buono ed allegro. Suo padre era uno stimato professore universitario e un milionario con il debole per i mobili di antiquariato e la musica di Wagner, sua madre una ex attrice.
Thomas vide per la prima volta Katia mentre lei discuteva animatamente con un bigliettaio di un tram e fu favorevolmente colpito dall'intrepidezza della ragazza. Scoprì chi era (Monaco era una piccola città) e chiese a un amico comune di presentarlo ai Pringsheim, che avevano un magnifico palazzo in stile rinascimentale, con ascensore e luce elettrica, e un vasto giardino dove davano splendidi ricevimenti.
Thomas Mann era bello, aveva capelli e baffi neri, occhi azzurri scuri, uno sguardo acuto e osservatore, era taciturno e molto educato. I fratelli di Katia lo soprannominarono malignamente "il malato di fegato" per via del suo colorito pallidissimo. Soffriva di ipocondria e teneva sotto controllo la sua forte emotività.
Si innamorò di Katia ma Katia non desiderava sposarsi, era molto giovane e voleva continuare la sua vita forse spensierata. Thomas partì e durante un soggiorno in Danimarca scrisse due capolavori: Tonio Kröger e alcune lettere a Katia, che mutarono i sentimenti della ragazza.


Tonio Kroger
è un romanzo breve, intenso, struggente. È la storia dell'amicizia al confine con l'amore del giovane Tonio per il biondo Hans e la bella Ingeborg.
Hans e Ingeborg sono personaggi semplici, indifferenti alle problematiche della vita, ai dilemmi filosofici e morali, alle discussioni, ai dubbi e proprio per questo Tonio li ama e li invidia. Nel personaggio di Hans, con il suo abito da marinaio, ritorna il liceale che lo scrittore aveva amato e Ingeborg è forse inventata o forse ispirata a qualche conoscenza di Lubecca.


Al ritorno da questo viaggio Katia accettò la proposta di matrimonio che Thomas le aveva fatto da qualche tempo. Sembra che si fosse innamorata di lui attraverso le lettere che le aveva scritto. Fu un matrimonio felice. Poco tempo dopo Thomas scrisse Altezza reale, una storia fiabesca ma non troppo, su Klaus Heinrich, principe infelice e timido che viene salvato dall'amore per Imma Spoelmann, volitiva ereditiera americana ed anticonformista. Imma è certo un ritratto di Katia e lo scrittore sostituì alle loro corse in bicicletta nel Giardino Inglese di Monaco le cavalcate nei boschi nell'immaginario piccolo regno il cui il romanzo si ambienta.


I due sposi ebbero sei figli, tutti dotati di talento e genialità.
Erika, la primogenita, fu attrice e scrittrice e aveva un orientamento dichiaratamente bisessuale, Klaus, il secondogenito, è l'autore di Mephisto e Il vulcano ed era dichiaratamente gay.
Thomas Mann ebbe un rapporto difficile con Klaus, che era bello e buono e somigliava molto a Katia. Probabilmente il fatto che Klaus avesse osato vivere e dichiarare i suoi sentimenti potrebbe essere stata la causa della freddezza del padre.


Klaus ebbe una lunga storia d'amore con il giornalista americano Thomas Quinn Curtiss, una breve ma fondamentale storia con il proprietario terriero finlandese Hans Aminoff, amò ma non fu ricambiato lo scrittore surrealista francese René Crevel e nei suoi Diari nonché nelle novelle "Speed" (purtroppo ancora inediti in Italia), raccontò dei giovani incontrati nei porti di Marsiglia e Tolone, dell'affascinante ladro americano che conobbe in California e di un altro, disertore della seconda guerra mondiale, che egli difese con grande rischio personale.


Diverso fu l'atteggiamento
di Thomas Mann verso le ragazze amate da Erika come Pamela, attrice ambiziosa e figlia del suo defunto amico, il celebre commediografo Frank Wedekind, o Therese Giehse, anche lei attrice ma famosissima in Germania, che dopo il '45 divenne l'interprete prediletta da Brecht.
Thomas Mann accolse con simpatia nella sua casa monacense Annemarie Schwarzenbach, la scrittrice svizzera allora ventitrenne, amica dei due figli maggiori e innamorata, non corrisposta, di Erika. Più volte si recò a trovare Annemarie a Sils Baselgia quando era in esilio a Zurigo. Leggeva un racconto, ascoltavano musica e bevevano una tisana di tiglio. Nei suoi Diari Erika annotava sempre quando la ragazza si recava da loro e scriveva - cosa curiosa - il suo nome "alla tedesca", cioè Anne Marie, così come scrisse sempre Katja e mai Katia, abbreviazione di Katharine.


Thomas Mann aveva un atteggiamento molto emancipato verso il lesbismo ma molto severo verso l'omosessualità maschile, il che non è così strano: infatti il secondo caso lo riguardava direttamente e di certo gli causò problemi emotivi, in quanto era represso da lui stesso. Katia sapeva dell'orientamento del marito e lo accettò, senza problemi.
Nel 1911 Thomas meditava di comporre un racconto o un romanzo sull'ultimo amore di Goethe, amore che ha sempre suscitato perplessità in biografi e saggisti, in quanto Goethe settantenne aveva chiesto in sposa una diciassettenne, Ulrike.
Ulrike non sapeva neppure chi fosse "il signor Goethe", pensionante nel modesto albergo che sua madre gestiva nella rinomata Marienbad, nel primo Ottocento. La madre della fanciulla l'esortava ad accettare la proposta di matrimonio e il principe di Weimar, regno in cui viveva Goethe, le offrì grandi privilegi se avesse sposato il letterato. Ulrike fu irremovibile e rifiutò.


Mentre Thomas Mann rifletteva su questa vicenda gliene accadde una, di certo impensata. Durante un soggiorno a Venezia provò una fascinazione per un adolescente polacco. Naturalmente egli non tentò mai di conoscere e parlare con il ragazzino, che in La morte a Venezia chiamò Tadzio. Quasi tutti gli episodi descritti nel libro sono realmente accaduti. Al suo protagonista, Gustav von Aschenbach, diede i tratti e il nome di Gustav Mahler, il musicista che in quei giorni stava morendo a Vienna.
Nel romanzo, in una Venezia in preda al colera, tra le menzogne del maitre d'hotel, gli incontri singolari, la decisione di partire, il bagaglio spedito per errore a Como, i pedinamenti di Tadzio e della sua famiglia per il dedalo delle calli della città lagunare, l'alta società cosmopolita che alloggia nello splendido edificio bianco in stile liberty dell'Hotel des Bains, Thomas Mann ritrasse tutto un mondo, una società che si stava disfacendo. La prima guerra mondiale era vicina.
Aschenbach muore di colera e in un certo qual modo questo evento può essere anche una crudele punizione che il suo autore gli ha inflitto perché non ha avuto abbastanza forza di volontà da lasciare la spiaggia dove vedeva Tadzio.
Il romanzo suscitò grande scalpore.


Nel 1924 Thomas Mann pubblicò un romanzo che aveva richiesto dodici anni di elaborazione: La montagna incantata, dove emergono chiaramente i suoi nuovi interessi come la psicoanalisi, lo spiritismo, i dibattiti filosofici e un'apertura politica.
Thomas Mann ebbe una breve corrispondenza con Sigmund Freud e leggeva con attenzione le sue opere. Condivideva la teoria freudiana secondo cui tutte le persone sarebbero bisessuali: egli stesso lo era, anche se la sua omosessualità restò sempre un sentimento platonico, come ha chiaramente scritto una ventina d'anni fa il figlio Golo nella prefazione di Thomas Mann, una biografia per immagini.
Lo spiritismo era un altro interesse: si sa che egli si recava da un medium a Monaco e partecipava a sedute spiritiche, il che non deve stupire perché anche Victor Hugo aveva comunicato con l'al di là durante il suo esilio nell'isola di Jersey, nel Canale della Manica.
Politicamente era già incominciata l'evoluzione di Thomas Mann: da ferreo conservatore, autore di un disastroso Considerazioni di un impolitico (il termine "disastroso" non è mio, ma di Klaus Mann), egli si schierò a favore del governo socialdemocratico negli anni Venti, e nel 1933 lasciò la Germania per farvi ritorno solo nel 1949.
Grande avversario del nazismo, scrisse nel 1936 una lettera aperta, pubblicata sul prestigioso quotidiano svizzero "Neue Zurcher Zeitung" che viene giustamente citata come uno dei testi base della Resistenza europea.


La montagna incantata
era un'opera odiata dai nazisti, che fin dal 1924 la stroncarono sulle loro riviste.
Magnifico affresco di un microcosmo (il sanatorio di Davos nel Canton dei Grigioni) racconta di come Hans Castorp, giovane ingegnere di temperamento semplice e amante dei sigari (una citazione autobiografica), del vino rosso (un'altra citazione autobiografica) e della musica da caffè-concerto, si rechi a trovare il cugino Joachim.
L'idea è restare tre settimane a Davos e poi far ritorno ad Amburgo, sua città natale, ma Hans Castorp rimarrà sette anni sulla montagna, che veramente sembra sotto un incantesimo.
Libro sulla vita e la morte, sul tempo, sull'amore, è impossibile da raccontare. Anche qui vi è un bellissimo accenno ad un delicato amore adolescenziale del protagonista. Nel sanatorio vi è una giovane signora russa, piuttosto indolente, maleducata e affascinante, Claudia Chauchat, che ricorda qualcuno a Hans Castorp. Lentamente affiora nel giovane il ricordo obliato di Prebislav Hippe, un compagno di scuola, di cui era stato innamorato per due o tre anni e a cui, una volta, aveva chiesto in prestito una matita. Altrettanto farà con Claudia, di cui s'innamorerà perdutamente.


Nel 1925 lo scrittore scrisse su richiesta di un'antologia un piccolo saggio intitolato Sul matrimonio in cui oppose matrimonio e omosessualità come se fossero le uniche due "strade" sentimentali per un uomo. È strano che Mann non abbia riconosciuto che vi sono molti scapoli eterosessuali...
Contro l'omosessualità si scagliò con un eccesso per lui insolito.


Verso la cinquantina lo scrittore s'innamorò di uno studente universitario, Klaus Hauser, figlio di un importante studioso. Lo vide poche volte ma ebbe con lui alcune conversazioni sulla mistica indiana. Klaus Hauser era affascinato dal buddismo e dall'induismo e poco tempo dopo lasciò la Germania per andare a vivere in India.


Nel 1929 Thomas Mann venne insignito del Premio Nobel (oggi il diploma svedese si trova nell'accogliente Thomas Mann Archiv di Zurigo, all'interno dell'università, in cui è una piccola parte dei suoi libri, la scrivania, il mappamondo, il divano a fiori, lettere e documenti, nonché fotografie di grande interesse).


Negli anni Trenta lo scrittore visse tra il sud della Francia e la Svizzera e compose Giuseppe e i suoi fratelli, capolavoro tratto dalla storia biblica di Giuseppe, che secondo molti saggisti è il suo libro più bello. Non mi piacciono le classifiche letterarie ma il romanzo è veramente eccellente, e leggerlo è davvero un piacere letterario e un divertimento. La fantasia dello scrittore è senza limiti, e qualcuno ha scritto che è incredibile che da poche righe della Bibbia abbia saputo trarre un'opera in tre volumi. L'intelligenza e la clemenza di Giuseppe, opposta alla rozzezza e all'ignoranza dei fratelli, l'amore di Giacobbe per la fanciulla incontrata al pozzo per cui egli deve aspettare quattordici anni prima di sposarsi, per colpa dello scaltro Labano, il culto del dio Sole istituito dal giovanissimo ed eclettico faraone, la passione senza freni della nobile egiziana per il casto Giuseppe, la divinazione, la profezia, i sogni... il tutto in un rigore storico minuzioso e con un'ironia incredibile.
Thomas Mann infatti studiava accuratamente ciò di cui parlava nei suoi libri, per comporre La montagna incantata studiò medicina, per Giuseppe e i suoi fratelli consultò un famoso rabbino e si recò in Egitto.


Il suo amore per la precisione non si trasformava mai in eccesso o prolissità. Egli scriveva in un tedesco coltissimo ma semplice ed accessibile a tutti.
In Italia Thomas Mann ha avuto i migliori traduttori, e le sue opere sono continuamente tradotte di nuovo.

In America, dove insegnava lettere umanistiche all'università californiana di Princeton e aveva come collega, di fisica ovviamente, il distratto Albert Einstein, compose il suo libro più diabolico ed inquietante: Doctor Faustus, in cui riviveva meravigliosamente la Monaco del primo Novecento e si parlava molto del suo nuovo interesse, la musica dodecafonica di Schonberg.


Nei suoi Diari, editi per sua volontà vent'anni dopo la sua morte, vi sono molti accenni ai suoi sentimenti amorosi. L'opera, in tredici volumi, è ancora inedita in Italia ma è stata annunciata in due volumi.
Nel 1933 i nazisti avevano bruciato i suoi libri insieme a quelli di moltissimi altri scrittori, nel 1936, pochi mesi dopo la pubblicazione della lettera sulla "Neue Zurcher Zeitung", tolsero a lui e ai suoi familiari la cittadinanza tedesca, ma le università dei paesi liberi lo insignirono di diciassette lauree honoris causa, e la Francia gli diede la Legion d'onore.
Durante il viaggio in Germania nel 1949 egli volle visitare oltre alla Repubblica Federale, sotto l'influenza anglo-americana, anche la Repubblica Democratica, sotto l'influenza sovietica. Giornalisti in malafede scrissero che era comunista. In America egli era diventato un "seguace" del presidente democratico Franklin Delano Roosevelt, che conobbe personalmente, e aveva aiutato economicamente molti esuli tedeschi.


Nel 1949 la stampa avanzò l'ipotesi di Thomas Mann come eventuale candidato alla presidenza della Repubblica Federale Tedesca. Klaus Mann, sei giorni prima di prima di suicidarsi a Cannes, scrisse una lettera alla madre e alla sorella, che si trovavano a Londra, scherzando sull'ipotesi del padre presidente e immaginandolo a bere del buon vino rosso del Reno e a fumare tranquillamente con i russi.


Thomas Mann compose negli ultimi anni dei bei racconti tra cui Le teste scambiate, tratto da una leggenda indiana, e il singolare romanzo breve, di ambiente medioevaleL'eletto. Nel 1952, infine, lasciò gli Usa disgustato dal maccartismo. (Mc Carthy era un senatore repubblicano che aveva come "braccio destro" il giovane Richard Nixon e che lanciò nel paese una campagna delirante contro i presunti comunisti. I maggiori intellettuali stranieri lasciarono il paese, tra cui Charlie Chaplin e sua moglie Oona O'Neil. L'unico realmente comunista era Bertolt Brecht, che subì un processo in cui si difese egregiamente).


Thomas Mann morì in Svizzera nel 1955. In un racconto di trent'anni prima, Disordine e dolore precoce, aveva descritto una festa nella casa monacense del professor Abel, storico, in cui i figli maggiori avevano invitato i loro "stravaganti" amici.
Il professore Abel è un divertito autoritratto dello scrittore: pacato, contenuto, discreto, egli osserva con bonaria ironia la gioventù dei folli anni '20" tra le incessanti chiacchiere, e il disco che gira sul grammofono e forse, nel fondo del suo cuore, avrebbe voluto essere uno di loro.

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