Latini, Brunetto (ca. 1220-1295?)

Nato a Firenze, figlio di un giudice, fu cancelliere e notaio del Comune.

A causa delle lotte intestine di Firenze passò un lungo periodo d'esilio in Francia, da dove tornò nel 1266. Si diede anche all'attività politica, ricoprendo varie e importanti cariche.

La fama del Latini come scrittore è affidata soprattutto a Li livres dou trésor [1], una delle prime "enciclopedie" (scritta in francese), e al poemetto didattico Il tesoretto [2] (scritto in volgare toscano). 

Tuttavia nel corso dei secoli s'è parlato del Latini molto meno per queste opere che per il fatto che Dante Alighieri (1265-1321), il "padre della lingua italiana", fece di lui la figura principale del girone dei sodomiti nell'Inferno (canto XV) nella Divina Commedia.
 

Dante tratta Brunetto con tale deferenza (arrivando a indicarlo come il suo maestro intellettuale) che generazioni di commentatori della Commedia si sono scandalizzate: com'era possibile che una persona colpevole del più sozzo di tutti i peccati fosse trattata con tale rispetto nell'Inferno?

La risposta è, come correttamente sottolinea l'Enciclopedia dantesca [3], che Dante è figlio d'un'epoca in cui la sodomia era per la morale religiosa un peccato gravissimo, ma per la morale laica non era altrettanto grave: fu solo durante l'ultima parte della vita di Dante che la morale laica cambiò al punto che i Comuni italiani approvarono le prime leggi che punivano con la morte la sodomia [4].

La duplicità del giudizio di Dante (che condanna all'inferno il Latini, ma che lo onora) è dunque espressione della duplicità di giudizio della società da cui proveniva, giudizio che cambiò totalmente nel giro di pochi decenni.

Si spiega perciò come, a pochi anni dalla morte di Dante, la sua posizione verso la sodomia risultasse "inspiegabile" ai commentatori, e che tale sia rimasta fino a pochi anni fa.

Ecco perché la questione dell'omosessualità del Latini è stata discussa letteralmente decine di volte nell'ultimo secolo e mezzo: perché l'idea medioevale di Dante (cioè che il sodomita, pur commettendo un grave peccato, poteva egualmente essere una persona ammirevole) ripugnava violentemente all'omofobia degli studiosi moderni. Alcuni sono arrivati a negare che i sodomiti dell'Inferno siano davvero sodomiti [5].

Per negare l'omosessualità del "maestro spirituale" di Dante e togliere qualsiasi valore alla testimonianza di Dante, si è insistito a lungo sul fatto che egli era sposato (ma lo era la massima parte degli omosessuali, all'epoca) o che nel suo Trésor egli condanna ripetutamente la sodomia [6] (ma solo un idiota potrebbe aspettarsi che in un'opera di "morale" egli potesse fare il contrario).

Questi argomenti hanno comunque perso significato da quando Silvio Avalle D'Arco ha riscoperto e ripubblicato una poesia d'amore ("S'eo son distretto jnamoratamente") che Brunetto scrisse per un uomo, Bondìe Dietaiùti (sec. XIII).

Così canta Brunetto:

Testo:

"S'eo son distretto jnamoratamente
e messo jn grave affanno 
assai più ch'io non posso soferire,
non mi dispero né smago neiente,
membrando che mi danno 
una buona speranza li martire 
com'eo degia guerire: 
ché lo bon soferente 
ricieve usatamente 
buono compimento delo suo disire.

Parafrasi

"Se io sono avvinto da amore, /
e messo in grave affanno /
assai più di quant'io possa sopportare, /
non mi dispero né mi angoscio, /
ricordando che mi danno / 
buona speranza le sofferenze /
di poter guarire; /
perché chi ben sopporta sofferenza d'amore /
riceve di solito /
buona ricompensa al suo desiderio. /
 

Dumqua, s'io pene pato lungiamente 
non lo mi tengno a danno, 
anzi mi sforzo ongnora di servire 
lo bianco fioreauliso, pome aulente 
che nova ciaschuno anno 
la grande bieltade e lo gaio avenire.
(…) 
Dunque, se sopporto le pene a lungo, /
non lo giudico un male, /
anzi mi sforzo sempre di servire /
il bianco fiordaliso, pomo profumato /
che rinnova ogni anno /
la gran bellezza e il gaio aspetto. /
Va' te ne, chanzonetta mia piagiente, 
a quelli che canteranno 
pietosamente delo mio dolire, 
e di' che 'n mare frango malamente. 
(…)
Va', canzonetta mia piacevole, /
a quelli che canteranno /
pietosamente del mio soffrire, /
e di' loro che io nàufrago malamente in mare. /
Prega gli che 'n piacere 
metano al'avenente 
che mi dea prestamente
confortto tale che mi degia valere[7]
Prégali che dispongano favorevolmente /
verso me l'avvenente, /
affinché mi dia prestamente /
un conforto tale che mi dia sollievo".

La poesia era in realtà nota da tempo, ma prima di Avalle gli studiosi avevano censurato il fatto che ad essa (che si diceva scritta per una donna) esisteva una risposta amorosa (per quanto perplessa) "per le rime" di Bondìe a Brunetto: "Amor, quando mi membra" [9] (che ha avuto l'onore di essere citata nella canzonetta: "Medievale", di Franco Battiato).

Più guardingo è il linguaggio di Bondìe in questa risposta:
 

Testo:

... Ma lo 'ncharnato amore 
di voi, che m'à distretto 
fidato amico alletto, 
mi sforza ch'io mi degia rallegrare, 
(…) 

Parafrasi:

"Ma l'amore incarnato /
di voi, che mi ha avvinto, /
fidato ed eletto amico, /
mi obbliga a rallegrarmi, /

cha, più ch'io nom sono dengno 
e nonn ò meritato, 
sono da te presgiato, 
onde di grande amore m'à fatto sengno.
perché sono da te [sic] stimato /
più di quanto io non sia degno /
ed abbia meritato, /
per cui sono fatto segno di un grande amore.
E como se' 'nsegnato, 
e dòtto, di ricco jngiengno! 
Per ch'io allegro mi tengno, 
vegiendo te di grande savere ornato... 
(…) 
E come sei cortese, /
e dotto, di ricco ingegno! /
Per questo io sono felice, /
vedendoti ornato da grande sapienza. /
Kanzonetta 
(…) 
saluta lo da mia partte 
poi di' gli che nom partte 
lo mio core da llui, poi sia lontano; 
di'lgli che'm pemssasgione 
mi tiene e 'n alegranza, 
tanto mi dà baldanza 
lo meo core, ch'è stato 'n sua masgione [8].
Canzonetta, /

salutalo da parte mia, /
e poi digli che il mio cuore /
non si separa da lui, anche s'è lontano; /
digli che penso a lui /
e mi mantengo lieto, /
tanto mi dà coraggio /
il mio cuore, che è stato a dimora da lui"...

Eppure, a dimostrazione del fatto che l'omofobia è una delle cause più radicate e abituali di menzogna nella ricerca storica, dopo la pubblicazione di questo saggio è spuntato [10] chi affermava che la tenzone va compresa in senso... politico, non erotico: sarebbe infatti l'espressione dell'amore per... Firenze dopo la sconfitta di Montaperti!

La raltà è ovviamente un'altra, cioè che solo al riparo dello schermo della poesia d'amicizia Brunetto può permettersi d'invocare a suo favore la differenza esistente tra amicizia e sodomia, esaltando la prima in questa ed altre composizioni, e condannando la seconda nel Tesoretto
 

Ma tra questi peccati 
son vie più condannati 
que' che son soddomiti: 
deh, come son periti 
que' che contra natura 
brigan cotal lusùra! [11].

Nonostante questa tenzone (o forse proprio a causa di essa) l'omosessualità di Latini continua ad essere ancor oggi fonte di grande imbarazzo per gran parte degli studiosi di Dante: il dibattito su di essa prosegue, incredibilmente, anche ai giorni nostri [12].

E questo nonostante già nel lontano 1886 Umberto Marchesini avesse ammonito: 
 

"Si obbietta anzitutto che nulla si sa della colpa di Brunetto. Nulla se ne sa! Cioè nulla che sappiamo noi. Tra i contemporanei la notizia delle sue brutture poteva essere largamente diffusa.
C'è proprio a meravigliare che noi veniamo a conoscenza di questa particolarità per una sola via? La vita del Nostro ci è dunque tanto nota, da poter pretendere che all'autorità di Dante se ne aggiungano altre?
(...)
Lo storico, soprattutto de' secoli passati, può anche a bello studio tacere, magari a costo di alterare la verità, per un rispetto verso il personaggio di cui parla"[13].


Latini morì e fu sepolto a Firenze: un frammento della sua tomba (una colonna con lo stemma e l'iscrizione latina "Sepolcro di ser Brunetto Latini e dei suoi figli" [13]), s'ammira tutt'ora in una cappella della chiesa fiorentina di santa Maria Maggiore.

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