L’indimenticabile Don Lurio

4 aprile 2005, "Pride", n. 45, marzo 2003, con lo pseudonimo Guido Sommi

Sembra incredibile ma nell'arco di poche ore c'è stata la scomparsa di tre celebrità gay. Di due, anche se platealmente gayssimi, non posso parlarvi perché verrei accusato dagli eredi d'infangarne la memoria. Pensate un po'! Si può scrivere, con dovuta cautela, che una persona sia stato un ladro, un latitante o un malato di mente sollevando un vespaio minore che dicendo che era "anche" gay. Il reato di diffamazione a mezzo stampa è subito dietro l'angolo. Poi si viene accusati d'essere impiccioni, delatori e untuosi, magari anche stronzi e un poco avvoltoi. La realtà è che l'omosessualità era un problema mentale loro e non di chi li ricorda per un ultimo saluto.

Ma il passato ha già ampiamente dimostrato che le celebrity people che rifiutano una parte della loro personalità suonano false alla gente. Il grande pubblico non è così stupido come sembra, e alla fine dei conti non si scandalizza più per certe cose. Il destino di questi personaggi è perciò quello di finire tristemente nel dimenticatoio e di non avere molta folla ai funerali.


Di tutt'altra specie è stata la scomparsa del geniale ballerino e coreografo Don Lurio, a 69 anni. Benché fosse scomparso in quei giorni anche Gianni Agnelli, lui ha saputo rubargli la copertina su due settimanali, ampie sezioni interne e necrologi a piena pagina sui quotidiani. Forse nemmeno lui s'era reso ben conto di quanto il pubblico lo amasse.

E qui proprio d'amore si parla, di grande riconoscenza anche da chi da bambino lo guardava allibito davanti allo schermo. Come il sottoscritto. Sembrava un folletto tascabile uscito da un cartone animato, pronto al gioco e a fugaci battute autoironiche sul suo idioma strampalato, sulla bruttezza o sulla statura miniaturizzata. Un grande sorriso e due piedi che volano. Coreografie scatenate che "tacco punta tacco" animavano oggetti e personaggi famosi: Patty Pravo, tra tutti, trascinata in una indimenticabile versione tip tap scatenata di Oggi qui domani là.


La sua scuola era stata la danza di Broadway, quella vera fatta con Bob Fosse e Jack Cole, derivata dai balletti atletici di Ted Shawn, poi con Roland Petit in Francia.

Arrivò in Italia nel 1957 e ne fuggì subito inorridito dalla scarsa professionalità italiota. La persecuzione politica verso i gay nel 1960-61 (il famigerato scandalo dei cosiddetti "Balletti verdi") costò per sempre la carriera italiana al suo collega Paul Steffan.

Ma Don Lurio fu richiamato in Italia e ne passò indenne. Anzi, proprio in quegli anni iniziò una carriera teatrale e televisiva sfolgorante che lo portò ad essere il partner di Delia Scala in Canzonissima del 1959.


La grande fama arrivò nel 1961, quando portò in Italia le gemelle Kessler delle Bluebelle, già apparse sulla copertina di Life negli Usa e sue colleghe in Francia. La censura demo-cattolica le obbligava ad indossare pesanti calze nere ma Don Lurio ne fece delle stars creando la celebre coreografia del Dadaumpa, un pezzo storico indelebile nell'immaginario collettivo.

Poi una valanga di successi. Tutti gli show di Lola Falana e Rita Pavone. E nei nei primi Settanta a lui si deve la scoperta della mitica Minnie Minoprio e l'invenzione del Tuca Tuca per l'ombelico della Carrà.

Stilizzazione estrema e molleggiata della danza jazz, pulizia di movimenti, cura nella mimica e sprazzi grotteschi conditi con tanta classe e gusto, senza mai cadere nelle volgari allusioni sessual-pecorecce che oggi regnano nei dozzinali, quanto raffazzonati, balletti alla TV. Tutte coreografie uguali e che non lasciano il benché minimo ricordo, con tutte quelle tettone pretenziose e scarmigliate in perizoma che non fanno altro che rotolarsi lascive sul pavimento tra falsi maschi a torso nudo!

Tutte cose che rattristavano uno come Don Lurio, anche perché i suoi allievi non erano stati capaci di tramandarne la scuola. Il talento solo in rari casi è contagioso.


Ma lui aveva ben altri pensieri che occuparsene. Nel 2000 rilasciò un'intervista a "Gente" in cui raccontava tutta la sua storia d'amore con il long time companion Livio Costagli, morto di Aids nel 1994 a soli 44 anni, e della causa legale intentata dalla sorella del defunto per ragioni di eredità, tra l'altro assai inconsistente. Il pubblico e i colleghi lo amarono ancora di più per la sua sincerità.


Ora che per l'occasione della morte di Don Lurio, con molto affetto, cordoglio e nella più spontanea normalità, tutti i giornali hanno rievocato questa storia d'amore in cui i due protagonisti sembrano essersi riabbracciati. I loro nomi ora sono uno di fianco all'altro per sempre.

Un altro segno che i tempi sono definitivamente cambiati. Uno come Don Lurio noi non lo dimenticheremo mai.

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