Margarete ("Grete") Buber-Neumann (1901-1989) e Milena Jesenská (1896-1944)

20 aprile 2005, "Fuorispazio" col titolo "Margarete e Milena. Una storia d'amore nel lager di Ravensbruck", firmato Iceblues

"Avendo lasciato l'Europa occidentale nel 1935 ignoravo le nuove canzoni alla moda. Le imparai nel campo.
Una di questa ci affascinava particolarmente... Ancora oggi, a distanza di 20 anni, questa melodia mi riporta al primo anno della mia amicizia con Milena, a quel periodo irreale in cui noi due, prigioniere fra prigioniere, vivevamo in un mondo tutto nostro nel quale ci sentivamo appagate.
Ogni gesto, ogni parola, ogni sorriso era denso di significato. Sempre separate e tuttavia vicinissime, sempre in attesa di un breve incontro.
In quell'esistenza senza futuro, concentrata soltanto sul presente, vivevamo con tutti i nostri sensi i giorni, le ore, i minuti".
(da: Milena, l'amica di Kafka, di Margarete Buber-Neumann)


Margarete e Milena si conobbero nel lager femminile di Ravensbruck.
Margarete Buber-Neumannera la moglie del comunista tedesco Heinz Neumann. Dopo l'avvento di Hitler al potere, emigra col marito in Russia. Nel 1937 è internata in un campo di concentramento. Nel 1940 i russi la consegnano alla Gestapo: la sua lunga prigionia continua nei lager nazisti.
Milena Jesenska, praghese, è Milena, la destinataria delle famose Lettere a Milenadi Franz Kafka. Giornalista, è finita a Ravensbruck per la sua attività nella Resistenza antinazista.
Le due donne s'incontrano il 21 ottobre 1940.
Margarete (ma tutti la chiamano Grete) riceve un biglietto da parte di Milena. Milena ha sentito parlare di Grete dalle altre prigioniere. Resta una cronista, vuole sapere se davvero sono stati i sovietici a consegnarla alla Gestapo. Si parlano la prima volta durante la passeggiata, lungo la stretta via fra le baracche del campo e il muro sormontato dal filo spinato elettrificato.
Milena dice semplicemente: "Milena di Praga".


Il viso di Milena è già segnato dalla difficile vita nel lager, ma Grete è attratta dal suo sguardo forte e dai suoi gesti vivaci. Anche Milena è affascinata da Grete.

"Indifferente al brontolìo intorno a noi", ricorda Grete, "assaporò questo evento in perfetta tranquillità. Avevo di fronte a me un essere umano la cui coscienza di sé non era stata incrinata".

Indossano entrambe l'uniforme a strisce del lager. Grete sa soltanto che la sua compagna di prigionia è una giornalista di Praga e parla tedesco alla perfezione. Rimane colpita fin da quel primo incontro, torna nella sua baracca e per tutto il giorno in testa ha soltanto un nome, Milena.
Grete sta vivendo un'esperienza tremenda; dopo il soggiorno nel campo di concentramento di Karakanda, nel Kazakistan, era stata consegnata ai nazisti e, dopo aver subìto brutali interrogatori da parte della Gestapo, è stata trasferita a Ravensbruck. Qui, dalle internate politiche, è considerata una traditrice, perché diffonde "menzogne" sulla Russia sovietica.
Milena fu la prima internata politica che le parlò con dolcezza e rispetto. E Grete, suo malgrado, ringrazia la sorte che l'ha condotta a Ravensbruck, un lager a circa 80 km a nord di Berlino.


Nel 1940 a Ravensbruck c'erano cinquemila prigioniere (ebree, zingare, politiche, asociali, criminali). Verso la fine della guerra le donne rinchiuse a Ravensbruck saranno venticinquemila. Dal 1939 al 1945 passano per Ravensbruck circa centotrentamila donne - e bambini - ma anche ventimila uomini.
La vita infernale nei lager nazisti è tristemente nota: freddo, fame, continue violenze, umiliazioni di ogni tipo, lavoro durissimo. Si vive nel terrore costante della morte.
Milena è già malata quando arriva nel campo, ma manifesta un interesse insolito e appassionato per la sorte delle altre prigioniere.
Grete e Milena si vedono appena possono lungo il cosiddetto muro del pianto.
Milena non parla delle sue sofferenze private, vuole che Grete le racconti di Stalin, della Russia. Fa rivivere a Grete dolorosi ricordi che aveva rimosso.
Milena era stata comunista ma, dopo il 1935-36, dopo il famigerato processo di Mosca, aveva lasciato il partito. Aveva scritto qualcosa come:

"Ci interesserebbe sapere che cosa è accaduto ai tanti comunisti cechi e ai semplici lavoratori che anni fa sono andati nella Russia sovietica".

Nel 1940 si sapeva pochissimo dei lager stalinisti: la giornalista Milena aveva compreso il valore straordinario della testimonianza di Grete. "Quando torneremo in libertà scriveremo un libro insieme", disse a Grete.
Un libro sui campi di concentramento sovietici e nazisti. Voleva intitolarlo L'era dei campi di concentramento.
Grete è spaventata, dice di non saper scrivere. Milena la prende in giro:

"Non c'è nessuno che non sappia scrivere a meno che non sia proprio analfabeta. Tu sei solo stata rovinata dalle scuole prussiane. Continui ad aver paura del compito in classe".

Milena è pallida, ha le mani gonfie, patisce enormemente il freddo durante le lunghe ore di appello, ma riesce a consolare l'amica che prova dolore per la sorte ignota del marito. Insieme, le due donne tollerano l'atroce presente:

"Le SS potevano vietarci qualsiasi cosa, minacciarci di morte, ridurci in schiavitù, ma nei sentimenti che provavamo l'una per l'altra Milena ed io eravamo libere, intoccabili".

A Ravensbruck è severamente proibito prendersi a braccetto. Loro lo fanno senza paura: "Per me esisteva la mano di Milena nella mia e il desiderio che quell'istante non finisse mai". Escono di nascosto la sera dalle baracche.
Milena - che lavora nell'infermeria del campo - diventa temeraria. Desiderano stare sole, lontano dalle altre prigioniere.
Milena va a trovare Grete di notte nella sua stanza di servizio (Grete è capoblocco nella baracca delle Testimoni di Geova). Deve percorrere una strada del campo dove scorrazzano i cani lupo addestrati per la caccia all'uomo.
Grete spalanca la finestra e Milena cade letteralmente fra le sue braccia. Riescono a passare una intera notte insieme. Milena ha i capelli bagnati, le pantofole che ha messo ai piedi per non far rumore sono inzuppate d'acqua.
"I tuoi capelli sanno di neonato", le dice Grete.


È Grete adesso che vuol sapere tutto di Milena, e Milena comincia a raccontare. Le parla della sua nascita a Praga, nel 1896, della morte precoce dell'amata madre. "Anche tu da piccola eri come me totalmente rapita dalle biglie di vetro con venature di tutti i colori? Non sembravano anche a te di una bellezza naturale?", chiede Milena.


La madre di Milena era morta quando Milena aveva 13 anni. A 15 anni già sembrava una donna: leggeva Hamsum, Dostoevsky, Tolstoy, Thomas Mann. Cominciano i primi dissidi col padre.
Frequenta il Minerva a Praga, uno dei primi licei femminili in Europa.
Milena e le sue compagne sono emancipate. Sono una piccola elite di ragazze libere, intellettualmente vivaci che si atteggiano a "decadenti, scellerate, malaticce".
Dopo il liceo il padre vuole che Milena studi medicina per continuare la tradizione di famiglia: la costringe ad assistere alle operazioni per ricostruire i volti distrutti dei feriti della Prima Guerra Mondiale.
Milena non diventerà medico; offre denaro a chi ne ha bisogno, turbina per Praga con le sue amiche, pronta ad ogni pazzia. Legge i poeti simbolisti, incontra i letterati tedeschi residenti a Praga e gli esponenti della cultura ebraica.
La ricordano bella, sfacciata; lei e le sue amiche si acconciano in modo "efebico e androgino".
Non sono ragazze ceche, ma europee. È ancora una fanciulla ma sul suo conto già circolano leggende: sperpera denaro come una pazza; ha attraversato a nuoto la Moldava con gli abiti addosso per non perdere un appuntamento; è stata arrestata alle cinque del mattino per aver raccolto fiori per un ragazzo in un parco pubblico.
È attratta dagli intellettuali tedeschi ed ebrei perché sono diversi dal mondo chiuso nel quale è cresciuta. Uomini, donne, fanciulle: tutti subivano il suo fascino; per lei non esistevano barriere sociali.
E Grete racconta:

"Il mistero e la grandezza di questa donna consistono proprio nel suo essersi calata negli abissi più cupi, comunque li si voglia definire: esperimenti, immoralità, coraggio o brama di sapere - per poi riemergerne, recuperare uno stile di vita normale, darsi compiti assai elevati e riuscire a portarli a termine".

E il legame tra Milena e Grete nasce in un posto dove se due donne camminavano mano nella mano piomba una sorvegliante a dividerle brutalmente. Di domenica si chiudono nella stanza delle analisi dell'infermeria; magari solo per parlare:

"Essendo sempre costrette a muoverci in mezzo a una gran massa di gente, già stare sole in una stanza era per noi una grande gioia".

Grete non sa cosa l'abbia attratta con tanta forza verso Milena. All'inizio pensava fosse fascino intellettuale, poi si rende conto che

"era il mistero del suo essere ciò che più mi affascinava e questo mistero emanava da tutto il suo corpo.
Milena non camminava in questo mondo con passo fermo e sicuro. Si muoveva scivolando.
Anche nella gioia, il suo sguardo era velato da una tristezza insondabile: ma non era tristezza per ciò che ci accadeva ogni giorno, negli occhi di Milena albergava il dolore di chi non ha riscatto, dell'essere umano che nel mondo si sente straniero".

Grete sa che è proprio questo lato arcano di Milena a metterla totalmente in sua balìa, perché Milena,

"lo sapevo, era una donna irraggiungibile".

E tutti i sogni che di notte fa Grete sono colmi di "questa disperazione".
Il desiderio di tenerezza e vicinanza di un essere amato diventa ancora più forte durante la prigionia. A Ravensbruck molte internate cercavano conforto nelle amicizie tra donne,

"altre parlavano molto d'amore, altre ancora spingevano il loro fanatismo politico e persino religioso ai limiti dell'erotismo".

Le amicizie passionali sono frequenti tra le prigioniere politiche non meno che fra le donne cosiddette asociali e criminali. Secondo Grete i rapporti d'amore delle prigioniere politiche si differenziano dai rapporti tra prigioniere asociali e criminali dal fatto che i primi rimanevano platonici, i secondi avevano un "carattere apertamente lesbico".
La direzione del campo perseguitava queste relazioni in modo particolarmente rabbioso:

"L'amore era punito a suon di bastonate".

Nelle coppie delle asociali, una delle due donne assumeva atteggiamenti maschili. Il maschio nel gergo del campo viene chiamato gradasso. Il gradasso parlava con voce roca "e cercava di muoversi come un uomo".
Nel penultimo anno a Ravensbruck, Grete sente parlare di un caso di prostituzione lesbica. Una certa Gerda, che si fa chiamare Gert, riceve il sabato e la domenica le sue amanti: le consegnano razioni di margarina e salsiccia in cambio di favori sessuali.
Nonostante la durissima prigionia, la numerosa presenza di donne e ragazze crea un'atmosfera erotica. Le zingare che lavorano nella sartoria delle SS cantano languide canzoni d'amore, molte sfogano nella danza i desideri erotici e si muovono sinuose in puzzolenti latrine mentre altre fanno la guardia per avvertirle in caso di controlli SS.


Milena, tradotto in tedesco significa amante o amata:

"L'amore e l'amicizia avrebbero dominato tutta la vita di Milena, plasmando il suo destino".

Il suo primo grande amore era stato Ernst Polack. Era ebreo, e il padre gli proibì di frequentarlo, ma Milena se ne infischiò. Lavorava in banca ma in realtà fu un grande critico, mentore e ispiratore di scrittori, prima a Praga, poi a Vienna. Fu lui che fece conoscere a Milena Franz Kafka, Franz Werfel e tanti altri.
Nel 1918 idue si sposano e vanno a vivere a Vienna, ma il matrimonio naufraga presto: come tanti bohémiens dell'epoca, Polack proclamava l'assoluta libertà sessuale. Milena era una donna libera ma non si adattava alla promiscuità erotica e intellettuale di un caffè di letterati a Vienna, negli anni turbolenti dopo il 1918, e di questo soffriva.
Polack non le dava neanche i soldi per mandare avanti la casa, lei andava semplicemente alla stazione e si offriva come facchino. Ripudiata dal padre, umiliata dal marito che non la desiderava più, cominciò a fare uso di stupefacenti. Ma cominciò anche a fare traduzioni e a scrivere i suoi primi articoli: furono accettati da alcune riviste, e così trovò il suo mestiere.


Milena aveva letto a Vienna, nel 1920, i primi racconti di Kafka. Lo venerò per tutta la vita, per lei non esisteva al mondo nulla di più perfetto della prosa di Kafka. Lei traduceva le sue opere in ceco.
Il loro amore iniziò a Merano nel 1920. Le lettere che Kafka le ha inviato testimoniano della grande passionalità ma anche delle tragiche implicazioni di questo amore.
Grete lesse le Lettere a Milena di Kafka quando Milena era ormai morta da anni. La riconosce totalmente: Milena era come Kafka la vedeva, era la donna-amante. L'amore era per lei l'unica cosa veramente grande della vita:

"La forza dei suoi sentimenti le conferiva la capacità di un'estrema dedizione spirituale, fisica, intellettuale".

Milena ha ora 24 anni e s'innamora del viso onesto e virile, e degli occhi pacati che ti guardano direttamente, di Kafka.
Lei è vitale. Lui è debole e travagliato.
Lo sommerge di lettere e telegrammi, cerca di vincere le famose esitazioni di Kafka con le donne. Comprende le paure di Kafka. (Entrambi non superarono mai il dolore per la rottura col padre; Kafka poteva capirla più di ogni altro: le fece leggere la sua Lettera al padre).
Lui va a trovarla a Vienna, poi a Gmund, al confine tra Austria e Cecoslovacchia.

Ma Kafka ha paura dell'amore, e Milena sa che la loro storia è destinata a finire presto. Il rapporto d'amore, che all'inizio era soltanto epistolare, finì presto per volontà di Kafka: era molto malato e soffriva per la vitalità di Milena. Lei esigeva tutto l'amore, anche quello fisico, da cui lui invece si ritraeva atterrito.
Milena scrisse lettere disperate a Max Brod dopo che Kafka aveva deciso di troncare. Kafka le aveva scritto:

"Non scrivere e impedisci che ci incontriamo. Adempimi in silenzio questa sola preghiera, essa sola mi può permettere di continuare a vivere, tutto il resto continua la distruzione".

Milena per due anni di seguito andrà alla Posta per vedere se ci fossero lettere di Kafka: "Vado ogni giorno alla Posta, non riesco a togliermi questa abitudine", scrive a Max Brod.
Grete è convinta che lei lo abbia amato fino alla fine...


Milena ha finalmente il coraggio di chiudere il suo matrimonio, finito da tempo, e si fidanza con un ex ufficiale austriaco aristocratico che al tempo della Rivoluzione aveva conosciuto la Russia, ed era diventato comunista.
Era diverso da tutti gli zoticoni intelligenti che la circondavano in passato. Finalmente aveva trovato un uomo che le dedicava attenzioni.
Dopo un breve soggiorno a Dresda, Milena tornò a Praga. L'accoglienza a Praga fu trionfale, tutti la volevano; era attorniata da intellettuali cechi, ebrei, tedeschi: era tornata nel suo mondo.
L'austriaco però si trova male a Praga; la segue come un'ombra, va a cercarla nei caffè e si guadagna il soprannome di dov'è Milena?.


Con un nuovo amore, Jaromir Kejcar, architetto d'avanguardia che sposa nel 1927, Milena vivrà gli anni più belli: la loro casa è frequentata da esponenti dell'avanguardia in campo artistico e letterario. Vive un periodo di pura felicità privata e nel lavoro, dove ottiene l'apice del successo giornalistico. Ha una figlia, ma si ammala di setticemia, il marito disperato si rivolge al padre di Milena che la salva, ma per lenirle gli atroci dolori la tiene sotto morfina.
Torna a casa dopo un anno di ospedale: è morfinomane. Un ginocchio le è rimasto rigido e deforme. È sparita la sua andatura elegante che tutti ammiravano. Prima di ritrovarsi, passa un periodo tremendo.
Infine diventa comunista. Lotta disperatamente contro la morfina, intanto è un'attivissima militante comunista.
Il matrimonio va male, il marito la tradisce. Divorzia. Già nel 1935, insieme ad altri, si fa espellere dal partito.


Con le pressioni del nazifascismo sulla Cecoslovacchia, Milena si trasforma in cronista sempre più impegnata politicamente.
Quando nel marzo 1939 Hitler invade la regione dei Sudeti, capisce che tutti i suoi sforzi devono concentrarsi nell'aiutare la popolazione ebraica. Si procurava le notizie ovunque, anche dal nemico. Voleva capire fino in fondo le argomentazioni dei nazisti per poterle confutare con precisione nei suoi articoli.
La notte tra il 14 e il 15 marzo 1939 anche Milena resta alla finestra a guardare i nazisti che invadono il suo Paese.
Entra nella Resistenza, aiuta i fuggiaschi a rimanere nascosti alla Gestapo. Organizza la fuga di ufficiali e piloti dell'esercito ceco. È arrestata. Dapprima la tengono a Palazzo Peckarna, sede della Gestapo, poi la trasferiscono in una fredda cella a Dresda.


L'alimentazione scarsa diede un duro colpo alla sua salute. Perse venti chili, cominciò a soffrire di reumatismo articolare acuto. Dopo meno di un anno di questa prigionia le dissero che l'avrebbero ricondotta a Praga e liberata.
In realtà fu trasferita a Ravensbruck.


A Ravensbruck, nel suo modo di muoversi, nel suo modo di parlare, in ogni suo gesto, Milena proclamava io sono una persona libera, anche se indossava la stessa uniforme tra migliaia di prigioniere. Quando appariva nella strada del campo col vestito a strisce si staccava dalla massa, attirava gli sguardi: "Si creava intorno alla sua persona una specie di alone".

Milena lavora nell'infermeria del lager. Grete fisicamente è più forte, è lei che si prende cura di Milena. Per far questo bisogna spesso violare il severo regolamento del lager, rischiando la vita.
Tutte erano tormentate dalla fame, ma Milena è sempre più debilitata. Grete non esita a rubare in cucina, per lei. Ma anche Milena compie bei gesti e un giorno porta a Grete un caffelatte zuccherato, dono di una polacca che lavorava nelle cucine.
Le SS avevano potere di vita e di morte, ogni giorno poteva essere l'ultimo, ma le minacce continue rafforzavano l'amicizia:

"In questa atmosfera mortifera, la sensazione di essere necessari ad un'altra persona rappresentava la massima felicità possibile".

Nell'estate torrida del 1941 la debilitazione e la denutrizione delle prigioniere raggiunge il massimo. Le gambe delle donne si coprono di piaghe, si verificano casi di paralisi, forse molte detenute sono vittime di esperimenti sulla sifilide.
Viene proclamata la quarantena, Milena lavora volontaria nella baracca delle paralitiche. Grete, protetta dalla sua fascia verde di capoblocco, va a trovarla tutti i giorni anche solo per qualche minuto.
Si parlano separate da un reticolato, accovacciate a terra. Milena intona qualche triste melodia del suo Paese; spesso porge a Grete un bigliettino, una lettera o una fiaba scritta apposta per la sua amica.
All'inizio si scrivevano tutti i giorni, sottraendo la carta dall'ufficio dell'infermeria: "Di fronte a un foglio bianco Milena non resiste".
Tutti i fogli dopo letti dovevano essere gettati via.Grete una volta se ne dispera, ma Milena sorride e le dice:

"Ti riscrivo ogni cosa quando usciamo dal campo. Scrivere mi viene facile e naturale come fare pipì".

Milena nel lager protegge alcune artiste ceche: ad esempio permise a Miska Hispanska, giovane pittrice di talento, di dedicarsi al disegno. Grete la nascondeva nella baracca dove era capoblocco, lei disegnava scene di vita quotidiana a Ravensbruck.
Milena per lei ruba carta e matite. Milena nell'infermeria distribuisce di nascosto dalle SS pasticche alle donne affette da malattie veneree: le sifilitiche facevano una fine tremenda perché venivano sottoposte ad atroci esperimenti; non esitava a falsificare le loro analisi del sangue e fece passare per sane molte malate.
Tra il 1944 e il 1945 Ravensbruck diventa a tutti gli effetti un campo di sterminio. Venne costruita una camera a gas. Si eliminano zingare, ebree, ma anche politiche che rifiutano per principio di riconoscersi nella visione del mondo dello Stato nazionalsocialista.

La salute di Milena peggiora; durante la pausa di mezzogiorno Grete la nasconde nella sua baracca e la fa riposare su un pagliericcio: di giorno è severamente proibito sdraiarsi.


Grete, per aver dato cibo ad alcuni prigionieri di passaggio, perde il posto di capoblocco e finisce, come vecchia politica, nella stessa baracca di Milena; dormono l'una accanto all'altra. Sente Milena lamentarsi tutte le sere. Hanno la loro prima e unica lite. Grete si mette a piangere disperatamente, Milena la implora di smettere.
Più tardi Milena le spiega:

"Che spettacolo orribile vedere piangere una persona che si ama. Mi vengono in mente gli addii, tutti gli addii per sempre. Le mie lacrime nelle stazioni fredde, gli spietati fanalini di coda dei treni. La fine dell'amore. Ti prego, non piangere mai più".

Ravensbruck diventa ogni giorno più affollato, dilagano sporcizia, insetti nocivi, epidemie. Grete lavora nel giardino delle SS quando Milena si ammala gravemente. Nefrite. Vive nel terrore di essere eliminata con un'iniezione letale. Grete per confortarla ruba dei gladioli dal giardino delle SS e glieli porta. La gioia di Milena è immensa.
Nel 1944 Grete diventa segretaria dell'ispettrice generale delle SS. Con questo lavoro può aiutare alcune detenute e boicottare molte direttive delle SS e della Gestapo.
Commette un'imprudenza e viene gettata nella cella di rigore, al buio e al freddo. Le danno una misera razione di pane ogni quattro giorni. Milena riesce a mandarle clandestinamente del cibo. Dopo un tempo infinito, Grete esce dalla cella di rigore ma è mentalmente distrutta. Milena sa che le detenute con turbe mentali fanno una fine orribile. Porta Grete in una baracca di ammalate e l'affida alla custodia di una capoblocco amica. Ascolta pazientemente i suoi deliri finché Grete ritrova la ragione.


L'astro di Hitler sta declinando, ma le detenute sono ridotte allo stremo e ogni giorno di sopravvivenza è una dura conquista. Muoiono di stenti più di cinquanta donne al giorno, vengono caricate sui carri e portate ai forni crematori.
Milena è ormai ammalata gravemente, la sua resistenza si sta spezzando. Lavora lo stesso per paura di essere finita con un'iniezione letale o di essere inserita in un trasporto verso le camere a gas.
Ha un collasso dopo l'altro, comincia a perdere la sua forza morale. Un medico del campo, che era stato allievo del padre, la opera e le toglie un rene. Sopravvive. Ma si ammala anche l'altro rene. I successivi quattro mesi Grete, quando può sfuggire al suo lavoro, li passa al capezzale di Milena.


Il 15 maggio 1944 qualcuno dice a Grete che Milena sta morendo. Incurante dei rischi, Grete corre da lei. Milena muore due giorni dopo, il 17 maggio. Aveva 48 anni. Solo allora Grete si trascina esausta nella sua baracca: "Per me la vita ha perso significato".
Quando arriva la squadra delle addette ai cadaveri e carica sul furgone la bara di Milena, Grete chiede di poterla accompagnare:

"Era una giornata di primavera, cadeva una pioggerellina tiepida e la guardia al cancello del campo poté credere che quella che scorreva sulle mie guance fosse pioggia".

Il 10 giugno 1944 arriva nel campo la notizia dello sbarco degli Alleati in Normandia. Tutte le detenute esultano. Solo Grete non esulta, di giorno si tormenta, di notte piange: "Perché continuare a vivere se Milena era morta".

Margarete Buber-Neumann tornò ad essere una donna libera.
Esaudì il testamento spirituale di Milena.
Scrisse il loro libro sui campi di concentramento.

Milena, poco prima di morire, le aveva detto:

"So che almeno tu non mi dimenticherai. Per merito tuo posso continuare a vivere.
Tu dirai agli uomini chi ero, sarai il mio giudice clemente".

Grete morì a Francoforte nel 1989. Aveva 88 anni.

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