Ghislandi, Vittore, detto "Fra' Galgario"

Nacque a Bergamo e ricevette la sua prima formazione presso il padre pittore; studiò poi presso Giacomo Cotta e infine a Venezia, dove rimase tredici anni, e dove si fece frate.

Ritornò a Bergamo verso il 1688, fu poi nuovamente a Venezia e a Milano, specializzandosi nella ritrattistica.

Passò l'ultima parte della sua vita nel convento del Galgario (oggi dormitorio per immigrati) a Bergamo, e qui morì, per cui è comunemente noto come "fra' Galgario".

La produzione del Ghislandi (nella quale i ritratti di donne sono rari e talmente impietosi che i critici concordano sulla sua "misoginia") è divisa in modo netto.

Da un lato i ritratti di nobili, dei quali senza pietà il pittore svela il gretto provincialismo e la vuota arroganza, sfiorando (e spesso oltrepassando) la caricatura.

Dall'altro lato la produzione d'opere genericamente intitolate Ritratto di giovinetto: ritratti di giovani prelati (sacerdoti e frati), giovani pittori e giovani artisti, nei quali trionfa un atteggiamento affettuoso, teso a mettere in rilievo la bellezza e la grazia dei modelli.

Fra questa produzione spicca una lunga serie di quadri che ritrae ossessivamente lo stesso modello, dall'età di circa dieci anni fino all'età adulta. Il modello è identificato con "il Cerighétto" ("il chierichetto"), di cui i suoi contemporanei parlano come del "discepolo prediletto", forse lo stesso allievo/modello di cui si tramanda che sia morto a soli 22 anni.


In questo "Ritratto di giovane pittore" conservato all'Accademia Carrara di Bergamo, si riconoscono
le fattezze del "Cerighetto", il "discepolo prediletto" del pittore fra Galgario.


Su questa produzione il critico e scrittore (gay) Giovanni Testori (1923-1993) ha scritto:


" quelle "teste capricciose" di giovanetti (...), anche su di essi osò esprimere un giudizio? Non direi. Se mai, dipingendoli con quell'adulta febbre e dolcezza e infinita golosità, ha giudicato se stesso e ha dato un nome, anzi il nome, all'eco che sentivamo salire e come piangere e vergognarsi da oltre le cantine della sua più afflitta natura...
(...)
Queste "Teste" sono tra i più incredibili frutti del suo amor pittorico e materico (e, perché negarlo? del suo amor... materno; non potendo, è chiaro, far altro; o non potendo altrimenti voltarlo, quell'amore).

Qui, sì; qui la meraviglia chiama meraviglia; la carezza, carezza; il bacio, bacio; la dolcezza, dolcezza; qui il "glaçage" è da ciliegia a ciliegia; ma, altresì, da tentazione a risposta.

L'atteggiamento [la posa, NdR] non li raggela, questi giovanetti; anzi, li precisa. Come fiori o frutti che cerchino, tra le foglie, il sole: il che, si sa, nella natura accade normalmente.
Ma se poi il procedimento s'inverte e, ad esempio, a cercarli, questi fiori e questi frutti, è il sole e cioè il pittore? Volete allora che non si crei, tra i due termini dell'operazione, un'intesa? Essa è lì, nella timidezza con cui il pittore invita fiori e frutti ad atteggiarsi e nella furbizia di quelli ad accettar subito e, magari, caricare l'invito medesimo" [1].


Esaminando a fianco a fianco i due tipi di immagini il contrasto emerge in modo stridente, come notò divertito anche Federico Zeri:


"Realismo è anche quello di fra Vittore Ghislandi, ma (...) pretesto a un tempo per lo sfoggio della "bella pittura" e per dar corso col pennello alle inclinazioni sessuali del prete pittore.
È innegabile che i ritratti più memorabili [nel senso di "cinici", NdR] del Ghislandi sono quelli di soggetto femminile, specie se di età avanzata; quanto agli uomini, l'intensità qualitativa delle singole tele diminuisce in rapporto con le loro età, e i molti esemplari di giovinetti e ragazzi si muovono in orbite concentriche, attorno a un ideale modello dai grandi occhioni e dalle labbra carnose e ricurve" [2].

Del resto il Tassi, primo biografo, di fra' Galgario, ci ha lasciato memoria di un aneddoto ben significativo che testimonia la sua misoginia, e che Tassi cerca di venderci come forma di sublime "castità":

"modesto in ogni sua azione, fu perciò sempre poco inclinato a dipinger donne; e fare dovendone, le faceva affatto [completamente NdR] coperte, introducendo ne' ritratti o grandi merlature, o nastri bizzarri, o altri capricciosi ritrovati, che servivano ad abbellire il quadro, e nello stesso tempo a coprire la figura in quelle parti ove né l'occhio né la mente castissima del pittore voleva penetrare.

Soleva in tale proposito raccontare un fatto occorsogli in sua gioventù, e fu che essendo al leggio [cavalletto, NdR] per fare un ritratto di una quanto bella e gentile, altrettanto vana e capricciosa femmina, e secondo il suo costume facendola affatto coperta in quella parte, della quale essa solea far molta pompa, [menar vanto: il seno, NdR] da diabolico furore trasportata, strappatosi anche quel poco di velo che in parte solo le ricopriva il petto, a lui così snudata volgendosi disse: 'E perché tu non vuoi farmi ciò che Iddio mi ha fatto?'.
Rimase stordito l'innocente religioso, e gettata la tavolozza e pennelli fuggì da quella stanza, né volle più porre le mani nello incominciato ritratto.

Da tale accidente poi prese un totale aborrimento a fare ritratti di donne, i quali a dire il vero non riuscivano né meno della solita sua grazia e bellezza, non avendo esso intorno a' loro stucchevoli acconciature, e troppo ricercati moderni ornamenti molto studio, e grande attenzione adoperata giammai; e se osserverassi ancora bene, si vedrà che poche ne ha dipinte rispetto al grandissimo numero de' ritratti, che in un corso di vita sì lungo fece questo artefice" [3].


E così commenta questo fatto Testori:


"Come prima cosa vien da chiedersi perché il nostro Ghislandi non abbia mai fermato il corpetto dei suoi ragazzi o giovanetti con spille, nodi e nastri analoghi; o quantomeno, perché il Tassi, dato che stiam parlando dei suoi misteri, non ci abbia riferito alcun episodio consimile, ma accaduto nei loro riguardi; e perché anzi, su di loro, quando deve parlare, si eserciti in ben altre allusioni di cameratismo e affabilità" [4].

E più di recente Martina Corgnati:


"Ma né le proteste di castità né la giustificazione proposta dall'artista per la sua misoginia (...) lo preservano da uno spiccato sospetto di omosessualità, all'epoca tutt'altro che tollerata specialmente per un frate dell'ordine di San Francesco da Paola" [5].

Vittore Ghislandi, "Ritratto di giovane". Pinacoteca di Belluno.


Ghislandi è stato praticamente dimenticato fino a pochi decenni fa; oggi invece la sua produzione è oggetto d'un interesse, da parte della critica e del pubblico, che cresce di decennio in decennio.

Va inoltre notato che, come si è appena visto, la sua inclinazione omosessuale è discussa, contrariamente a quanto avviene di solito, come un dato di fatto autoevidente.

Una parte rilevante dei dipinti di Fra' Galgario è oggi in collezioni private, ma importanti nuclei di opere di grande qualità si possono ammirare presso l'Accademia Carrara di Bergamo ed il Museo Poldi-Pezzoli di Milano [6].

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titoloautoredata
Fra' Galgario. La seduzione del ritratto nel '700 europeoEnrico Venturelli09/07/2005