Glen or Glenda?

12 marzo 2005, "Pride", febbraio 2005

Per gioco e per incoscienza mi sono dedicato alla collezione di tutto ciò che riguarda il buon vecchio mondo antico dei female impersonators.
Territorio, malinconico ed inesplorato, dei molti "artisti" che fino alla fine degli anni Sessanta si esibivano travestiti da donna sui palcoscenici di vaudeville, cabaret, burlesque e poi in night club. Dal “Finocchio's” di San Francisco, fino al “Carrousel” e al “Madame Arthur” di Parigi.
Nulla a che vedere con le odierne, eccessive, svitate quanto scriteriate drag queen, nate come sottogenere d'intento clownesco e caricaturale delle donne, poi approdate a un loro protagonismo assoluto di "genere" sessuale tutto loro, speciale e moderno.
Gli "impersonatori femminili", invece, volevano imitare in tutto e per tutto l'eterno femminino, diventare femminilissime perché si sentivano "come donne".
Il loro scopo finale era come un numero d'illusionismo magico, misto al freak mutante da fenomeno da baraccone ambulante. Il territorio in cui si muovevano, sebbene sublimato dall'esibizione teatrale, stava a soli pochi millimetri di distanza il confine tra travestismo e transessualità.

L'apice di questo genere si ebbe negli anni Cinquanta, già alla fine del decennio successivo le Signorine Sirene (come ebbe a definirle Giò Stajano) erano tutte già approdate all'uso di ormoni e bisturi. Da lì il passo fu breve per avviarsi alla pornografia bizarre e al marciapiede. Débacle totale del sottile gioco d'illusioni e fascinazione dei female impersonators.

Tutte le illustrazioni che vedete qui a lato sono tratte da una delle tante pubblicazioni, a loro interamente dedicate, che circolavano verso gli inizi degli anni Sessanta in Usa e Inghilterra.
Rivista lussosa, patinata, accurata come un normale magazine per i fan dei divi dello spettacolo o della musica pop. Addirittura con inserto staccabile, a colori, con i corpi e volti degli impersonatori preferiti (a onor del vero, per alcuni di loro - forniti di piccoli accenni di seni, ingigantiti ad arte da reggiseni di ghisa- già alla soglia della transessualità conclamata).

In copertina campeggia una certa Holly White strafichissima sirena bionda, cotonata all'inverosimile, con calze a rete e spacco vertiginoso ma fotografata nel tepore casalingo del suo salotto buono.
Sul retro del giornale compare in vesti maschili che la rendono assolutamente ridicola come un brutto anatroccolo. Ma il "prima" e "dopo" la trasformazione, tutto il sacro rituale “da così a pomì” era al centro del fetish dell'intera faccenda.
In effetti, quasi nessuno di questi "impersonatori" cantava o recitava dal vivo, tranne forse per i più famosi, prima tra tutte la celeberrima trans francese Coccinelle, che incise pure alcuni dischi. Il passaggio da carne a pesce stava tutto in camerino, nascosto in bustini, imbottiture, trucco, bijoux e parrucca.

Stava perciò al fotografo testimoniare le diverse fasi della trasmutazione, proprio come in oriente accadeva agli attori dell'antico teatro Nô e Kabuki specializzati in ruoli femminili. La tradizione orientale dell'interscambio e compresenza d'entrambi i sessi in uno stesso corpo, ai loro occhi (a mandorla) cosa incantevole, raffinata e quasi divina, ecco che qui casca proprio a fagiolo come esempio. Cosa che in Giappone è poi confluita, addirittura, con tutta tranquillità dalla cultura popolare dei fumetti manga sino ai cartoni animati televisivi per bambini.

Il sex-appeal sfacciato dei female impersonators era il canto delle sirenette con cui si voleva accalappiare un pubblico maschile, estasiare i gay repressi di provincia, farsi invidiare dalle donne vere per lo charme. Tutto qui.
Ma dietro queste imitazione di vamp hollywoodiane c'era solo un desiderio borghese da bambolina Barbie. Tutte col mito, da ballerinetta di fila proto-velina, di riuscire a convolare a giuste nozze con un milionario. Cisa che ad alcune accadde veramente: prima fra tutte l'inglese April Ashley, sposata a un Lord dopo essere stata anche top model. Nel suo libro di memorie afferma addirittura di aver pagato l'intervento chirurgico a Casablanca, nel 1963, per la sua amica Amanda Lear...

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