Intervista a Giorgia Fiorio

10 giugno 2006, "Pride", n.84, giugno 2006

Rimarrà aperta sino al 9 giugno, presso la Galleria Grazia Neri di Milano (Via Maroncelli 14), la personale della celebre fotografa Giorgia Fiorio dal titolo "Figura umana".

Artista assai particolare nell'ambito della fotografia contemporanea, specie in Italia. Al di fuori del settore editoriale d'arrabbiata denuncia sociale o dal ritrattismo su commissione.

Nata nel 1967 a Torino, è riuscita a ritagliarsi uno spazio artistico del tutto personale. Più famosa all'estero che da noi. Specie in Francia, dove soggiorna a lungo, e in Germania, dove la prestigiosa rivista "Stern" ha inaugurato, proprio con lei, i numeri monografici dedicati ai più grandi fotografi di tutti i tempi.

Anche se osannata dalla critica, contesa dai galleristi e ricercata da tutti i direttori dei giornali, Giorgia Fiorio è rimasta, miracolosamente, sempre se stessa.

Misteriosa e girovaga.

Fatica fisica, duro lavoro e impegno nel migliorarsi continuamente l' hanno contraddistinta sin dal primo lavoro sui pugili a New York, pubblicato da "Photo Italia" nel 1991. Oggi ha al suo attivo ben otto volumi fotografici.

Incontrare la Fiorio, di persona, è motivo d'enigmatica suggestione. Esattamente come quella che le sue opere riescono a comunicare.

Emozionante, solo apparente fragile, ha risposto con timidezza alle mie domande sui soggetti fotografati ma con grande passione, invece, ha parlato del suo difficile lavoro di reporter in giro per il mondo.


Le tue foto sono strepitose. Ce ne sono alcune che non avevo mai visto...

Questa mostra è frutto della selezione tra i migliori scatti dalla serie "Uomini", portata avanti dal 1990 al 2000, e sia dal lavoro ancora in corso, dal titolo "Il dono", che riguarda la ricerca dei luoghi e corpi dello "spirituale" e religioso. "Uomini " invece era di stampo sociale...nato come lavoro documentario, di ricerca sulle comunità chiuse esclusivamente maschili: tra i minatori, toreri, pescatori, marines e legionari o tra i pompieri a New York.


Riguardo alla travolgente carica erotica degli uomini che fotografi...non ti sei mai domandata perché sei diventata un personaggio da culto in ambito gay?

Non mi pongo mai questo tipo di domande. Veramente....


Tu, sei riuscita ad evocare tutto ciò che nell'immaginario s'intende per "maschile", della forza e potenza del corpo. Il massimo dello sforzo fisico nell'uomo si ha nella lotta o nel raggiungimento dell'orgasmo. La cosa straordinaria, nelle tue foto, è che la carica erotica è così forte che, inevitabilmente, il primo aspetto sembra sottintendere, alludere o addirittura coincidere sempre col secondo...

Le fotografie non sono mai delle risposte ma delle domande. E ognuno le legge e le interpreta come le sente. Secondo la propria sensibilità e la percezione. Il fotografo in realtà non deve dire nulla di più. Non deve spiegare a tutti i costi che cosa vogliano dire le sue immagini. A me quello che interessava nel lavoro sulle comunità maschili, in realtà era che ci fossero degli uomini in mezzo a noi, nella società occidentale, che scegliessero un cammino a se stante che implicava una minaccia primordiale. Con rischio estremo per la propria incolumità fisica. La nudità li rende ancor più vulnerabili e la loro sensualità è drammatica quanto effimera. Solo chi è minacciato a morte si mette, così potentemente, a confronto con se stesso. Da solo davanti al proprio "sè". Come vedi stavo già sondando qualcosa di spirituale...


Pensavo che tu avessi voluto ampliare la ricerca sulla spiritualità per paura d'essere incasellata come "fotografa d'erotismo maschile"...

No, realmente ti giuro...sono delle domande o problemi che non mi pongo. Guardo solo quello che mi emoziona e mi stupisce. Cerco di raccontarlo e di restituirne l'emozione. Tutto il resto non è importante. C'è un'austerità professionale che, secondo me, è necessaria e trascende il pettegolezzo, la casella....E' importante la semplicità e la purezza, l'onesta di quello che si sta facendo. Coerente ed onesta con me stessa e quindi anche nei confronti degli altri. Soprattutto la stima per le persone fotografate. Io guardo e cerco di restituire appieno l'emozione di ciò che ho provato. Istintivamente, con molto subconscio. Lavoro esclusivamente da "intuitiva". Non ho una dimensione razionale solida se non quella della parte tecnica su cui sono estremamente rigorosa...


In questi ambienti chiusi di uomini come ti hanno accettato?

Dipende, sono stati anche dei processi molto lenti. In Legione Straniera ci ho lavorato dieci mesi. Con i toreros tutta una temporada e sulla box per un anno. Insomma all'inizio c'è sempre lo stupore di te donna, esterna, eccetera. Poi pian pianino, in realtà, il fatto d'essere donna è irrilevante. L'unica cosa che ti dà l'accesso è il rispetto verso il tuo soggetto. E questo se tu non l'hai...puoi essere uomo o donna ma...


In queste comunità molto ristrette non hai mai pensato che ci fosse un'omosessualità latente? Pensa anche solo agli antichi samurai...

Non lo so. E' possibile...anzi senz'altro. Nel senso che è una cosa che fa parte della società nostra e perciò fa senz'altro parte delle società chiuse maschili. Da qui a dirti non c'è...C'è sicuramente e non solo quello. Ci sono entrambe le cose: dimensione omosessuale ed eterosessuale. Però dipende dai casi singoli e umani. Trovo che generalizzare è sempre un po' pericoloso. E poi non dipende da me... Non entro mai in merito di giudizio, io vado solo a guardare e poi a restituire quell'istante e la mia suggestione. Tutto qui...

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