ICARO INDIAVOLATO O... UN SOGNO SUL VESUVIO!

4 marzo 2008, AUT, n. 96, dicembre 2007

Esce da Bompiani "La kriptonite nella borsa" (pp. 209, € 14,50), terzo romanzo di Ivan Cotroneo: una trascinante saga napoletana con un bimbo curiosissimo e un tenero fantasma Super... gay! AUT incontra l'autore all'ombra del vulcano.

Fondete le trovate dei maestri partenopei (ma sì, il filone dei "speriamo che me la cavo": si pensi ai temi in classe che costellano il libro) con l'incandescente magia del primo Capuano (VITO E GLI ALTRI), le inquietanti atmosfere de I VESUVIANI, il sublime arazzo di MATER NATURA. Spruzzate il tutto con la maestria linguistica dell'autore che sa intarsiare la sua visionaria realtà quotidiana con parodistici inserti dialettali: otterrete un ironico, agrodolce "trattenemiento de peccerille", un brioso passatempo per i più piccoli e per chi ha conservato un pizzico dell'ingenua capacità di stupirsi dell'infanzia, ma anche una favola per adulti nella tradizione del grande Basile. Napoli, anni '70. Peppino è un brutto anatroccolo malinconico e triste di sette anni, una "Zazie" al maschile, ma meno scatenato della pestifera monella di Queneau. Gennariello, il suo miglior confidente, è lo 'scemo del quartiere', uno sciroccato Superman (una sgargiante mantellina rosa ne tradisce l'indole gaya) che continua a proteggerlo anche da morto: s'è infatti spiaccicato contro un autobus ribellandosi all'ambiente sociale che soffocava la sua natura di 'kripto-kekka', l'attrazione per i ragazzi (quell'imbranato di Michele non era stato in grado di capirci un'acca quando gli si era spogliato davanti in attesa di un gesto d'affetto). Il destino vuole che la mamma di Peppino esca di testa dopo avere scoperto che il marito la stracornifica, e il guaglioncello viene allora preso in carico da una pletora di giovanissimi zii, che se lo spupazzano fra feste disco, collettivi lesbofemministi, comunità che s/ballano in strada, sex, drugs &... alcool a barili. S/ballottato tra una scombinata famiglia e le mille, piacevoli insidie della incantata topografia metropolitana, il nostro cucciolo quattrocchi approda ad un'originale iniziazione alla vita in versione lisergica, e, come un supereroe paladino degli oppressi, impara a volare sulle solide spalle del suo angelo custode in calzamaglia: primo favoloso passo per una presa di coscienza in chiave gay, come preconizza l'infallibile fiuto del buon Gennaro. Dopo Il re del mondo(2003) e Cronaca di un disamore(2005), un'opera buffa disarmante e 'friccicosa', che non scade mai nel folklore buonista della tanta letteratura che su Napoli e la sua gente non sa andare oltre il bozzetto, la macchietta e la più stucchevole sceneggiata.

- Il tuo amore per Napoli non t'impedisce di parodiare le intricate reti familiari che paiono seguitare a governare ancor oggi i ritmi della città...

Sì e no. Non si tratta per me di una parodia, ma di una visione più ampia, 'larger than life', in cinemascope. Diciamo che mi piaceva raccontare la città come fosse un immenso quartiere, o una famiglia allargata in cui trovano posto tutti, parenti e non. Un luogo di amore, caldo, e anche vagamente soffocante.

- Molte sono le storie che si dipanano dalla trama principale, ricordi e aneddoti intrisi di un pizzico d'ordinaria follia...

Sì, questa volta a differenza dei romanzi precedenti volevo raccontare una coralità, e una confusione di personaggi e storie. Mi sono divertito a spezzare la struttura della trama principale con una serie di digressioni, di salti avanti e indietro nel tempo, di storie laterali e improvvise accelerazioni su una parte del racconto. Come se tutti i personaggi avessero, nella loro follia, la dignità da protagonisti.

- L'esaustivo, arbasiniano elenco delle genealogie di zii (terzo capitoletto) pare sprizzato dalla penna al vetriolo del miglior Campanile (Achille)... Quali scrittori hanno ispirato questa tua nuova vena umoristica?

Sembrerà paradossale, ma mentre lo scrivevo ho pensato alle complicate genealogie di Proust. Volevo fare una specie di Guermantes di Forcella. Le parentele sono ugualmente intricate, solo che i personaggi vivono la loro vita sociale con molta meno formalità, e invece di essere aristocratici sono lavoratori o disoccupati: vendono sigarette di contrabbando, fanno gli impiegati o i commessi, racimolano soldi come possono. Una araldica rovesciata di segno.

- Rosaria, casalinga disperata d.o.c. nonchè esauritissima mamma di Peppino sembra proprio una creatura alla Almodóvar (Carmen Maura in CHE HO FATTO IO PER MERITARE QUESTO?). Non è che un po' di ispirazione t'è venuta proprio dal Maestro spagnolo?

Sono un grande ammiratore di Almodovar, e della sua capacità di fondere il paradossale e il melodramma (ammesso che siano due cose diverse). Ma francamente non vedo molte parentele tra i due personaggi. La Maura uccide il marito, ha un figlio piccolo che decide di trasferirsi da un dentista pedofilo e una vicina di casa che si diletta di telecinesi. Rosaria cerca semplicemente di sopravvivere al tradimento e alla constatazione che l'amore eterno, come si legge nei libri, non esiste. Il tono del libro per me viene da altri film: LA MIA VITA A QUATTRO ZAMPE, LITTLE MISS SUNSHINE o LA MIA VITA IN ROSA.

- Ho la sensazione che il vero protagonista sia alla fine, tutt'intera, questa straordinaria famiglia allargata...

Sì, è vero. O almeno, a essere protagonista è il sentimento che anima questa famiglia fatta di parenti, amici e amanti: sono scombinati, inadeguati e commettono un mucchio di errori. Ma si vogliono bene. Il che non è sempre un dato positivo. Come dice nel libro la nonna a proposito di suo marito: "...di lui non vi dovete mettere paura quando vi odia, ma quando vi vuole bene."

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