Una produzione dal basso: “Il lupo coi calzoncini corti”

12 luglio 2009

Un documentario può diventare un progetto collettivo. Si tratta di una produzione dal basso che ha dato origine all'idea di un'opera dedicata interamente alle famiglie invisibili, le famiglie omogenitoriali. Si considerano le coppie omosessuali sterili e prive di spirito di genitorialità: queste tesi sono contraddette dalle interviste fatte da Lucia e Nadia, ideatrici del progetto e sceneggiatrici del documentario "Il lupo con i calzoncini corti" , in cui i protagonisti sono le figlie e i figli di queste famiglie arcobaleno, totalmente inesistenti secondo la legislazione e per la maggioranza delle persone, dei politici istituzionali.

Il lupo con i calzoncini corti: il titolo desta una certa curiosità. Che cosa significa e cosa ha significato trovare una frase di questa portata per intitolare il documentario?
Sdrammatizzare la figura del lupo, il cattivo nelle fiabe per bambini. Nel documentario i bambini sono importanti come protagonisti. Il rapporto tra famiglia e figli, che sono le voci narranti. I bambini sono elementi forti nella narrazione, i protagonisti della storia. Il titolo richiama infatti al mondo infantile. Il lupo coi calzoncini corti sdrammatizza la paura sociale e diffusa sulle "famiglie omogenitoriali" . Nel dopcum,dentario si affronta la tematica senza pregiudizio, cercando di vedere chi sono veramente. Il richiamo alle fiabe contestualizza il tema. Esiste un tono di ironia sulla metafora.

Si parla di produzione dal basso. Diverse produzioni indipendenti hanno visto in questa forma la propria realizzazione. Che cosa singifica nel vostro caso specifico?
È la coda di un percorso produttivo. Ci lavoriamo da due anni. E' un modo per coinvolgere altre fonti. I grossi finanziamenti non sono arrivati: è questo il momento adatto per coinvolgere il pubblico. Nella comunità GLBTQ abbiamo trovato empatia e partecipazione vera. E' una forma di "produzione consapevole": chi sceglie di aderire decide di appoggiare un tema e un contenuto, difficile da finanziare.
Il documentario in Italia trova difficoltà notevoli nella ricerca di finanziamenti. Il documentario è chiaramente italiano. Alle Giornate europee dell'audiovisivo a Torino abbiamo avuto interesse da parte di produttori europei, ma la situazione italiana prevede una carenza notevole di fondi. Abbiamo avuto un dialogo con televisioni interessate a inviare in onda: ma è chiaro che queste sono maggiormente propense a un acquisto finale e non a un preacquisto.
La sezione "cult" di Sky era disposta a investire sul progetto, ma ora definiscono una programmazione con un target differente. I tempi sono lunghi in quanto le famiglie stesse sono difficili da reperire e approcciare. Nella "produzione dal basso", come per "Appartamento di Beirut" e "Il vangelo secondo Precario", abbamo necessità di un bilancio che copra le spese imminenti. Abbiamo saputo in questo breve lasso di tempo costruire una rete di interessi, una forte sintonia sentimentale tramite un vivace passaparola. Il pubblico non è solo spettatore ma diventa, così, protagonista iun prima persona di una produzione, di un lavoro in fieri. In dieci giorni la macchina produttiva è stata messa in atto tramite la produzione dal basso: era, come si vede, un passaggio obbligato.

Nadia e Lucia: come siete nate, la vostra formazione, le vostre esperienze?
Ci siamo conosciute alla scuola civica di cinema di Milano, selezionate nel 99, terminando i corsi nel 2001. Nadia è diplomata in sceneggiatura, mentre Lucia in produzione. Da allora abbiamo sempre lavorato insieme verso la strada del cinema indipendente. Abbiamo costituito una caa di produzione indipendente: Fåröfilm , dal nome dell'isola dove viveva Bergmann. I corti realizzati finora sono "La famiglia arcobaleno" su commissione dell'omonima associazione e in occasione del convengo nazionale tenutosi nel 2006 da parte dell'associazione. E' un documento d'identità dell'associazione. E "Kaiko e Venere" che riprende la storia di due scultrici, una orientale e una occidentale, in confronto e raffronto.

Quale è stato il lavoro di ricerca e di preparazione che c'è stato nella realizzazione del progetto?
La fase di preparazione è stata lunga. Dopo il documentario "Famiglie arcobaleno" abbiamo affrontato e approfondito il tema. Abbiamo dovuto cercare famiglie interessate a esporsi, cercando di avere il mondo maschile e femminile. Abbiamo passato mesi per registrare, diventando solo "mobilia": abbiamo abituato gli intervistati alla telecamera. Abbiamo dovuto ascoltare e studiare con precisione. Molte immagini sono state girate in studio, funzionali comunque alla ricerca complessiva. I temi determinano loro stessi un tempo proprio di registrazione: è naturale. Il costo è stato nullo, le famiglie intervistare sono di Milano.

Possiamo avere una breve anticipazione sulle famiglie intervistate e sulle loro caratteristiche, le loro vite, la loro storia?
Abbiamo intervistato Luca e Francesco che realizzano dopo 13 anni il loro sogno di avere un figlio, un'avvenutrea che cambierà la loro vita, grazie a una clinica canadese che li supporta nella "surrogaci", in cui una donna si è offerta a portare avanti la gravidanza. Il sogno deve ancora venire, in quanto per tre volte l'inseminazione non ha avuto buon esito, con una dose di grande volontà e dedizione. Due donne vivono con la figlia avuta da una delle due nel primo matrimonio, una figlia avuta con inseiminazione artificale. Il precedente marito di una componente della coppia, padre di una delle due figlie, ha impugnato l'affidamento alla famiglia omogenitoriale della bambina: un gesto, è questo, che rischia di mettere in crisi e distruggere una famiglia non riconosciuta dalla legge. Tramite questo espeidiente legale la famiglia omogenitoriale ha trovato un canale attraverso cui raccontare e raccontarsi, in un contesto in cui per queste famiglie risulta difficile esprimersi. La terza famiglia omogenitoriale è narrata dal punto di vista di uno dei tre figli avuti da due donne tramite inseminazione.

Avete avuto, anche in riferimento allo scorso e primo documentario, premi e partecipazione ad alcuni festival? A quali festival avete partecipato?
Per il primo documentario pur non mandando la scheda tecnica e di produzione ai vari festival, questi ultimi chiedono di inserirci nella programmazione. Questo è dovuto essenzialmente al fatto che il documentario tratta unt ema particolare, è l'unica voce su tale argomento. Abbiamo partecipato, così, al Torino GLBT Film Festival (2007), al Festival GayLesbico di Milano (2007), al Gay Village Roma (2007), al Florence Queer Festival (2007), alla Rassegna del Documentario Libero Bizzarri (2007), al Festival itinerante Nel Nome della Donna, al Festival International du film lesbien e feministe de Paris (2008). Sottolineiamo le numerose proiezioni nei vari ARCI sparsi per l'Italia e alcune rassegne, l'ultima in ordine di tempo è la rassegna "DOCUMENTARI D'AMORE" presso il teatro "teatri di vita" di Bologna (2009).

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