Guerriere, ermafrodite e cortigiane

Intervista a Margherita Giacobino.

È uscito per "Il dito e la luna" l'ultimo libro di Margherita Giacobino: ne parliamo con l’autrice.


Il sottotitolo ("Percorsi trasgressivi della soggettività femminile in letteratura") del nuovo libro di Margherita Giacobino, Guerriere ermafrodite cortigiane, suggerisce la chiave di lettura e stimola tutta la nostra curiosità.

Dopo il successo di Orgoglio e privilegio, viaggio eroico nella letteratura lesbicaesce quest'altro libro: da dove prende le mosse?
Dal desiderio di ampliare la ricerca sulla letteratura delle donne, di fornire approcci diversi, di far conoscere scrittrici che senza essere necessariamente lesbiche hanno rotto schemi, sfidato convenzioni e contribuito a creare un immaginario che non fosse solamente riconducibile a quello di mogli e madri; donne che non si sono sentite costrette a confrontarsi ogni volta col ruolo di mamme "buone".

Tra le guerriere, ad esempio, ho inserito Phoolan Devi colei che ha scritto - o meglio ha dettato, poiché era analfabeta - la storia della sua vita ne La regina dei banditi.
La sua avventura è davvero incredibile: nata in India da una famiglia molto povera, sottoposta alle angherie dei parenti che si impossessano della fattoria del padre, sin da piccola tenta di ribellarsi, ma a soli undici anni viene costretta a sposarsi.

Il matrimonio non dovrebbe essere consumato, ma viene stuprata; tenta varie volte di fuggire e viene sempre ripresa finché il cugino per disfarsi di lei la farà rapire dai briganti.

Diventa la compagna del capo e con lui divide il potere; alla sua morte subisce la violenza del rivale che la riduce in fin di vita. Ancora una volta riesce a salvarsi, forma una banda sua e decide di vendicarsi del rivale uccidendo, insieme a lui, ventidue uomini di un villaggio, suoi complici, che si erano macchiati di delitti e soprusi nei confronti della popolazione.

Diventa una specie di Robin Hood, condividendo con la povera gente il bottino di cui riesce a impossessarsi.
Catturata dalla polizia, sconta parecchi anni di carcere, ma successivamente viene eletta: anche se resta una donna poco raccomandabile ormai è diventata un simbolo: parla liberamente della condizione della donne e dei diseredati. Diventa un personaggio troppo scomodo e per questo verrà uccisa.

Nel mio libro ho fatto l'accostamento tra Phoolan e Audre Lorde, anche se in questo caso non ho preso in esame i suoi scritti, ma la sua battaglia contro il cancro che è forse l'aspetto più difficile e scandaloso da accettare. La sua infatti non rimane una vicenda dolorosa e personale, ma si trasforma in una lotta contro tutti quei fattori sociali ed ambientali, inquinamento dell'aria, dell'acqua, dell'ambiente, che determinano l'insorgere del cancro.
Audre riesce a far cadere tutte le barriere: dopo aver subito la mastectomia rifiuta la protesi perché non vuole nascondere la propria ferita. All'infermiera che le rinfaccia di spaventare le altre pazienti risponde "questa è la mia cicatrice: come Moshe Dayan anch'io sto combattendo".

Ma la trasgressione femminile era già insita nell'atto di scrivere: l'equazione donne che pubblicano = donne pubbliche era un luogo comune. Nel '600 ad esempio le scrittrici erano accusate di immodestia e immoralità. Il muoversi nel pubblico gettava un'immediata ombra negativa sul privato.

Alle donne comincia ad essere permesso farsi avanti nella letteratura negli ultimi 200 anni, ma ne vengono poi cancellate le tracce. Autrici famose alla loro epoca spariscono del tutto, mentre lo stesso non succede ai contemporanei maschi, anche se meno conosciuti al loro tempo.
Nell'86 Dale Spencer ha realizzato una ricerca sulle "madri" del romanzo rintracciandone un gran numero, ma nelle antologie sono riportati solo i "padri": le madri scompaiono. Di fatto la critica le ha cancellate.

Per non parlare delle violette, le vampire, le donne sessualmente indipendenti, che possiamo ricondurre alla tipologia de La pazza dell'attico, un interessante saggio di Gilbert e Gular, che studia la dicotomia tra la donna angelicata e l'isterica o la pazza come veniva dipinta la donna sessualmente attiva.

Presumo si riferisca a Jane Eyre: a questo proposito è interessante vedere la rivisitazione che ne ha fatto Bianca Pitzorno nel suo nuovo libro La bambinaia francese, specialmente nei confronti della moglie creola di Rochester, una donna desiderante, fuori dagli schemi molto più indipendente della stessa Jane Eyre...
Non ho letto il libro, penso che però sia difficile applicare degli schemi interpretativi propri dei nostri tempi senza tener conto di quelli che erano i limiti dell'epoca.
Riguardo a Jane Eyre penso che sia comunque interessante vedere come una scrittrice, pur seguendo gli stilemi del suo tempo, riesca a mandare dei messaggi trasgressivi in codice, riuscendo a rompere gli schemi: se è vero che finirà per sposare Rochester è pur sempre un uomo cieco e monco, quello che decide di sposare!

Un altro dei temi di cui mi sono occupata sono le grandi adultere (Madame Bovary, Anna Karenina...) anche se si tratta solo di personaggi femminili, e poi le assassine letterarie: emblematico il caso Rosa Vercesi di Ceronetti.

Dooblin scrive invece di una coppia lesbica che ammazza il marito di una di loro, ma le due donne verranno salvate dalla psicanalisi che le giudicherà donne "infantili" e saranno condannate a una reclusione di un anno e mezzo.

Emma Donnowin Slammerkin, scrivendo storie di una prostituta, cerca di ridiventare una donna "normale" attraverso una specie di viaggio catartico nella scrittura.

Margareth Atwood ne L'altra Grace esprime benissimo l'impossibilità maschile di vedere le donne come sono, destinate a rimanere perennemente prigioniere nel bozzolo delle fantasie maschili.

E ancora la storia di Albertine Sarrazine, pubblicata dalla Tartaruga: una vita breve ma intensa. Orfana, viene adottata, conduce una vita libera e ribelle, diventa ladra, finisce in galera, sposa un ladro e scrive tre libri interessantissimi. Ladra e galeotta, davvero un'irriducibile...

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