Gimme, Gimme, Gimme: l'umorismo britannico come antidoto a Will & Grace

14 aprile 2004

Una sorta di antidoto alla frigida prudenza di Will & Grace. Fin dal titolo (che cita una celebre canzone degli ABBA, che è anche la sigla della serie: «Gimme, Gimme, Gimme a man after midnight»), Gimme, Gimme, Gimme punta l’accento sul sesso nel rappresentare la difficile e rassegnata convivenza tra un uomo gay e una donna eterosessuale. Se Grace per Will è una “stampella”, per citare le loro stesse parole, ovvero una comoda scusa per tagliarsi fuori dalla vita vera in un’esistenza rassicurantemente alto-borghese, Linda per Tom è anzitutto una potenziale rivale, già nella prima puntata, che si apre con i due che, al risveglio, trovano nella loro cucina un formoso ragazzotto di colore in mutande, ma non ricordando nulla della sera precedente non sanno con chi di loro abbia passato la notte. Il panorama sociale, del resto, è tutto diverso: quello di un proletariato squallido nel quale un’impiegata egotica e sfatta e un aspirante attore disperatamente senza talento convivono a fatica in un appartamento violentemente kitsch che hanno preso in affitto da una ex prostituta in pensione. La fuga dalla realtà non si compie qui con il ritiro in un comodo salotto alimentato da uno stipendio mensile sostanzioso e persino fiabescamente in aumento di stagione in stagione (come accade in Will & Grace), bensì con la fuga in un immaginario che si confonde infine con la realtà, da cui non ci si ritira ma che si affronta solo grazie a una ridipintura immaginosa ed egotica. Tom e Linda fuggono l’isolamento per entrare in un mondo al quale si accostano con disperata aggressività. Ma si tratta di un mondo altamente sessualizzato e competitivo, fondamentalmente edonistico, sicché i due personaggi sono squalificati in partenza e possono solo rifugiarsi in una fraintesa rilettura degli ideali istetici, dovuta a necessità di sopravvivenza: Tom è persuaso di essere un grande attore cui semplicemente non è ancora occorsa la grande occasione, mentre Linda vive nella convinzione di essere una donna splendida (una sua battuta emblematica: «Oh my God who’s that gorgeous creature? Oh my God it’s me!») dotata di un gusto eccezionale, ma non è e non è mai stata bella, e il suo mondo è dominato da un kitsch sovraccarico, nel senso più proprio del concetto, e cioè quello di un’estetica fraintesa, di un cattivo gusto che si crede coincida con i massimi ideali del bello. Ed è ovviamente tutt’altro che scontato che tra i due sia il personaggio eterosessuale a vivere in un mondo sovraccarico e kitsch, che una lunga tradizione associa invece al mondo gay, uno stereotipo con cui gli autori intendono qui giocare.
La tradizione alle spalle è chiara, dal cinema nazionale di impianto realista venato di umorismo del free cinema fino alle sit-com di successo come Bottom da un lato, e Absolutely Fabulous dall’altro, con il suo repertorio di cascami irregolari e devianti. L’esistenza di Tom e Linda è tristemente uguale, per quanto i due cerchino di distinguersi l’uno dall’altro (dall’accento della pronuncia fino ai gusti sessuali). La vita dei due personaggi e gli intrecci degli episodi si consumano tra fallimenti professionali e disavventure sessuali, di fronte alle quali il cinismo e la perfidia (reciproca, ma indirizzata anche al mondo esterno, nonché a quello che li ospita, cioè la televisione) sono le uniche ancore di salvezza. Non sono reperibili tematiche significative, ma semplicemente perché sono date per scontate: il pubblico cui ci si rivolge sa riconoscerne le tracce nei brevi cenni della sceneggiatura, e non occorrono né i didascalismi di Ellen né i sotterfugi di compromesso di Will & Grace, basta lo sfogo terapeutico di una cattiveria sanamente acida. In una puntata, per esempio, Linda attira in casa un ex galeotto ora fanatico religioso, che converte poi un assistente sociale sull’orlo del suicidio. Quando i due fanatici tentano di persuadere Tom a praticare l'astinenza per salvarsi l'anima, Tom non si lancia in panegirici: si limita invece, con l’aiuto di Linda, a prendere a bastonate i due, per altro già mezzi ingessati. Tutto ciò che sta dietro, lo spettatore lo sa già: non occorrono spiegazioni e il tema (grosso) viene lasciato a un’ellissi che lo spettatore colma da solo. Il diritto a vivere in libertà è dato per acquisito e ciò consente di pervenire alla fine a un realismo più significativo di quello di molte altre serie di impianto pur più pedagogico.
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