Teletubbies: omnia munda mundis?

16 aprile 2004

Schediamo questo prodotto televisivo per semplice dovere di cronaca, per via dell’outing di Tinky Winky, uno degli innocui personaggi di questa serie per bambini in età prescolare, dovuto al reverendo battista Jerry Falwell. Nel numero di febbraio del 1999 del suo National Liberty Journal, in un articolo intitolato allarmisticamente "Parents Alert... Parents Alert", Falwell se la prende con South Park (per i suoi contenuti violenti e il linguaggio osceno e profano: curiosamente non fa menzione dei contenuti omosessuali tutt’altro che secondari nella serie), con la Disney (per la vecchia polemica sulle immagini subliminali presenti in alcuni film) e appunto con Tinky Winky. In un paragrafo intitolato “Tinky Winky Comes out of the Closet”, Falwell scrive:

The sexual preference of Tinky Winky [...] has been the subject of debate since the series premiered in England in 1997.

The character, whose voice is obviously that of a boy, has been found carrying a red purse in many episodes and has become a favorite character among gay groups worldwide.

Now, further evidence that the creators of the series intend for Tinky Winky to be a gay role model have surfaced. He is purple - the gay-pride color; and his antenna is shaped like a triangle - the gay-pride symbol.

Furthering Tinky’s “outing” was a recent Washington Post editorial that cast the character’s photo opposite that of Ellen DeGeneres in an “In/Out” column. This implies that Ellen is “out” as the chief national gay representative, while Tinky Winky is the trendy “in” celebrity.

These subtle depictions are no doubt intentional and parents are warned to be alert to these elements of the series.

 

L’omosessualità è stata una delle principali osessioni di Falwell fin dalla sua apparizione nella pubblica arena della moralità americana alla fine degli anni ‘70. Proveniente dalle fila dell’oltremodo discussa cantante conservatrice Anita Bryant, pioniere nello sfruttamento delle TV satellitari con finalità di propaganda religiosa, Falwell si trova a capo di una colossale organizzazione che macina montagne di dollari e riunisce centinaia di congregazioni impegnate nella lotta contro aborto, pornografia, socialismo, femminismo e omosessualità. Fine dichiarato è quello di propagandare il modello tradizionale della famiglia e il potere economico consente a Falwell di esercitare forti pressioni lobbystiche a livello politico (fu tra i sostenitori dei Reagan). Senza brillare particolarmente per lucidità e per rigore, Falwell si è mantenuto in primo piano nelle cronache degli ultimi vent’anni grazie soprattutto a dichiarazioni scandalistiche, da fanatico, certo, ma anche da perfetto conoscitore dei media: dalle accuse di omicidio rivolte al presidente Clinton fino alla condanna di omosessuali, femministe e progressisti in generale all’indomani dell’attacco alle Twin Towers di New York. Scuse e ritrattazioni seguono già pochi giorni dopo, ma l’importante è fare rumore e rimanere al centro dell’attenzione. Allo scopo servono anche le accuse al povero Tinky Winky, colpevole solo di essere viola, di avere un triangolo in testa e... una borsetta rossa sotto braccio.

Del resto, per quanto fanatico possa apparire, Falwell non rappresenta l’ala più radicale del movimento religioso: negli anni ‘80 il potere di pressione sui media, forse allora sottovalutato dal leader religioso, risultò indebolito dal suo rifiuto di passare dalle contrattazioni al boicottaggio degli sponsor. E nell’ottobre del 1999 fece discutere e suscitò molti malumori in seno al suo stesso movimento l’incontro da lui voluto con alcuni leader religiosi dichiaratamente gay.

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