Ally McBeal

5 maggio 2004

Fin dagli anni '60 quasi tutte le serie poliziesche e legali hanno affrontato in qualche puntata tematiche omosessuali, per lo più ovviamente collegate a casi criminali. Ally McBeal non fa eccezione: nella puntata "Boy to the World" (1997), ad esempio, Ally si trova a difendere un ragazzo omosessuale che ama travestirsi, e cerca inutilmente di aiutarlo a uscire dal mondo squallido e povero nel quale è costretto a vivere, ma fallisce nell'intento: in una delle sequenze più dolenti dell'intera serie, che per lo più è strutturata su tonalità comiche, alla fine il giovane viene trovato morto sulla scena di un nuovo crimine.


Ma l'originalità della serie consiste nel dividere equamente lo spazio delle puntate tra i casi discussi in tribunale e le vite private dei personaggi, il tutto filtrato dalla soggettività esuberante della protagonista, i cui problemi di instabilità emotiva e mentale distorcono sovente eventi e percezioni in visioni surreali. Al centro dell'attenzione sono soprattutto le relazioni sentimentali tra i personaggi, i loro gusti sessuali e le loro concezioni dei ruoli di genere (il proprietario dello studio, per esempio, è un maschilista incallito, gerontofilo e feticista del collo).


In un contesto del genere lo spettatore non ha motivo di soprendersi se di quando in quando fanno capolino personaggi eccentrici, come un travestito barbuto e baffuto. Ma si apre in questo modo spazio anche per affrontare il tema in modo più originale. In "Buried Pleasures" (1999), l'ultima arrivata dello studio, l'orientale Ling Woo, è angosciata da un sogno che ha fatto, nel quale baciava una donna. Pur dichiarando senza vergogna la propria omofobia, Ling si scopre attratta da Ally, la quale dal canto suo, nonostante sia da sempre innamorata del collega Billy, non può negare a se stessa di ricambiare una certa curiosità lesbica. Incitata dalla disinibita coinquilina, Ally decide di tentare un appuntamento con Ling, e le due alla fine si baciano per togliersi ogni dubbio: ognuna tornerà così felice e senza angosce ai rispettivi amori maschili.

La scena ha suscitato in Italia, all'epoca del passaggio pomeridiano su Canale 5 (2001), una gran polverone, dando l'occasione per la solita girandola di dichiarazioni scandalizzate e moraliste, incapaci ovviamente di compiere lo sforzo di contestualizzare il tutto. Antonio Marziale, presidente dell'osservatorio sui diritti dei minori, se ne uscì con una dichiarazione emblematica: "l'omosessualità è una condizione che va rispettata, ma ai bambini occorre far vedere, ai fini psicopedagogici, un maschio che si fa la barba e una femmina che si fa la ceretta perché l'educando possa discernere i rispettivi ruoli secondo natura". Una dichiarazione che sintetizza bene un diffuso misto di liberalità ipocrita ("l'omosessualità è una condizione che va rispettata") e moralismo assolutista ("ruoli secondo natura") travestito da scienza ("ai fini psicopedagogici"), che maschera il suo vuoto concettuale attraverso una consueta pretesa di assoluto che spera di travestire le convenzioni sociali da assiomi naturali. Si sarebbe tentati di liquidare con un sorriso l'ingenuità di chi ritiene che farsi la ceretta sia una pratica "secondo natura", se non fosse che dietro questo tipo di ragionamento si annida l'omofobia, che è cosa da non prendere alla leggera.

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