Giornata nera per l'ariete

19 ottobre 2012

«Neanche ai vostri balletti verdi?». È così che l’eroe del film, un giornalista che indaga privatamente su una serie di omicidi commessi da quello che sembrerebbe essere un maniaco, apostrofa un rinomato medico che un paio di sequenze prima è stato visto rifugiarsi in un casale isolato insieme a un bel ragazzo (e ad altri voyeur pari ceto), per guardarlo e filmarlo durante un accoppiamento con una ragazzina, uccisa poche ore dopo dall’assassino. A dieci anni dai fatti di Brescia, e dai racconti di Testori che li avevano anticipati, questo genere di scandaletti di provincia ancora suscitano curiosità morbose offrendo l’occasione per un po’ di nudo molto sobrio a un regista che non si avventura ad andare oltre le parole: che il medico sia omosessuale lo capisce solo chi ha memoria sufficiente per decrittare la battuta, perché la scena mostrata allo spettatore gioca sull’ambiguità (inizialmente l’uomo e il ragazzo sembrano squadrarsi reciprocamente) ma esplicita solo pruriti eterosessuali (lo spettatore non avvertito potrebbe anche pensare che l’uomo sia un comune voyeur).

Quale sia poi il senso della scena rispetto ai delitti non è chiaro (ma è l’insieme della sceneggiatura ad avere lacune enormi), così come non è chiaro se sia solo un caso che il caporedattore dell’eroe muoia, al rientro a casa dal lavoro, in una zona equivoca di un parco, come il poliziotto che indaga rimarca più volte.

Sin qui, in ogni caso, il lato meno grave, ancorché depravato, delle devianze dell’omosessuale medio nelle fantasie dell’eterosessuale medio del tempo. L’altro lato, infatti, è incarnato come da tradizione dall’assassino, un australiano che uccide anzitutto per gelosia: tutti credono nei confronti di una donna, ma si scopre infine che era innamorato dell’uomo ritenuto il suo rivale. Finirà debitamente massacrato dall’eroe (il monoespressivo Franco Nero), che poi ci racconta nei particolari della «morbosa passione» del disgraziato per il collega, descrivendolo come «paranoico, sadico e superstizioso», giusto per non fargli mancare niente (risparmio al lettore come il giornalista sia arrivato a capire che la chiave di tutto stava nell’oroscopo). Gli altri delitti sarebbero dunque stati solo pianificati per coprire quello della donna che gli aveva portato via l’amore della sua vita.

Se spesso in questi film gli omosessuali maschi sono macchiette costruite per il pubblico ludibrio, assai peggiore è il risultato quando vengono presi sul serio, perché allora non si sfugge ai luoghi comuni del patetico erotomane di mezza età e dell’amorale inevitabilmente predisposto al crimine e al delitto, tanto da non fermarsi nemmeno di fronte alla prospettiva di uccidere un bambino, perché «un bambino anche se innocente è un essere infelice in embrione».

Il film è ispirato a un giallo di qualche anno prima, The Fifth Cord (Il segno dell'assassino, 1967) di David Mcdonald Devine.

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