Una storia americana

12 marzo 2005, "Babilonia" n. 232, giugno 2004

Una storia americana, diretto da Andrew Jarecki, è uno straordinario documentario, premiato al Sundance Festival. La vicenda, che sembra ai confini della realtà ma è basata su una storia vera, è quella della famiglia Friedman (da cui il titolo originale Capturing the Friedmans), un’agiata famiglia borghese di Long Island, formata dal padre Arnold, insegnante di informatica, pianista fallito e appassionato di super8, dalla madre Elaine e da tre figli maschi.

Un giorno, nel novembre del 1987, la polizia intercetta una rivista dal contenuto pedofilo indirizzata a Arnold. In breve, l’uomo è accusato, assieme al figlio Jesse, di aver adescato molti bambini della zona, sottoponendoli a orribili violenze sessuali, accusa che si fonda esclusivamente sulle testimonianze dei ragazzi coinvolti. Il clamore che nasce attorno al caso è enorme e i mass media si buttano a capofitto su un piatto così ghiotto.

Il documentario, agghiacciante quanto intenso, trova lo spunto iniziale nel fatto che David, il secondo figlio di Arnold, ebbe il coraggio di filmare ogni momento della vicenda con la sua telecamera amatoriale. Jarecki parte proprio da questo materiale incandescente, montato magistralmente assieme alla ricostruzione del processo e ad alcune interviste: a membri della famiglia, agli avvocati, ai bambini, ai poliziotti. Nella prima parte il regista sembra quasi voler accusare i due, salvo poi tornare sui propri passi e mostrare l’inconguità delle accuse e gli stratagemmi della polizia per incastrare padre e figlio. Così, crea un’eccezionale suspence, spiazzando lo spettatore, facendolo ritornare in continuazione su ciò che ha già visto o udito, facendogli percorrere il viaggio allucinante di una tranquilla famiglia devastata dalle accuse.

In realtà, però a Jarecki non interessa stabilire se Arnold e Jesse siano colpevoli oppure no. Focalizza invece il discorso soprattutto sui meccanismi devianti che possono creare ex nihilo un capro espiatorio e della follia collettiva del quartiere di Great Neck che si coalizza contro la famiglia, per ritorsione o invidia, dando per scontata la colpevolezza dei due. Tutto ciò, entrando nei meandri dell’aspetto giudiziario e di quello privato, rappresentato dall’occhio della telecamera di David, che mostra la vacuità e la miseria delle relazioni familiari. E sottolineando l’onnipresenza di occhi meccanici o elettronici, che sembrano essere oggi gli unici (oggettivi?) testimoni della vita umana
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