Strade dell'amore, Le

4 aprile 2005, "Viottoli"; settembre-ottobre 2002

Recensione di don Franco Barbero. Online anche sul sito "Viottoli" (della comunità di base di Pinerolo).

Per gentile concessione di don Franco Barbero.


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Il volume ha certamente l'ottima intenzione di rappresentare un contributo all'accoglienza delle persone omosessuali nella chiesa cattolica. L'ho letto con la speranza di trovare profondità, documentazione, proposte liberatrici. Sono stato, invece, stupito dalla impostazione per nulla rigorosa dell'intero volume che, a mio avviso, non riesce a uscire dai ben noti pregiudizi della classica concezione cattolica ufficiale.

In un punto il volume mi è parso davvero chiaro ed esauriente: nell'esposizione del pensiero del magistero cattolico.

La sezione biblica, con le sue affermazioni nette e perentorie, a mio avviso rappresenta una operazione di lettura con occhiali ideologici e dogmatici. Ben altri sono oggi gli interrogativi che una lettura storico-critica si trova ad affrontare senza piegare i testi contro o a favore delle nostre tesi. Le letture bibliche a tesi, che scambiano il messaggio con la perimetrazione linguistica, culturale e antropologica in cui è espresso, danno "troppe" certezze, ma si tratta spesso di certezze scadute.

In questa prospettiva il nostro Autore augura

"per le persone omosessuali la possibilità reale di realizzare pienamente le indicazioni del Magistero, le uniche che salvaguardano la dignità delle persone omosessuali da facili riduzionismi" (pag. 120).

La bibliografia cui il nostro Autore fa riferimento è di una estrema modestia per chi è abituato ad una ermeneutica e ad una esegesi più dinamiche e aperte. Va detto, per essere sinceri, che il volume è uno scritto divulgativo e quasi mai ha la pretesa di rappresentare un'opera di ricerca.

L'Autore scopre le carte lentamente fino a prefiggersi un eventuale "riorientamento" (cioè correggere e orientare verso la eterosessualità), che, nella stragrande maggioranza delle situazioni, è una delle maniere più collaudate per "ammalare" gravemente le persone omosessuali.

Quando parla dell'uscita allo scoperto, il nostro Autore - che evidentemente non ha una profonda e vasta esperienza di ascolto di persone omosessuali - usa a più riprese il termine ambiguo e denigratorio di "ostentazione".

Chi accompagna un cammino spirituale e psicologico lungo e spesso sofferto per "venire alla luce" (coming out), sa che questo parlare di ostentazione denota la più assoluta mancanza di verità e di rispetto.

Del resto il rispetto dei fatti è davvero scarso quando si parla di "esigua partecipazione riservata in Italia al Gay Pride Day" (pag. 91). Un libro pubblicato nel 2002 poteva tener conto della "straordinaria" partecipazione al Gay Pride di Roma nel 2000. Ero presente con una rappresentanza della mia comunità e davvero la realtà vista e vissuta fu ben altra.

Quando poi si passa alla ricostruzione storica, forse anche per occultare il qualificato apporto delle comunità cristiane di base italiane, si dimentica addirittura di segnalare il collettivo ecumenico che lavorò intensamente dal 1977 al 1980 a Pinerolo e ad Agape, fondato da Ferruccio Castellano, da Eugenio Rivoir e dal sottoscritto in preparazione al Campo internazionale del 13-15 giugno 1980.

In quegli anni prendemmo contatto con il Centro del Cristo Liberatore di Parigi e con alcuni teologi americani e tedeschi.

Il nostro Autore non ha trovato traccia di questo incontro che trovò eco sulla Stampa, su il manifesto, su Paese sera, su Rocca, su L'Eco delle valli valdesi, su Tempi di Fraternità, Il Regno-attualità, Com-Nuovi Tempi e altre.

Nel 1981 uscirono gli atti nei quaderni di Agape sotto il titolo "Fede cristiana e omosessualità". Fin da allora, Agape e le comunità di base, imboccarono una strada che ovviamente al nostro Autore o non è nota o torna comodo dimenticare.

Così pure non si trova traccia degli amori omosessuali vissuti tra preti oppure tra suore: realtà che in questi ultimi quarant'anni ho conosciuto e conosco come consistenti e progressivamente libere da angoscianti sensi di colpa.

Ma una "dimensione" attraversa tutto il volume: la sessuofobia;

"alle persone omosessuali è chiesto di astenersi dai rapporti fisici come esige la castità extramatrimoniale cui sono chiamate tutte le persone non sposate" (pag. 202).

In questa ottica si fa strada una strategia pastorale che incoraggia un "chiaro rigetto dell'identità omosessuale e sforzo onesto verso l'eterosessualità" (pag. 239) e una "prevenzione dell'omosessualità" (pag. 293). Si tratta di "riorientare" le persone omosessuali. Che nel 2002 si possano progettare simili pratiche pastorali ha dell'incredibile.

L'Autore conclude la sua opera convinto di aver "potuto documentare la continuità tra l'insegnamento del Magistero e le Sacre Scritture" (pag. 291) e nessuno di noi vuole mettere in dubbio le buone intenzioni di don Stefano Teisa.

Mi auguro che l'Autore possa incontrare (e soprattutto ascoltare umilmente) molti gay e molte lesbiche. Io 39 anni fa avevo le "stessissime" idee che ho ritrovato nel volume ora segnalato. Poi è stato l'incontro vivo con decine di migliaia di omosessuali che mi ha totalmente cambiato prospettiva negli studi biblici e nella pratica pastorale.

Oggi, sempre più attento alla dimensione dello studio, sempre più compagno di viaggio di tantissimi gay e lesbiche credenti, lodo Dio per i loro amori, ricchi di sentimenti, di emozione, di spiritualità.

Sento come una benedizione di Dio, un Suo dono, l'amore omosessuale in tutte le sue valenze psicologiche, spirituali, sessuali.

Non lo ritengo in nulla inferiore all'amore eterosessuale e non capisco perché l'intimità sessuale costituisca un problema in una relazione ricca di sentimento, di spiritualità, di fiducia in Dio. Piuttosto ritengo fondamentale in ogni relazione d'amore compiere un cammino in cui i partner si aprano ai problemi del mondo, all'impegno per la giustizia, ad uno stile di vita sobrio e nonviolento.

Anche il più bell'amore può diventare una prigione se non si apre verso Dio e verso il prossimo. L'autoreferenzialità è il rischio che nell'attuale società corriamo un po' tutti. Ma come non gioire del fatto che, mentre il magistero sembra bloccato sulle ben note posizioni, fiorisce nel corpo vivo della chiesa una pastorale in cui molti gay e lesbiche credenti, sostenuti dalla forza del Vangelo, cantano "le canzoni della libertà"?

Quando assisto alle celebrazioni dell'amore gay e lesbico nella mia comunità sento che Dio ci regala uno sguardo nuovo sulla vita e che non posso chiudere il mio cuore al vento di Dio che mi chiama ancora e sempre oltre i miei pregiudizi e i miei orizzonti ristretti.


[Nota di Culturagay.it: è online una raccolta di documenti della comunità di base di Pinerolo sull'omosessualità].

La riproduzione di questo testo è vietata senza la previa approvazione dell'autore.

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