Attenti al Tapperware

3 marzo 2013

Poche cose riescono più indigeste di un film che si sforza di essere trasgressivo ma finisce col veicolare una morale tradizionale. È il caso di Q, il quale non lesina il ricorso al nudo e brevi scene hard per raccontare le banalità sentimentali di un gruppo di giovani che si vorrebbero scapestrati. Ma si tratta di un’eversione beneducata, fondamentalmente priva di meta e di evoluzione, e soprattutto ripetitiva.

Al centro troviamo Cecilie, una ventenne cui è appena morto il padre e che passa le giornate a provocare sessualmente il suo ragazzo e chiunque incontri, uomini e donne, convinta di essere irresistibile.

Ci casca anche il bel Matt, che è in crisi con la fidanzata Alice perché, al contrario, costei è alquanto inibita. In realtà riesce a combinare qualcosina in macchina, ma è solo una trappola: Alice avvia infatti subito una tirata sui loro problemi affettivi, sul fatto che lei non è solo un oggetto sessuale, che non potrebbe vivere senza di lui, ecc.

Confusa a sua volta dal comportamento di Matt, che non sembra avere in realtà niente di complicato, Alice si consola facendosi masturbare su un traghetto da Cecilie, debitamente disponibile anche con le fanciulle (sullo sfondo c’è anche una coppia di lesbiche e una donna traumatizzata cui piace che il marito porti a casa altre ragazze, quanto meno se risultano gradite anche a lei). Si può ben capire che Cecilie faccia ammattire il povero Chance, consumato dalle esigenze sessuali della compagna ed esasperato dalla sua ninfomania. Mentre Alice, una volta iniziata alle gioie del sesso, sembra perdere i freni anche lei dandosi a chiunque incontri.

Infine c’è Manu, ladruncolo di auto che passa tutto il film a cercare di dimenticare una ragazza che, pare di capire, deve aver tradito e che comunque ha perso: la rincontrerà solo alla fine.

Ora, che il cinema istituzionale obliterasse il sesso, o quanto meno la sua rappresentazione esplicita, è un fatto di censura che nella sostanza si può anche, molto semplicisticamente, deprecare. Avere tuttavia la pretesa di raccontare l’umanità, o anche solo la contemporaneità, o anche solo l’ultima generazione X a portata di mano, esclusivamente tramite l’attività sessuale pare altrettanto semplicistico, falso e depauperante. E tutto sommato mortalmente noioso (ma chi ha mai guardato un porno dall’inizio alla fine senza saltare niente?).

Il rischio di questi film è proprio lo stesso della pornografia: non la volgarità, ma la banalità, e quindi la noia. Con la differenza che, diversamente dal porno, che è pura e semplice fantasia erotica, questi film hanno pretese di provocazione, di indagine sociale o persino di filosofia, soprattutto se i registi sono francesi (è un loro debole: non riescono a scrivere una riga di dialogo o a girare un’inquadratura senza competere sotto sotto con il fantasma di Sartre).

Ma un film in cui tutti vanno con tutti solo perché una ragazzina non elabora il lutto e dimentica le ceneri del padre in un Tapperware (questa è la giustificazione psicologica dispensata dal finale), e solo per riscoprire (tutti) che il segreto della felicità è invece nella relazione fissa, pare un delirio demenziale più che un’indagine antropologica.

Eppure Matt si quieta quando finalmente Alice gli si offre nuda; Cecilie trova la pace quando Chance la costringe a disperdere al vento quello che resta del padre; il povero Manu passerà invece il resto dei suoi giorni a disperarsi perché la sua ex fidanzata non ne vuole sapere di rimettersi con lui: ha avuto la sua occasione e l’ha sprecata.

Tirando le somme: il sesso presenta due sole alternative, l’erotomania e la quieta vita di coppia; la prima genera insoddisfazione e turbe psicologiche, la seconda è appagante ed è quanto di meglio la vita offra, per lo meno se include il sesso.

Il punto ovviamente non è se si condivida o meno una simile concezione del sesso e dell'esistenza, del tutto lecita, ma è il suo semplicismo nel momento in cui è inoculata allo spettatore con un'univocità che suona inevitabilmente moralistica, nonché sotto sotto ipocrita in un racconto che finge eversione. Pur con tre coppie, una manciata di erezioni e tante, tante, tante vagine a disposizione, Bouhnik si dimostra incapace di provocare davvero e di proporre alternative e varianti, ripetendo di fatto la stessa morale tre volte.

Comunque, a scanso di equivoci, fate in modo che le vostre amiche tengano il caro estinto lontano dal Tapperware. Il senso della vita, per Bouhnik, è tutto qui. Personalmente, sospetto ci sia dell’altro.

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