Gay e Islam

3 maggio 2005, "Pride", n. 35, maggio 2002. Recensione di Alessandro Golinelli

Nel difficile rapporto fra cultura occidentale e islam la spina dell'11 settembre, ha certamente inasprito le differenze. Ma ha anche aumentato la curiosità, il desiderio di conoscere, magari per sentirsi tranquillizzati.

Lo scontro sembra essere quello fra un mondo arabo integralista e chiuso e un occidente liberale e aperto. La questione omosessuale è, per molti occidentali, in quanto tutela di minoranza, libertà di espressione e stile di vita, una cartina al tornasole del grado di civiltà e apertura di una società. Da questo punto di vista i paesi arabi, anche moderati, sono sicuramente poco moderni: l'omosessualità è un reato punibile con il carcere e talvolta la pena di morte.

Paesi in cui il concetto di stato laico ha enormi difficoltà a imporsi, in diversa misura sotto tutela religiosa, spesso in regimi di polizia e con una popolazione povera e poco istruita, non tutelano le minoranze e non hanno una società civile aperta: come l'Italia fino a una quarantina di anni fa. O i paesi del Maghreb, presi in esame dal volume di Vincenzo Patanè Arabi e noi - Amori gay nel Maghreb (Derive e Approdi, Roma 2002).

L'omosessualità, almeno nei paesi del Nord Africa, è repressa ufficialmente, come ricorda il processo ai 52 omosessuali egiziani, conclusosi con 23 condanne ai lavori forzati fra cui quella del diciassettenne Mamhud, finalmente scarcerato per le pressioni dei movimenti omosessuali e dei governi occidentali. Però è largamente praticata. Almeno a sentire quello che dicono i ragazzi intervistati nel libro di Patanè.

E questa è anche la sensazione e l'esperienza di chi in quei paesi c'è stato. La sensazione di un erotismo fatto di esotismo, sole e natura e gioventù, ma anche di sguardi, di sorrisi, di gesti osceni, di toccamenti, di erezioni sulla spiaggia o negli hamman, di battute e soprattutto di desiderio. Il gay occidentale si sente desiderato, anche fisicamente.

La facilità con cui si finisce a fare sesso con un ragazzo arabo è nota. Forse meno facile è spiegare il perché, la natura di questo desiderio.

Arabi e noi non tenta di farlo, anzi, in qualche modo mette in luce la complessità del rapporto, la difficoltà di gestire pregiudizi e di capirsi con occhi così diversi. Vincenzo Patanè, che studia da tempo il mondo arabo e ha trascorso lunghi periodi nel Maghreb, intervistato a Venezia dove vive, rivendica la necessità di cominciare una ricerca piuttosto che trarre conclusioni. «E' importante arrivare in un luogo sgombri da pregiudizi o, meglio, metterli alla prova con i dati empirici. Anche perché le convinzioni che ci si fa in Italia con gli immigrati sono fuorvianti: costoro alle prese con usanze e modi di essere differenti, si esprimono con modalità del tutto diverse dai paesi di origine. Però, per antipatico che possa essere, i luoghi comuni non nascono dal niente ma sono frutto di culture popolari, quindi qualcosa di vero c'è sempre. Più che altro, si tratta di capire che la realtà non si identifica e si completa con gli stereotipi e che ogni essere umano deve essere valutano con i fatti

La struttura stessa del libro conferma la pluralità dei punti di vista, dei luoghi da cui si osserva. Nel saggio introduttivo di Patanè e nell'intervento di Gianni De Martino, il mondo omosessuale islamico è visto con l'occhio disincantato dell'occidentale, nei suoi due aspetti principali, come la cultura occidentale vede l'omosessualità araba, e come la vede la cultura islamica (secondo i nostri canoni però).

Inizialmente sembra il disprezzo il punto di contatto. Disprezzo da parte nostra per una società in cui sono diffuse pratiche omosessuali ma che non le ammette, e disprezzo da parte loro per la figura dell'omosessuale e dell'occidentale, come effeminato, debole, zamel, o solo diverso e che non può capire.

Ma contemporaneamente una profonda e irrinunciabile attrazione. Da parte nostra per la loro disponibilità nascosta da una presunta mascolinità, e da parte loro per ciò che noi rappresentiamo, per la nostra ricchezza, e per la nostra liberalità di costumi.

I contrasti, le antinomie sembrano essere un dato irrinunciabile nei rapporti fra due mondi apparentemente così distanti. Come sottolineano anche le interviste a due intellettuali arabi, l'antropologo Malk Chebel e il sociologo Khaled Fouad Allam. I due algerini, che vivono in Francia il primo e in Italia il secondo, mettono in luce il lato repressivo della società araba soprattutto nei confronti della donna, ma Allam spiega come la netta divisione dei sessi, nonostante le idee degli occidentali, non sia affatto la causa principale di un'omosessualità largamente praticata se pur così in contrasto con la religione e la cultura.

Anche le interviste a giovani ragazzi marocchini e tunisini, che fanno sesso con gli occidentali, prese nei loro paesi d'origine o in Italia, che sono il centro del libro, ripropongono il contrasto.

Il contrasto dei ruoli per esempio: passivo/attivo. Molti dei ragazzi intervistati smentiscono lo schema che vorrebbe l'arabo sempre attivo e l'occidentale passivo. Sebbene i due ruoli presentino paradossi anche nel nostro mondo, in quello arabo sono assai sfumati per certi aspetti, mentre con significati profondi per altri. La divisione in attivi e passivi nel mondo arabo sembra smentita innanzitutto da una omosessualità alla greca, adulto prepubere, largamente praticata nelle scuole islamiche o come rituale di passaggio. Molti ragazzi ammettono che quando sei ragazzino prima o poi quel ruolo ti capita, e che lo si fa abbastanza naturalmente.

Nello stesso tempo essere attivo per molti, soprattutto con gli occidentali, è un modo di rivalsa, o come da noi, un segno di possesso. Tu sei ricco ma io ti inculo. Si può essere anche passivi con un altro arabo, ma mai con un occidentale.

Altro contrasto è il rapporto economico di subordinazione che viene a crearsi fra l'occidentale e il ragazzo, che questo sia prostituto o no. Molti ragazzi dicono di farlo solo per soldi. Il denaro è spesso una scusa, ma nella miseria in cui si vive nel Maghreb una marchetta, a volte equivalente allo stipendio di un mese o poco meno, ha una certa attrattiva. E' ovvio che pagando si abbia una certa facilità di trovare rapporti. Come in tutto il sud del mondo d'altronde. E in molti giovani si sente un'avversione per un turismo sessuale che approfitta così esplicitamente dei vantaggi economici.

Sebbene sia usuale fare un omaggio a un ragazzino dopo il sesso anche fra arabi, e facilmente i giovani accettano denaro o regali, e comunque si deve pagare l'albergo e il taxi o anche una coca cola, - veramente questi ragazzi hanno le tasche vuote - la maggior parte degli intervistati sente la subordinazione economica come un peso che li allontana dagli occidentali. Il cinismo del basta che paghino è presente nei prostituiti esperti, ma per altri ricevere denaro, soprattutto se offerto come esplicito pagamento dell'atto, o con arroganza, è sentito come una ferita del proprio orgoglio, paradossalmente anche maschile, per il quale si sceglie comunque un partner sessuale e si prova piacere con lui. Non è un caso che siano proprio i giovani omosessuali, anche se loro non si definiscono così, a trovare più offensiva questa mercificazione esasperata dei rapporti fra arabi e noi, assolutamente presente, anche se sopravvalutata. «Ho verificato come si comportano effettivamente i giovani quando hanno incontri sessuali con gli europei, entrando proprio nello specifico sessuale... Nella stragrande maggioranza dei casi, si tratta di ragazzi interessati a rapporti umani e non solo a benefici sul piano pratico» sostiene sempre Patanè.

Un ultimo contrasto si trova nella differenza tra i rapporti sessuali fra arabi e quelli fra arabi e noi. Mentre i primi, seppur con diverse sfumature, sembrano svolgersi su un piano paritetico, gli altri sono spesso squilibrati. «Credo che sia raro che i rapporti fra occidentali e arabi finiscano bene. Troppi sono gli ostacoli, dalla lontananza alle diverse mentalità. Il più delle volte, credo, che quando si parla di amore, l'occidentale pensa in realtà al sesso, il ragazzo a quali beni materiali - danaro, regali o un visto per emigrare - possa strappare all'altro. E' ovvio che ci sono le eccezioni, e ci sono tanti ragazzi che cercano nell'occidentale solo il bisogno di sesso o il calore umano, magari trovando quella figura paterna assente in quella società che non lascia mai spazio ad esternazioni affettuose.» dice Patanè.

Tutti questi accesi contrasti sono segno di due fattori. Il primo facilmente individuabile: il divario fra chi ha desiderio nei confronti di un altro uomo e in diverso grado lo ammette e lo accetta, e chi non lo accetta o non ce l'ha per nulla. Il secondo invece è molto più sfumato: il mistero del perché questi contrasti generino una società così sensuale e pregna di un desiderio fisico che non riesce a non esprimersi col corpo.
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titoloautorevotodata
Amori gay nel MaghrebVincenzo Patanè03/05/2005

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