Kinsey

27 maggio 2005, "Pride", n. 71, maggio 2005

Le premesse per un buon film c'erano proprio tutte per Kinsey. Il regista, innanzitutto: Bill Condon, che al suo attivo vanta un'opera delicata e potente, Demoni e dei, sugli ultimi giorni del grande regista gay James Whale. E poi la storia: quella di Alfred Kinsey, l'autore del fondamentale Il comportamento sessuale dell'uomo, del 1948, al quale fece seguito Il comportamento sessuale della donna (1953), due opere che fecero epoca e cambiarono in molte nazioni la maniera di concepire il sesso.

Il film racconta dunque la vita di Kinsey, interpretato dal valido Liam Neeson. Costruita su due piani, la vicenda da un lato fa capire gli sforzi del sessuologo, assieme ai suoi collaboratori, per trovare la formula giusta per catturare l'assoluta sincerità degli intervistati. Dall'altro ripercorre la sua vita fin da ragazzo, con il giovane Alfred oppresso dalla visione angusta del padre (John Lithgow), capace di vedere il peccato in ogni cosa. Dopo aver conseguito la laurea, Alfred diventa professore universitario di biologia, applicandosi in particolare allo studio di alcuni insetti, e si sposa con Clara McMillen (Laura Linney). Gli interessi di Kinsey convergono però ben presto sul sesso, materia di fatto allora inesistente. Già le sue prime lezioni sono sconvolgenti poiché chiama col proprio nome le cose, mostrate poi in diapositiva. Confortato dai risultati - ovvi ai nostri occhi ma strabilianti per l'epoca - Kinsey crea dunque una troupe di tre persone per iniziare un'indagine a tappeto su tutto il territorio statunitense per scoprire, attraverso interviste, i gusti sessuali della gente comune. Con la stessa caparbia della sua ricerca entomologica, smantella così pezzo per pezzo tutte le prevenzioni e i luoghi comuni sul sesso, dimostrando che non esistono anormalità ma solo maniere differenti di vivere gli atti sessuali. A cominciare dall'omosessualità.

Finanziato inizialmente dal miliardario Rockfeller - spaventato poi però dallo scandalo provocato dalla ricerca ed intimidito dalle pressioni delle lobby conservatrici della nazione - Kinsey alla fine va ben oltre ciò che si aspettava, allargando gli orizzonti dell'America puritana e facendo cadere tabù di matrice vittoriana. Inoltre, a dimostrazione di come il privato sia strettamente intrecciato al pubblico, Kinsey mette fuori la propria omosessualità, facendo sesso col suo collaboratore Clyde Martin (Peter Sarsgaard) e riuscendo a stabilire una coppia aperta con la moglie, la quale pure assaggia le beltà di Clyde.

Il film, che vanta alcuni significativi camei - Tim Curry, l'indimenticato Frank-'N-Furter del Rocky Horror Picture Show, e John Epperson, storica drag queen americana - ha dunque molti meriti. Innanzittutto quello di mettere bene a fuoco la figura di colui che più di ogni altro - magari assieme alla coppia Masters & Johnson - ha offerto la base per la rivoluzione sessuale della fine degli anni Sessanta. Rimane impressa la tenacia di Kinsey, unita al coraggio che lo porta persino a perlustrare i locali gay di Chicago. Nello stesso tempo, ricorda (a Hollywood non tutti i registi lo avrebbero fatto!) la sua omosessualità; così la scena del primo rapporto fra lui e Clyde è efficace e schietta, con un bacio appassionato che suggella i desideri dei due uomini.

E allora direte voi: dov'è il problema? Due sono le cose che convincono. La prima è che il film, stilisticamente ordinario, non definisce sufficientemente il contesto storico se non a livello bozzettistico (tipo le coppiette che credono che i figli nascano dall'ombelico e che esista solo una posizione per scopare). La seconda, colpa sicuramente maggiore, è che è decisamente noioso, soprattutto nella seconda parte. Bisogna dunque andarlo a vedere oppure no? Questo è un altro discorso. Io ritengo che si debba assolutamente vedere questo film importante e coraggioso, per capire quali fossero le paure e le fobie legate al sesso cinquant'anni fa e quali passi in avanti si sono fatti. Anche grazie a Kinsey, il quale aiutò moltissimi gay e donne, come ci ricorda uno splendido personaggio femminile, interpretato dalla straordinaria Lynn Redgrave, che capisce grazie al "rapporto Kinsey" quanto sia normale essere attratta da una donna. Aveva capito, come disse Kinsey, che "la diversità è la verità irriducibile della vita".

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