Salomé

5 settembre 2005

Con inopportuno tempismo, Alla Nazimova si intestardì a girare questa curiosa Salomé proprio negli anni in cui l'industria cinematografica si apprestava a fare i conti con la censura (ne sarebbe scaturita, di lì a poco, l'elaborazione del Codice Hays). Girò il film esattamente come lo voleva, sontuoso, sensuale, totalmente incentrato su di lei, e per evitare sorprese affidò la regia al marito, le scene e i costumi all'amica (qualcuno diceva amante) Natacha Rambova (che due mesi dopo l'uscita del film avrebbe sposato Rodolfo Valentino) e i ruoli di contorno (si dice) a una serie di amici gay. La Nazimova non si curò nemmeno del problema di conciliare i primi piani con il fatto che aveva già quarantadue anni e doveva fare la parte di una quattordicenne.

Insomma non concesse nulla ai censori (che non gradirono e tagliarono il film), né ai critici (che non gradirono e stroncarono il film), né al pubblico (che non gradì e disertò le sale).

Visto il successo, non stupisce che la carriera cinematografica della Nazimova non abbia avuto un grande seguito. Senza contare che ne uscì finanziariamente provata: la produzione costò infatti cifre non comuni per l'epoca, a causa soprattutto degli sfarzosi costumi fatti produrre apposta a Parigi su ispirazione delle tavole con cui Aubrey Beardsley aveva illustrato, con tocchi sensuali tra il fantastico e il floreale, la prima edizione inglese della Salomé di Oscar Wilde, dalla quale il film è tratto.


Nonostante le difficoltà con la censura, rimane piuttosto evidente l'amore (che in origine doveva essere ancora più esplicito) che lega il paggio di Erodiade e Narraboth, "principe siriano defraudato del trono e costretto a fare da capo delle guardie di Erode". Nel testo di Wilde il paggio ricorda di aver regalato a Narraboth orecchini e profumi (che a vederlo sullo schermo, ripulito e impomatato, ci par quasi di sentire), mentre nel film non fa nulla per nascondere la sua gelosia nei confronti dell'ex principe siriano, che sembra avere ora occhi solo per Salomé, che d'altronde lo ignora perché si è incapricciata della testa del Battista. Può far piacere vedere uno smagrito e nasuto Giovanni trionfare su Narraboth, maschione che pare appena uscito dalla palestra, ma questo è solo un sottointreccio del tutto secondario.

Il film infatti è tutto per la Nazimova, come sottolineò perfidamente il recensore di Variety, notando che un titolo ben più adatto per vendere il film sarebbe stato "Espressioni facciali della Nazimova" e sorprendendosi perché "alle figure eroiche è conferita una parvenza decisamente effeminata e gli schiavi di colore sono appesantiti più che muscolosi".


Ma se si supera il divismo della Nazimova, per altro divertente rivisto oggi con occhio camp, si potrà apprezzare per lo meno il notevole lavoro della Rambova: scene e costumi (realizzati in bianco e nero) sortiscono un effetto bizzarro perfettamente in tono con l'opera e le sue morbosità decadenti, talora un po' infantili, talora più seducenti.


Comunque una curiosità storica, restaurata dalla Library of Congress una decina di anni fa.

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