Anonimo Lombardo. Un romanzo sulle tentazioni.

Recensione all'edizione riscritta. Per l'edizione originale vedi qui.

In un primo tempo, di getto, si è tentati di classificarlo come romanzo imprendibile, sfuggevole, e forse un poco lo è pure, ma non possiamo liquidare tutto così facilmente.

"L'Anonimo lombardo", è vero, rimane un romanzo difficile da catalogare essendo un romanzo più che sperimentale (questo mio "sperimentale" si prenda con le pinze: lo si spogli del solito significato nella storia della letteratura e valga soltanto come puro e semplice attributo), ma non si trascina con l'inerzia della casualità, anzi possiamo dire nella maniera più assoluta che la sua spinta propulsiva si trova proprio nell'iper-controllo di tutte le sue componenti e le loro relative giustapposizioni.

Ovviamente risulterebbe difficile destreggiarsi tra le componenti appena accennate senza un superiore controllo anche della lettura che ne viene fatta. Arbasino conta su questo.

Ad una prima de La Scala nel 1953, un giovane studente incontra fortuitamente gli occhi di un altro ragazzo, Roberto. Come accade per le coincidenze troppo coincidenti, non vi è nulla che capiti per caso: quel ragazzo è subito percepito come l'Amore.

Al nostro giovane studente non resta che cominciare a maneggiarlo nella maniera a lui più consona, cioè scriverlo; scriverlo innanzitutto in una lettera all'amico Emilio (amico che ci accompagnerà lungo tutto il romanzo), ma implicitamente scriverne in senso letterario, oltre che solo letterale, scriverne cioè sotto forma di romanzo.

Lì cominciano i dubbi: come adattarlo alla pagina? Romanzo epistolare sembrerebbe essere la prima risposta ad un rapido sguardo al volume, ma proprio in quel carteggio si celano altri dubbi sulla letteratura; allora ecco che l'anonimo lombardo si lascia andare ad una serie indicibile di giudizi, opinioni e divagazioni sulla letteratura in senso lato, sulla narrazione e i suoi riferimenti d'autore.

Non si ferma tutto qui, come è ovvio: ai dubbi letterari vanno a sommarsi quelli sentimentali, snocciolati in altre lettere a Emilio e allo stesso Roberto, dove emergono le prime incompatibilità tra i due, le divergenti abitudini anche solo mondane e amicali. Il romanzo stesso sembra domandare quale sia la via più adatta all'amore, a questo amore, negli anni cinquanta.

Altrettanti quesiti (forse non meno letterari, se è lecito) potranno nascere dallo stesso lettore: dove stiamo andando a parare con questo libro?

In primo luogo dobbiamo tener conto della già citata falsa casualità che guida la narrazione: tra i primi esempi che vengono alla mente vi è proprio la data dell'incontro, quel 10 dicembre 1953 in cui Maria Callas ("upupa leggendaria", "vergine furibonda e scapigliata") riesumò a La Scala una Medea formidabile, ma anche tutti i riferimenti letterari che lo stesso Arbasino pone con le citazioni a piè di pagina, che vanno da Foscolo a Manzoni, passando per Stendhal, Baudelaire...

Senza dimenticare i riferimenti impliciti (e, per così dire, non esplicitati in citazioni varie) a Gadda, Parini - altro illustre anonimo lombardo - e via discorrendo.

Tutto, davvero tutto trova una sua collocazione ben precisa in una narrazione che procede tanto sicura quanto sembra non decidersi totalmente, in uno stile che non aderisce completamente a nessuna corrente predefinita.

Un amore (e che brutto ancora oggi constatarlo e parlarne) non convenzionale, una prosa complicata e a tratti nebulosa, una costellazione letteraria infinita a cui doversi riferire, balzi cronologici da seguire passo passo senza perderne uno che sia uno, uno stile che riesce a "farsi stile" pur senza avere precedenti da citare né successori da ricordare: tutto questo fa de L'anonimo lombardo un romanzo difficile?

Può darsi, almeno caratterialmente, ma la sua lettura ci consegna la soddisfazione che solo la convivenza coi caratteri difficili, per l'appunto, riesce a dare.

Per fare una chiusa: L'Anonimo lombardo mi verrebbe da definirlo globalmente uno straordinario romanzo sulle tentazioni.
Sulle tentazioni, sì, e sugli errori in cui fatalmente si può incorrere cedendo, scivolando, valutando in modo approssimativo o, come può accadere, indugiando senza prendere una decisione risolutiva: mai nulla di più analogo potrebbe esservi tra amore e letteratura.

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