Non sei solo: due adolescenti gay tra Vigo e rivoluzione sessuale

24 settembre 2006

Du er ikke alene ("Non sei solo") è uno di quei film che hanno goduto a lungo di un'aura vagamente leggendaria, non solo per ciò che ha rappresentato ma anche perché per anni è stato di difficile reperibilità.

Tra la fine degli anni Sessanta (basti pensare a Io sono curiosa di Vilgot Sjöman) e gli anni Settanta, che vedono un po' ovunque la faticosa conquista di una maggiore libertà espressiva, il cinema nordico, lontano dalle repressioni del cattolicesimo, aveva ripreso il ruolo di "avanguardia scabrosa" già assolto mezzo secolo prima, quando i suoi film titillavano gli spettatori che negli anni '10 abitavano in paesi avvezzi a più caste e pudiche rappresentazioni. Du er ikke alene ha portato il suo contributo affrontando un argomento raro e disagevole, l'amore precoce dell'adolescenza, e facendolo con una disponibilità e una libertà difficile da ritrovare anche negli anni successivi. Se l'amore tra adolescenti era argomento tabù, lo era tanto più il sesso tra adolescenti. Figuriamoci poi se si trattava di due maschietti. Nielsen riesce a raccontare tutto ciò con estrema delicatezza: i dialoghi sono tanto liberi quanto la rappresentazione, che non rifugge nemmeno il nudo, ma nonostante una certa insistenza non se ne ricava l'impressione di un calcolo premeditato, ma piuttosto quella di una spontaneità disarmante che disinnesca decenni di costruzioni artificiose intorno ai significati della sessualità, alle sue peccaminose ricadute morali, alle pretese di naturalità di una morale borghese alimentata dal desiderio di replicare le repressioni subite.


Il film si apre su una sequenza nella quale Bo, il protagonista quindicenne, si ritrova sulla spiaggia insieme a un compagno di scuola e accenna ad accarezzargli la schiena, ma si trattiene temendone la reazione. Ogni reticenza sarà progressivamente abbandonata grazie alle iniziative dello scaltro Kim, il figlio dodicenne del preside del collegio frequentato da Bo. Il loro rapporto assume così una valore più generale di rivolta contro tutto ciò che rappresentano gli adulti: è la rivolta di Kim contro il padre; è la rivolta di Bo contro le repressioni che lo hanno trattenuto con l'altro compagno; è la rivolta, più in generale, di entrambi contro l'istituzione scolastica, nel momento in cui si alleano ad altri compagni per difenderne uno espulso per aver tappezzato il bagno con pagine strappate da riviste pornografiche. Dopo una lunga serie di scambi di battute cariche di cauto desiderio, di abbracci e accoccolamenti, di intimità progressivamente conquistata tra giochi e passi più decisi verso la maturità, è il loro lungo e intenso bacio finale che chiude il film e riassume la rivolta (e il suo successo) facendo da oggetto centrale (forse anche onirico e puramente simbolico) del documentario sulla rivolta stessa girato da uno dei ragazzi e proiettato di fronte a tutti i professori (nonché all'ignaro preside e padre di Kim).


Nielsen fotografa così la clamorosa uscita dalla latenza dei suoi protagonisti, le loro prime curiosità e, con partecipata adesione, le prime soddisfazioni di quelle stesse curiosità. Tutti i ragazzini del collegio sembrano infatti alle prese con la loro pubertà, e Bo sorprende anche due compagni ad amoreggiare sotto la doccia, rassicurandoli poi di non trovare la cosa disdicevole.

A permettere tanta leggerezza è in fondo la struttura episodica del film (probabilmente memore di Zero in condotta di Jean Vigo) che, più che un racconto strutturato secondo le consuete logiche della progressione narrativa, sembra una sorta di ballata con variazioni su un tema fisso, vale a dire la conquista e la difesa della libertà personale tramite la rivendicazione della dignità delle proprie scelte in materia di amore e di sesso. La scelta di questa costruzione penalizza il dramma (gli scontri con la piccola banda locale e la stessa rivolta nella scuola non scalfiscono l'imperturbabile tranquillità dell'intreccio) e destituisce di effettiva credibilità i personaggi adulti, ma così facendo recupera in fondo quell'impressione di sogno a occhi aperti e quell'adozione simpatetica del punto di vista adolescenziale che era già propria di Vigo e che basta a riscattare una certa facilità del finale. Non è la credibilità che importa, ma la riuscita del sogno: i quattro ragazzini di Vigo si arrampicavano sul tetto e se ne andavano verso il cielo e verso la libertà, Bo e Kim coronano il loro amore.

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