Dopo due romanzi (entrambi per Mondadori, il primo, Il mondo senza di me, 2001, ha riscosso un buon successo di critica e pubblico, il secondo, Qualcuno ha mentito, uscito nel 2004, non ha conseguito il successo del precedente) Marco Mancassola si lancia in un esame lucido e spietato della cultura dance, dai primordi, fino agli inizi di questo secolo. Last love parade è soprattutto un viaggio attraverso un decennio, è la storia della propria crescita all’interno di un mondo irreale, una sorta di universo virtuale trasversale in cui vigono regole dure, anzi durissime, in cui i sentimenti sono spesso lacerati e non c’è speranza per chi soccombe: o dentro o fuori. È l’universo del popolo house, non quello commerciale del sabato sera che riempie le discoteche, piuttosto quello underground dei party selezionati, degli eventi sconsociuti ai più a base di musica e droga, che porta il nostro autore in giro per il mondo alla ricerca di sé stesso e di una propria immagine da guardare allo specchio. Last love parade ripercorre la storia della dance music, a partire dai primi vagiti della disco music anni ’70 fino ai rave party e alle stragi del sabato sera. La disco è stata, fin da principio, per gran parte prerogativa del popolo gay, che l’ha resa fenomeno di massa, l’ha sdoganata e l’ha condotta all’apice fino a quando, nei primi anni ’80, la “night fever” ha raggiunto il punto di saturazione, coincidente con l’inizio dell’AIDS. I grandi club neyorkesi chiudono, la popolazione che li frequentava si dimezza nel giro di pochi anni. Anche l’hip-hop e la house che prenderanno il sopravvento, prima di esplodere in tutto il mondo, sono un fenomeno d’elite in cui i gay, anticipatori da sempre delle nuove mode che poi passeranno agli etero, la fanno da padrone. Questa musica porta con sé però anche il bagaglio pesante delle droghe leggere, a partire dagli spinelli alle prime pasticche, via via fino all’ecstasy e alle nuove scoperte in ambito lisergico. Il rapporto del nostro autore con l’amico e compagno di viaggi Leo è sofferto, è un rapporto tormentato, in cui due mondi così vicini eppure così lontani, quasi agli antipodi, arrivano a fiorarsi senza mai potersi toccare. Dalle pagine del libro si percepisce un’omosessualità non del tutto accettata dell’autore e l’eterosessualità dell’amico del cuore (“curioso che fosse lui a trascinarti a serate gay skin, party per uomini coi più svariati feticismi…”). D’altra parte sorprendono non poco i molteplici rimandi al mondo gay in un libro che è solo in parte autobiografico e vuol’essere soprattutto (riuscendoci perfettamente) un’analisi attenta che è in grado di suscitare interesse da parte di chi, pur vivendo nella stessa epoca dell’autore, non ha provato sulla propria pelle le estremizzazioni delle notti celebrative questa musica; musica che grazie alle nuove tecnologie sarà possibile racchiudere in un piccolo CIP… “quando tutta la memoria del mondo sarà nel mio lettore, e tutta la musica, e sulla Terra non resterà che un bianco silenzio”.