Noi veggiam come quel che ha mala luce

14 maggio 2013

Circa mezzo secolo fa, quando questo romanzo di Witold Gombrowicz, fresco di stampa, fu tradotto in italiano, gli si dovette cambiare il titolo, con l'assenso dell'autore stesso, per evitare che le signorine timorate fossero trattenute per vergogna dal chiedere il volume al libraio; qualche anno dopo peraltro fu ristampato col titolo originale. In realtà, le signorine timorate si sarebbero create problemi per nulla: la pornografia qui non indica niente di convenzionalmente erotico. La manovra compiuta dal grande scrittore polacco è assai più sottile: chi guarda un'immagine pornografica tende a sostituirsi, per il tempo dello sguardo, ad uno dei soggetti ammirati; anche qui, il narratore (di nome Witold) e il suo amico Federico proiettano il loro desiderio per sostituzione su un ragazzo e una ragazza molto belli e giovani, spiandone i rapporti e da un certo momento in poi anche caldeggiandoli benché si tratti d'un flagrante adulterio, essendo la ragazza promessa sposa d'un altro, sotto i cui occhi, del resto, la tresca va prendendo piede. Il tutto nella Polonia occupata dai tedeschi durante la Seconda Guerra Mondiale, nella magione campagnola d'un signorotto amico del protagonista, ove peraltro dell'occupazione e della resistenza (cui appartengono tutti i personaggi principali della vicenda) l'eco che si avverte rimane sempre lontana e quasi priva di senso, nonostante che ad un certo punto, proprio in seno al movimento di resistenza, addirittura si vada preparando un assurdo e macchinoso omicidio. L'atmosfera, in realtà, è quella della vecchia Polonia pre-bellica, oggetto privilegiato della satira (ma anche dell'amore) dell'esule Gombrowicz. Al riguardo, fa un po' ridere la difesa d'ufficio condotta da Francesco M. Cataluccio nello scritto che accompagna l'edizione da me letta: se i reduci dell'Armia Krajowa restarono scandalizzati dalle fantasie di Gombrowicz, visto quel che avevano passato durante l'occupazione della loro patria, ne avevano ben donde; né credo che lo scrittore, in fondo, da parte loro si aspettasse reazioni diverse. In realtà, come sempre nel Nostro, il realismo dev'essere l'ultima preoccupazione: il mondo di Gombrowicz è sempre un mondo assurdo, in cui apparenti quisquilie si sovraccaricano di senso e i piani prospettici si presentano costantemente sfalsati e distorti; qui poi lo sguardo, capace di cogliere l'importanza del dettaglio, è anche quello che conduce alla rovina e alla perdizione l'uomo che guarda: non a caso è richiamato il mito di Diana e Atteone. Ma non direi che all'autore interessi soltanto creare un apologo sui pericoli dello sguardo, magari di quella pornografia dell'immagine, di quella sua invadenza, della prurigine di voler tutto conoscere e scandagliare con l'occhio, di quella folle bulimia della visione, che, a ragione o a sproposito, molti sociologi, teorici e critici delle arti visive lamentano ai nostri giorni. Il protagonista e l'amico sono (o quantomeno si sentono) due vecchi: ad ogni modo, non posseggono più né la bellezza, né la leggerezza né il fascino di chi è giovane; o forse nemmeno li hanno mai avuti. La pornografia dello sguardo è allora (come sempre nella pornografia) un vivere per mezzo d'altri: e se già turba il pensiero che questa fosse la sconsolata sensazione d'un Gombrowicz ormai anziano (curiosamente simile a certe idee manifestate dal pèreGoriot nell’omonimo romanzo di Balzac), tanto più infonde un brivido di disagio questa concezione disillusa se si deve applicare a quell'osservazione e metamorfosi della vita che è costituita dall'opera d'arte, la quale, perfino dove si presenti estrosa e deformante come qui, non cessa di essere appunto, in ultima istanza, una forma di sguardo sulle cose: forse privilegiato, certamente non superficiale, e certamente, nelle intenzioni dell'autore polacco, disturbante.
La prosa di Gombrowicz è come sempre sorniona e sinuosa, con improvvise accensioni beffarde o satiriche; rispetto ad altre opere dell'autore, a me sembra che però ci sia anche qualche lungaggine di troppo: certi passi ne risultano perciò meno godibili, anche se nel complesso si tratta, con ogni probabilità, di uno dei migliori romanzi del grande scrittore.
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Altre recensioni per Pornografia

titoloautorevotodata
PornografiaMauro Giori
18/12/2005

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nomeprofessioneautoreanni
Witold GombrowiczscrittoreMauro Giori1904 - 1969
autoretitologenereanno
Witold GombrowiczBacacayracconti1968
Witold GombrowiczDiariosaggio2004
Witold GombrowiczSeduzione, Laromanzo1962
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