Quando le donne (anche se lesbiche) si chiamavano Madonne

23 luglio 2013

Commedia sexy all’italiana appartenente al sotto-genere decamerotico, Quando le donne si chiamavano madonne è considerato insieme a Quel gran pezzo dell'Ubalda tutta nuda e tutta calda uno dei punti più “alti” del genere. Effettivamente rispetto ad altri film prodotti in questi anni l’opera si differenzia per una realizzazione tecnica un tantino più curata e un cast interessante.

Oltre all’immancabile Edwige Fenech al massimo del proprio splendore fisico e servita da una buona sceneggiatura, che le regala un personaggio sbarazzino e ironico, nel cast troviamo due grandissimi caratteristi: Vittorio Caprioli e Mario Carotenuto

Soprattutto Carotenuto, per motivi di copione senza gli spessi occhiali che di solito caratterizzavano il suo personaggio, ci regala un’interpretazione pimpante nella parte di un marito tirchio e rissoso che è forse l’unico che riesce a strappare almeno un paio di risate.

La trama del film è vagamente ispirata ai racconti del Boccaccio. Nella fattispecie seguiamo le avventure di Tazio, Ruberto e Gisippo, tre aitanti ragazzotti che, giunti a Prato per assistere al processo per adulterio a carico della bella Giulia (Edwige Fenech) e ospiti nella casa dello zio di uno dei tre (interpretato dal succitato Carotenuto), cercano di sedurre la sua procace figliola Peronella.

Man mano che la trama procede veniamo così a scoprire che Francesca, una delle amiche della bella Peronella, ha strane tendenze: la notte sogna di essere un uomo e di unirsi carnalmente con le proprie amiche: il personaggio viene così subito identificato come transessuale con tendenze lesbiche (la political correctness delle definizione nel mondo GLBTQ* era ancora da venire). Davanti a una tale stranezza i nostri giovani eroi non si perdono certo d’animo, anzi sono ancora più convinti che sia doveroso sedurre la pulzella, guarirla e riportarla alla normalità.

Il piano che escogitano per far ciò è tanto semplice quanto funzionale: uno di loro, Ruberto per la precisione, si travestirà da donna così da far leva sulle di lei tendenze saffiche. La scena di seduzione ha luogo durante una festa di carnevale così che sia Francesca che Ruberto risultano travestiti: lei da uomo e lui da donna.

Ovviamente Francesca non sa del travestimento di Ruberto e crede di sedurre una donna “vera” creando una stranissima scena che sembra anticipare il peggio di molte teorie queer che tanto di moda vanno al giorno d’oggi: Lucia-maschio cerca di convincere Ruberto-femmina che l’amore non c’entra con il sesso biologico e che se c’è una reciproca attrazione non bisogna fermarsi davanti alle differenze di genere biologico.

Questo è (con un paio di tagli) il dialogo con cui lei cerca di sedurre lui:

Francesca: Vorrei solo che tu mi amassi per come sono, non per come credi che io sia

Ruberto: Ti amerò comunque tu sia se tu mi amerai comunque io sono

Francesca: [Io sono] una donna e non mi vergogno di dirti che ti amo. Ho sempre sentito un grande affetto per le mie amiche, un’attrazione e oggi mi sono decisa con te per la prima volta, perché ho provato la stessa sensazione però più viva […] Non hai forse provato piacere a baciarmi e ad essere baciata da me? […] Ti ho sentito fremere fra le mie braccia come io fra le tue?

Ruberto: E’ vero ma ancora non sapevo che eri una donna!

Francesca: L’amore non è conoscenza. E’ sentimento. Basta sentirlo. Tu, mentre ti stringo ora, senti qualcosa per me?

Ruberto: Sì

Francesca: Allora non distruggere quello che si è creato, anche se gli altri dicono che è contro natura

Ruberto: Non è contro natura

Francesca: Allora sei d’accordo anche tu!

Ruberto: No. E’ che questa cosa che abbiamo provato segue la natura perché io sono un uomo

[…]

Francesca: Eppure ci siamo abbracciati e baciati

Ruberto: E abbiamo provato piacere

Francesca: Come è possibile?

Ruberto: L’amore non è conoscenza. E’ sentimento. Lo hai detto tu e questo vuol dire che siamo normali.

Segue l’immancabile copula dopo di che i due si scambiano queste significative battute:

Francesca: Sono una vera donna, amore?

Ruberto: Ora sì, sei una vera donna!

Francesca: Grazie amore!

L’amore (o meglio il sesso) salvifico ha corretto la povera lesbica diventata finalmente una donna vera. Alla fine Francesca aveva ragione: “l’amore non è conoscenza. E’ sentimento”. Meglio ovviamente se il sentimento è di tipo eterosessuale. Come spesso capita nei film di questo genere la lesbica viene guarita dal maschio eterosessuale rinforzando il preconcetto che il lesbismo altro non è che la conseguenza di un amore eterosessuale non corrisposto o non ancora trovato.

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