Tutta colpa di Tondelli

16 agosto 2013

Il libro è scritto in modo pungente (anche se con un umorismo acido a volte un po’ compiaciuto) e, anche per il tema che tratta, invoglia a procedere nella lettura: infatti l'ho finito in due sere. Tutta la vicenda che Pezzoli narra ispira però perplessità e sconcerto. L'editore Massimo Canalini, al quale il (non più giovanissimo) aspirante scrittore Pezzoli è dirottato da una editor ormai stufa di lui, dopo decine di rifiuti dei manoscritti da parte delle case editrici, è descritto come un pazzo furioso pieno di manie e stranezze, ma soprattutto fissato con la riscrittura dei racconti dei giovani narratori che segue, operazione, quest'ultima, che si concreterebbe nel totale stravolgimento d'essi per la continua sostituzione della prosa originale con le bizzarrie che saltano in mente di volta in volta all'editore anconetano, a volte facezie o trovate sue, a volte sue fissazioni intellettuali su Heidegger o Girard, a volte plagi di vecchissimi gialli scovati chi sa dove: a dir di Pezzoli, dunque, i racconti di molti giovani scrittori lanciati da Canalini sarebbero ciascuno frutto d'un rimescolamento di roba scritta da diverse persone, in primis Canalini stesso.
Nelle ultime pagine del libro, poco prima di andarsene dalla gabbia di matti, Pezzoli fa anche tempo ad assistere alle prime fasi del tentativo di costruire un'immagine di "Tondelli eterosessuale" da parte di Canalini & co., che poi è proseguita con la pubblicazione di vari libri in tema, il cui successo editoriale non sembra essere stato quello augurato dai promotori dell'impresa: l'eterosessualità di Tondelli, dapprima data per certa in base alle rivelazioni d'una sua "fidanzatina" del periodo dell'adolescenza (!), s'è poi colorata d'aure intellettuali mercè la bizzarra ricostruzione d'una figura di Tondelli eterosessuale che si sarebbe finto gay per prendere su di sé il disprezzo del mondo, incarnando così nella letteratura la figura del capro espiatorio teorizzata da René Girard; e su questa, che definisco senza esitazioni una ridicola balordaggine, offensiva della memoria di Tondelli, ho già scritto nel recensire qui su Anobii il libro di Canalini e Andrea Demarchi "Pier Vittorio Tondelli. Un ritratto a memoria".
Le mie perplessità nascono non tanto dal fatto che l'industria culturale, per bocca di critici e giornalisti addetti ai lavori, possa aver dato credito per anni al Canalini ritratto da Pezzoli (ove, semmai, sarebbe strano il meravigliarsene), quanto dal contrasto fra il metodo editoriale che Pezzoli rappresenta e i risultati dei quali ho conoscenza diretta: non mi pare concepibile che scrittori che appaiono dotati realmente d'uno stile personale, come la Ballestra, Brizzi, Demarchi e Bugaro siano passati a loro volta per il tritacarne degli editing di Canalini quali Pezzoli li descrive, e siano rimasti succubi d’un personaggio simile anche dopo aver intrapreso una carriere letteraria autonoma; è pur vero, d'altra parte, che all'operazione "Tondelli capro espiatorio" almeno Andrea Demarchi s'è prestato sul serio, e che tale operazione, pur risoltasi in un buco nell'acqua, è stata davvero messa in piedi. E come mai Pezzoli si prestò per anni a farsi tiranneggiare da un editor/editore tragicomico anche quando con ogni evidenza la possibilità di pubblicare qualcosa che fosse davvero suo era sfumata? Torno a dire: questo libro sconcerta e lascia perplessi.
Termino osservando che qualche giudizio acidulo su Tondelli non va molto a onore di Pezzoli: ma dopo anni passati tra i cultori di San Tondelli, non c'è da meravigliarsi che perfino il nome dello scrittore di Correggio gli sia venuto in uggia; anche se poi, a sentir lui, anche Canalini alternava la venerazione col dileggio. Sunt lacrimae rerum.
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