You can best believe that, he's a macho man ready to get down with anyone he can

7 ottobre 2013

Dopo gli alti e i bassi di Rolando del Fico, Sukia e Batty e Gay, la Edifumetto ci riprova e sforna in edicola una nuova serie con protagonista gay. Ma questa volta non si tratta del solito effeminato più o meno stereotipato: Macho è infatti un muscoloso scaricatore di porto olandese, leather, motociclista e frequentatore dei bassifondi. Le sue avventure sono cariche di violenza (sadomasochismo e stupri si sprecano), ma Macho è anche un militante sui generis: nel quinto episodio (Uccelli da rogo) sconfigge una banda di gay bashers e al termine si autoproclama difensore di tutti gli omosessuali d’Olanda. In realtà li lascia presto orfani, trasferendosi a New York per farsi assumere in una caserma di pompieri (gay). Poi si sposta a Hollywood per fare da controfigura a un attore western (gay) e quindi a Los Angeles, dove si presta a battere i marciapiedi (Un homo da marciapiede e Metti una sega a cena) solo per vendicare un disgraziato il quale, per potersi permettere un pacemaker, ha dovuto prostituirsi per una banda di magnaccia. Anche in America, dunque, Macho non smette di essere un manesco giustiziere e un arrapato raddrizzatore di torti, cioè un perfetto esemplare dell’eroe nero tradizionale adattato alle esigenze del fumetto pornografico.

Bello e superdotato, Macho è in effetti concupito da tutti (ermafroditi e trans inclusi). E da tutte. Tombeur de femmes però Macho lo è suo malgrado («Il tuo solo difetto è di attirare le ragazze come il miele le mosche», dice in un episodio al proprio pene), tanto da concedersi alle fanciulle conturbate dai suoi muscoli solo qualora abbia un debito da ripagare (altrimenti può reagire anche molto male). Inoltre in questi casi mette sempre in chiaro di essere gay e si limita religiosamente a sodomizzare. Ovviamente si tratta di un facile pretesto per accontentare anche il maggioritario pubblico eterosessuale: «Il più bel misto di gay e di figone», recitava lo slogan, sgraziato quant’altri mai, mentre le copertine (come di consueto) promettevano donne discinte in quantità decisamente superiori all’effettivo contenuto del fumetto, che rimane pur sempre a dominante omosessuale (tanto che nella Spagna della movida venne tradotto con un titolo molto più esplicito: SuperGays; in Francia ne venne invece fatta circolare un'edizione abbondantemente censurata).

L’orientamento sessuale del personaggio è incontrovertibilmente riaffermato con pieno orgoglio in ogni avventura. Nell’ottavo episodio (Il tempo delle pere), il nostro eroe pensa addirittura di instaurare un rapporto duraturo con un ragazzino che ha salvato da due malviventi, mentre nel decimo (L’homo lupo) si accasa per l’intera avventura con un piacente giovanotto, aiutandolo nella sua attività di produttore di formaggi dalla forma equivoca. Nell’attesa che si rifaccia vivo il licantropo superdotato già colpevole di aver assalito e violentato il ragazzo, Macho offre la prova del nove della propria omosessualità spregiando con indifferenza la più inveterata e infallibile delle fantasie della pornografia eterosessuale, di cui prevedibilmente anche questo genere di fumetti ridonda: quando sopraggiungono due formose ragazze che fingono di essere lesbiche per eccitare i due, compreso il loro scopo Macho le ricambia facendosi trovare con il suo compagno in medias res.

L’eroe di questa serie rappresenta la promozione – al livello della cultura popolare italiana – di un nuovo stereotipo, in ritardo di almeno quindici anni sulla cultura omosessuale, che del resto viene saccheggiata fino al plagio vero e proprio: nel sesto episodio (Coraggio, fatti inculare!), ad esempio, l’intera vicenda della stazione di servizio è ricalcata, vignetta dopo vignetta, sul dodicesimo episodio (Service Station) delle avventure di Kake disegnate da Tom of Finland dodici anni prima. Inoltre, se molti attori hanno finito col dare involontariamente il volto a eroi del pornofumetto italiano, con Macho è la volta di Peter Berlin, modello e pornodivo olandese che era divenuto un’icona dell’erotismo gay nella San Francisco del decennio precedente. Infine, identificando i leather con rapaci seduttori indissociabili da teppismo e sadismo di gruppo (il motociclista di solito fa branco anche nei fumetti: si vedano ad esempio l’episodio Api assassine di Sukia e quello Contro una sadica banda di finocchi motociclisti di Poliziotta Super), questo immaginario nella sua versione più ansiogena si prestava perfettamente al fumetto pornografico italiano, che non chiedeva di meglio di un pretesto privo di inibizioni intorno a cui ricamare nuovi eccessi.

Avendo atteso che lo stereotipo del clone leather ipervirile fosse abbastanza noto e diffuso anche da noi, grazie soprattutto al cinema (Cruising è di pochi anni precedente), gli autori si ritrovano dunque con un serbatoio già ricco cui attingere per rinverdire il loro immaginario più o meno squinternato e volgarotto (testi e disegni di questa serie sono innegabilmente più sbrigativi della media). Il fatto che Macho sia violento e rozzo può disturbare e sembrare solo un modo per riflettere, e magari rilanciare, un’ansia sociale indubbiamente coagulata in quegli anni intorno al clone. Ma sono aspetti da valutare nel contesto del genere e a fronte del modo in cui gli omosessuali vi sono sempre stati rappresentati sino a quel momento. Non si può allora negare che Macho promuove l’omosessuale al livello più alto cui gli eroi del fumetto porno italiano possano aspirare, senza più bisogno di fare solo da spalla. Si tratta infatti quasi sempre (serie comiche escluse) di eroi neri dai risvolti certo potenzialmente inquietanti, ma in realtà veicoli perlopiù ingenui di fantasie goderecce spesso triviali anche nei loro aspetti più cruenti. Così Macho può finire con un candelotto di dinamite infilato proprio lì e ripagare, una volta salvatosi, con un fisting, ma solo per raddoppiare una fantasia in fondo ludica cui il disegno permette di essere senza freni. La vera novità non risiede in queste rappresentazioni (i fumetti pornografici avevano già mostrato di tutto, e anche di molto peggio) bensì proprio nel tentativo di proporre un’immagine radicalmente diversa dell’omosessuale, tutt’altro che negativa. E se ombre e ambiguità ideologiche possono essere scorte nella figura del gay che fa proprio il machismo che ha ossessionato il patriarcato, questo non si deve alle specifiche forme in cui è concepito e rappresentato in questo fumetto, ma alla stessa natura e storia di questa figura.

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