Five Dances

19 novembre 2013

Non c’è niente di peggio di un film fatto con due soldi che non sappia rinunciare ad ambizioni per realizzare le quali ci vorrebbe un budget milionario. È questo un difetto che Five Dances sa evitare egregiamente. Girato con soli cinque attori e quasi integralmente in una stanza (la sala dove si svolgono le prove per uno spettacolo di danza), è un piccolo film discretamente scritto e ben recitato, come si conviene per costruire adeguatamente, sia pure con poche battute, personaggi sufficientemente complessi da far percepire che hanno un passato, di cui non è necessario sapere tutto, e un futuro, che non serve immaginare perché il presente è abbastanza interessante in sé. E la sala da ballo non è solo uno spazio in cui muovere i corpi e interagire, ma è anche un luogo dove ciascuno porta le sue solitudini e le sue frustrazioni.

Fra gli altri vi sono Chip e Theo. Il primo viene dalla provincia e ha alle spalle la separazione dei genitori, una madre opprimente e, presumibilmente, un’educazione conservatrice: dalle telefonate si evince che la donna sa tutto del figlio ed è all’origine delle sue inibizioni. Il secondo è più disinvolto, ed è infatti lui a fare la prima mossa. Respinto con una certa violenza, ricalibra i suoi approcci con misurate gentilezze: la strategia ripaga e i due ballerini si innamorano come succede solo nelle favole.

Il filo gay dell’intreccio è in effetti un po’ facilone, sia per la rapidità con cui Chip supera senza scorie tutti i suoi problemi che sembravano insormontabili (sino al punto di invitare il novello fidanzato a incontrare sua madre), sia per il modo in cui Theo, a lungo indifferente, sembra improvvisamente scoprirsi perdutamente innamorato del collega, sia infine per l’oceano di miele in cui i due sembrano destinati a finire i loro giorni. Sarà forse per l’impressione di armonia che emana dal lungo lavoro sul corpo fatto dal regista (che usa la danza per esprimere la ricerca di uno stato di piena sintonia tra emotività e fisicità, come fosse uno strumento capace di limare ogni attrito e permettere di sublimare ogni dramma), ma Five Dances riesce a rendere accettabile anche il percorso fiabesco di questi Romeo e Giulietta maschi cui è risparmiata la morte. E chi può negare di aver bisogno, un lustro sì e uno no, anche di racconti che sanno fare sembrare possibile un amore eterno, puro, disinteressato e pienamente equilibrato? Se su questo punto si è disposti a chiudere un occhio, si potrà apprezzare Five Dances per quello che è, un film sincero, romantico e sensuale, con una colonna sonora che più gay non si può, composta quasi interamente da brani di Scott Matthew, con in coda Mike Hadreas.

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