Tante vite

6 agosto 2007, "Pride", aprile 2007.

Tanta vite è il terzo libro di Rachid O. pubblicato in Italia e come i due precedenti, Cioccolata calda e Il bambino incantato, editi sempre da Playground rispettivamente nel 2005 e nel 2006, ci sorprende per la insolita grazia del suo sguardo sul mondo, per l'originalità dei temi e per la bellezza della sua scrittura.

Anche nei sei episodi che formano questo libro la materia è autobiografica e ritornano momenti di grande suggestione dell'infanzia e dell'adolescenza in Marocco, come il bellissimo ritratto di uno strano e misterioso "zio" e l'attrazione del piccolo Rachid per le sue "ginocchia muscolose".

Gli altri episodi che formano le tante vite dello scrittore ci rappresentano un Rachid giovane uomo, consapevole della propria omosessualità, che vive in Marocco, come in una coppia di fatto europea con un uomo molto più grande di lui, e che sperimenta a venti anni il suo incontro con l'Europa.

Il primo paese europeo che Rachid conosce è "la Svizzera" che non gli piace granché. Dall'aereo vede i paesaggi in modo chiarissimo, ben delineati, "come un plastico appena costruito" e una volta che l'aereo è atterrato non c'è nessuna differenza: "perfino per la strada mi sembrava di stare dentro un plastico". La storia con Vincent, l'uomo incontrato in Marocco che lo ha invitato a Sciaffusa nei pressi di Zurigo, non decolla, le esperienze svizzere non sono esaltanti, ma anche di un paese così freddo (per la neve a cui non è abituato e perché la gente cammina senza guardare in faccia nessuno) Rachid riesce a portare con sé ricordi piacevoli.

Più coinvolgente il viaggio in Francia, a Parigi, dove Rachid è affascinato dallo stile di vita da single che in Marocco non esiste e dalla vista di tanti gay, nelle lavanderie automatiche dove tutti leggono un libro o un giornale in attesa del loro bucato, nei bar o al "Palace", una grandissima discoteca gay dove l'immagine maschile gli sembra assumere proporzioni bizzarre con tutti quei ragazzi palestrati con pettorali che sembrano seni: "il banco di una macelleria".

Venendo in Europa, Rachid sa che dovrà confrontarsi anche con forme di razzismo e con i pregiudizi nei confronti degli arabi. Egli stesso, a furia di sentir parlare dei problemi che hanno gli arabi in Francia, ha interiorizzato la paura per i poliziotti francesi e cerca sempre di evitarli, Vincent gli dice di stare attento perché "la Svizzera" è un paese razzista, nel primo albergo dove alloggia a Parigi è coinvolto in un episodio di razzismo nei suoi confronti, e quando arriva a Mulhouse, in casa di un amico che ha conosciuto a Rabat, si deve confrontare con l'ostilità del figlio del suo ospite che detesta i marocchini.

Chi però volesse leggere in questi episodi una conferma delle analisi sociologiche sugli arabi in Europa e sul razzismo e i pregiudizi resterebbe deluso. Rachid non conferma mai il nostro orizzonte d'attesa e i suoi comportamenti mettono sempre in discussione quello che conosciamo o che crediamo di conoscere del mondo arabo. Così ci sorprende quando nella piccola città di Mulhouse lo vediamo, lui giovane arabo, chiedere ad un ragazzo francese dove può trovare "un bar omosessuale" e commentare poi con fierezza: "ho avuto il coraggio di dire una cosa del genere".

Anche le modalità con cui si confronta con il razzismo sono assolutamente diverse da quello che ci aspettiamo. Gli stereotipi e i pregiudizi esistono, ma è come se nella sua esperienza reale non funzionassero o funzionassero diversamente, perché lui li affronta in modo nuovo e personale. Ne prende atto e lo rattristano, ma non lo spingono allo scontro o al vittimismo né riescono a scalfire la sua disponibilità verso il mondo o a modificare il suo sguardo incantato e curioso, e spesso sono gli altri a doversi ricredere, come succede al figlio del suo ospite di Mulhouse che alla fine si scuserà per la sua ostilità preconcetta.

Le storie di Rachid sono spesso crudeli e dolorose, come quelle di razzismo più o meno strisciante di cui si è detto, o come quella di Luc, il giovane amico triste malato di Aids, o quella della madre di Alexis, che ha perso suo figlio in un tragico incidente e ora vuole parlare del suo dolore a Rachid che del figlio è stato l'amante, ma è come se ci fosse sempre una possibilità di lenire quel dolore e quella crudeltà. Anche il ritmo della narrazione, modellato sui racconti dell'oralità, sembra contribuire a mitigare quelle sofferenze e a farci guardare il mondo da un altro punto di vista.

Merita di essere segnalata la bella traduzione di Matteo Colombo che riesce a rendere in modo molto efficace la semplicità e insieme la complessità della lingua di Rachid.

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titoloautorevotodata
Il Marocco che non ti aspettiVari
23/12/2012

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