La famiglia Brandacci

11 luglio 2018

La famiglia Brandacci è una miniserie andata in onda nel 1987 su Italia 1 per la regia di Sergio Martino, che ne è anche sceneggiatore assieme a Giorgio Mariuzzo e Maria Perrone Capano. Le due puntate ricalcano, neanche troppo alla lontana, le vicissitudini di Spencer Tracy nel dittico di Vincente Minnelli Il padre della sposa e Papà diventa nonno, ma – nel dipingere il conflitto generazionale tra l'ottuso salumiere Silvio Spaccesi e i suoi figli inconsistenti e modaioli – Martino cita anche se stesso... infatti Spaccesi è una riedizione in chiave maceratese del personaggio interpretato da Lino Banfi ne Il pelo della disgrazia, leggendario primo episodio di Occhio, malocchio, prezzemolo e finocchio (1983): stesso isterismo, stessa scalogna e stesso impotente senso di smarrimento di fronte a figli (e relativi generi) strampalati e incomprensibili.

Anche se Martino non si è rammollito nel passaggio alla regia televisiva e conserva il suo abituale senso del ritmo, la miniserie non è precisamente elettrizzante, un po' perché le situazioni sono ripetitive, ma soprattutto perché il Sor Brandacci – a dispetto dell'irreprensibile caratterizzazione di Spaccesi – è veramente fastidioso come “uomo senza qualità”, compiaciuto com'è della sua ignoranza e della sua grettezza; le sue continue arrabbiature non hanno per giunta la stessa lavica potenza delle eruzioni banfiche, capaci di ravvivare anche le situazioni più routinarie. Ad ogni modo la miniserie vanta un cast ricco e appetitoso, in cui si segnala soprattutto il settore femminile, per merito della simpaticissima Annabella Schiavone, nei panni della moglie napoletana di Brandacci, e delle inarrivabili signore snob Gisella Sofio e Giuliana Calandra.

In questa sede però è più interessante rilevare la presenza, nel secondo episodio, del gay ufficiale del cinema italiano, Franco Caracciolo, ben utilizzato da Martino anche ne L'allenatore nel pallone in un ruolo abbastanza simile: quello di un altezzoso e indisponente cronista sportivo che fa le pulci allo jellato allenatore Lino Banfi. Ne La famiglia Brandacci Caracciolo (con un insolito taglio di capelli corto che lo invecchia di vent'anni) è invece è l'aristocratico Oliviero, un maestro di bon-ton, cresciuto alla scuola di Lina Sotis, che bacchetta Spaccesi per il plebeo utilizzo degli stuzzicadenti e che esplicita le proprie tendenze omosessuali facendo complimenti al suo scapestrato figlio maschio, vittima consenziente delle più imbarazzanti mode degli anni Ottanta.

Sempre nello stesso episodio, è degna di nota – nel suo benevolo semplicismo – la descrizione socio-psicologica che gli autori danno dei consuoceri di Spaccesi (Loredana Martinez e Tito Vittori), due ex-sessantottini un po' saccenti, carichi tanto di ideali quanto di idiosincrasie culinarie. In particolare merita attenzione la filippica (attualissima, nella sua comprensibile e – per i tempi – scusabile confusione tra identità di genere e orientamento sessuale) fatta dai due per dissuadere Spaccesi e la Schiavone dal far effettuare l'ecografia alla figlia incinta:

Lui: Ma è di destra voler sapere il sesso del nascituro! […] Non mi direte che volete saperlo per decidere prima se comprare i vestitini rosa o celeste?!

Annabella Schiavone ammette candidamente che è proprio così.

Lei: Per rovinargli tutta la vita!

Lui: Per attribuirgli uno status sessuale! Maschio = azzurro = forte = aggressivo.

Lei: Femminuccia = rosa = docile = sottomessa.

Lui: Ma non capite che è condizionamento? Sarebbe costrett* a seguire il genere che gli è stato imposto.

Lei: E se invece dentro di sé sentisse battere l'anima di un gay?

E qui Silvio Spaccesi, infanticida in nuce, non resiste alla tentazione di buttar tutto in caciara: «Prima del battesimo, con calma, lo strozzo».


PS: sempre nel reparto “panico gender” ante litteram, in una sequenza della seconda puntata Spaccesi ingerisce involontariamente delle pillole anticoncezionali, e si convince che gli ormoni da esse contenuti (?) stiano minando la sua virilità...

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