Pappa e ciccia

7 novembre 2018

Pappa e ciccia è praticamente una cena a base di avanzi: la maggior parte delle vivande si è indurita e la monotonia rende la deglutizione più fastidiosa; certi sapori comunque si sono conservati e regalano qualche sprazzo di piacere. Nel primo tempo di questo movie-movie poco entusiasmante, il prode Lino Banfi è catapultato in una risaputa situazione in stile Signora per un giorno, ma – visto che Neri Parenti e Frank Capra non hanno niente in comune se non la professione – l'episodio sopravvive solo grazie ai salti mortali del bravo protagonista, che tiene il ritmo percuotendosi la spaziosissima fronte a ogni piè sospinto. Nel secondo tempo, Paolo Villaggio si mette a disposizione dell'ennesimo spin-off fantozziano, dando concretezza visiva (anche se in maniera non troppo ispirata) a una delle scene precedentemente inutilizzate più divertenti della saga libresca del tragico ragioniere da lui stesso creato, vale a dire l'epopea del volo low-cost in cui il pilota viene risucchiato da una falla nel pavimento dell'aereo. Il resto dell'episodio – ambientato in uno dei villaggi vacanze lager a cui Villaggio ci ha abituato – vive di bieco riciclaggio, con Pippo Santonastaso che fa da supplente al più brillante Gigi “Filini” Reder.

Nel contesto di questa amministrazione decisamente ordinaria si contano parecchie presenze omosessuali non meno ordinarie: nel primo episodio, Banfi è alle dipendenze, in qualità di muratore, di un ricchissimo agente di borsa svizzero, interpretato da un amabile caratterista francese al limite del rachitismo, lo sparuto Jacques Herlin, soprannominato tendenziosamente “Frocelein Schmidt” dal suo subordinato canosino. Le abitudini di Herr Schmidt vengono narrate con dovizia di particolari dalla voce fuori campo di Banfi e scopriamo che il facoltoso elvetico – per distendere i nervi prima, dopo e durante le estenuanti compravendite telefoniche – si fa massaggiare da un assistente di colore (forse caraibico), il quale di tanto in tanto gli sussurra maliziose allusioni, mentre transazioni miliardari corrono da un capo all'altro del telefono. E poiché l'ufficio di collocamento della lobby gay non dorme mai, anche l'azzimato segretario di Herr Schmidt (John-Emmanuel Gartmann) risulta a sua volta piuttosto “particolare”. Insomma, l'omosessualità, in questo contesto barzellettiero, va annoverata – banalmente – tra gli optional riservati ai più abbienti.

Infatti, quando Banfi, a fine episodio, scalza il proprio datore di lavoro diventando suo signore e padrone grazie a una fortunata speculazione, afferma di aver assimilato tutti i vizi e i vizietti propri dei ricchi... «tutti, meno uno», si premura di precisare, mentre la macchina da presa amplia la prospettiva, mostrando che le mani nere che percuotono le vertebre di Banfi appartengono a una voluttuosa ragazza di provenienza esotica.

Nel secondo episodio, incontriamo invece un omosessuale piccolo piccolo: il capomastro in un villaggio vacanze, il quale si segnala, per qualche secondo, per la voce melata e femminea; costui sarà responsabile di una nuova esperienza di pre-morte dello pseudo-Fantozzi. Più tardi la voce narrante dello stesso Paolo Villaggio ci informa – senza aggiungere altre informazioni – che, tra le molteplici vittime delle attività ricreative del villaggio vacanze, si annovera anche un geometra di quarantanove anni che lascia un “fidanzato inconsolabile”. Una prece.

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