Alfabeto degli amici - Ricordi gay e non di Nico Naldini

22 settembre 2008

Questo libro è nato grazie a Nicola de Cilia, che ha pazientemente raccolto e trascritto articoli di Nico Naldini apparsi su giornali e riviste e opuscoli d'occasione.

I brani selezionati sono tutti bozzetti biografici di personaggi conosciuti o incontrati da Naldini nel corso della sua attività di curatore editoriale, giornalista, e scrittore in proprio.

Nonché (ma questo aspetto è dato per noto, e chi ci capisce capisca e chi non capisca si arrangi) di persona che condividendo gli stessi gusti sessuali ha frequentato anche al di fuori dell'ambito lavorativo personaggi del calibro di Pierpaolo Pasolini (che era suo cugino), Sandro Penna, Giovanni Comisso ed altri ancora.

Naldini, che è nato nel 1929, pur non avendo mai nascosto la sua preferenza sessuale per i giovani maschi virili, ha non sorprendentemente gravi problemi nell'accettare la definizione di "omosessuale", e peggio ancora quella di "gay", come chiarisce oltre ogni dubbio nel capitolo intitolato "Omosessualità termine barbaro, gay termine criminale" (p. 135-140), con una scelta di aggettivi che fin dal titolo mostra il suo maggior disagio verso i gay militanti che verso la società omofoba. Figuriamoci quindi come reagirebbe se si definisse "scrittore gay" lui qualcuno dei suoi amici scrittori gay.

Eppure, nonostante questo, a modo suo Naldini è stato aperto e coraggioso nello sfidare la società, rivendicando anche in un'epoca in cui non era facile farlo il diritto d essere quel che era, tanto che in questo capitolo afferma (p. 136) che:

"Se invece di tentare spiegazioni che si sono rivelate contraddittorie o di formulare minacce sociali o di predire castighi divini, ci accontentassimo di lasciare questo fenomeno alla sua incomprensibile natura, forse ci sarebbe un guadagno per tutti".

Posizione questa che nel 1954 era senz'altro la punta di diamante della militanza gay... anche se lo è un po' meno nel 2004.

Naldini nel suo "oscurantismo" è insomma sincero: è una persona d'altri tempi rimasta affettivamente incapsulata in un tempo e in un modo di vivere l'omosessualità che in Italia, semplicemente, non esiste più.

Tanto da spingerlo a cercarla in paesi come quelli del Maghreb, dove la sopravvivenza di modi di vivere l'omosessualità che in Italia non esistono più lo fanno sentire molto più "a casa" e a suo agio che chez nous.

Naldini è in compenso un osservatore spassionato e a un narratore tratti perfino ciarliero (e non senza profitto per il lettore, al quale chiarisce per la prima volta fatti censurati dagli altri biografi, come - per fare giusto un esempio - il ruolo della tossicodipendenza da barbiturici nella repentina e prematura scomparsa di Sandro Penna) ma date queste premesse non stupisce che le allusioni all'omosessualità siano estremamente, e talvolta anche eccessivamente, discrete.


Chi conosce i codici dei decenni passati capirà immediatamente cosa si nasconde dietro questi "amici", e poi autisti, modelli, fattori, segretari, tuttofare degli scrittori gay che sono compresi in questa raccolta.

A beneficio dei più giovani, che potrebbero avere poco allenamento in tale gioco, ecco le biografie in cui si accenna all'omosessualità, a volte in modo aperto e dichiarato, altre in modo più reticente:

28-29 ("Guido Bottegal, amico di Comisso");

33-35 (Bruce Chatwin, su cui si preoccupa d'informarci "Aborriva la parola gay. Non aveva tempo per la politica gay o per la comunità gay" - il che (aggiungo io) non gli ha impedito di morire di Aids come un qualsiasi gay);

36-38 (Piotr Il'ic Ciakovskij, esplicito);

41-47 ("Arriva Comisso!");

50-63 (Filippo de Pisis, esplicito);

76-78 ("Gigetto Figallo: il citaredo-autista di Comisso", dove il non detto supera il detto);

79-81 (Carlo Emilio Gadda, piuttosto reticente);

90 e 122 (Ninetto Davoli, e qui si dà per noto, o lo si lascia all'intùito, cosa fosse Davoli per Pasolini);

95-97 (Konstantinos Kavafis, della cui omosessualità qui si parla invece senza problemi);

127 (Napoli e Capri);

135-140 (il già citato "Omosessualità termine barbaro, gay termine criminale", che inizia esecrando la mania ghettizzante di voler "arruolare" chiunque, volente o nolente, nelle file dei gay, e che finisce poi, con un'incoerenza sfacciata, stilando un elenco di celebrità non-omosessuali e non-gay che però amavano gli uomini... Della serie: se lo faccio io è audace, se lo fanno altri è volgare e ghettizzante).

Proseguendo:

pp. 173-180 (Sandro Penna, descritto senza agiografismi, nella sua realtà umana finalmente non idealizzata);

pp. 191-194 ("Rashid, ragazzo marocchino", su un giovane che andava a "dormire" tutte le notti a casa di Naldini);

212-215 (Stephen Spender, di cui è tratteggiato il rapporto con Christopher Isherwood e coi loro rispettivi amanti berlinesi);

p. 231 Antonio Zeni (un gay vicentino confinato dal fascismo, ispiratore de Il ragazzo morto e le comete di Goffredo Parise).

Molti ritratti sono nati palesemente come recensione in occasione della pubblicazione o ripubblicazione di un libro, ma la raccolta di articoli è stata poi sottoposta ad una riscrittura che vi ha aggiunto o accentuato l'aspetto biografico, dando all'insieme una sufficiente uniformità, sia pure al costo di alcuni improvvisi e bruschi cambi d'argomento.

Nel complesso il libro è interessante, in quanto ritratto di una generazione, anche per la parte che non riguarda la cultura gay: Naldini è infatti una miniera di aneddoti e riesce ad aggiungerne ancora qualcuno a quelli già raccontati in passato sugli stessi personaggi.

Rispetto ad altre opere biografiche dello stesso autore, questo libro a volte risulta più esplicito, a volte più reticente, evidentemente adattandosi al contesto a cui era destinato volta per volta lo scritto originale.

In ogni caso, una lettura preziosa, e di gradevolissima lettura, ben "raccontata", senza mai pedanterie accademiche.

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