Ladra: la vertigine della somiglianza, l’attrazione della differenza.

25 ottobre 2010

Un tacco a spillo ed una star bisessuale, mutande adidas su addominali torniti e la messinscena scopo-audience di due ninfette, bebè programmati con scientificità e fiche elettroniche:... rovistando nel colorato beauty-case del lesbismo del nuovo millennio si può trovare di tutto ma se si vuole ogni tanto evitare di riciclare plastica non c'è niente di meglio che cadere nel mondo selvaggiamente onirico di Sarah Waters, colei che avvalora la teoria che in Inghilterra la doppia W indichi scrittrici sublimi (...e anche Wilde beninteso).

Ivi (scusate ma almeno c'è una V) troviamo una serie di romanzi che parte da Tipping the Velvet (1998), passando per Affinity (1999) e Fingersmith (2002) per arrivare a The Night Watch (2006), attraverso i quali si compie la rilettura lesbica di oltre un secolo di storia/storie inglese/i, con uno stile che non richiude affatto Waters in un genere ma che anzi la esporta al mondo.

In Fingersmith ("Ladra") la potenza evocativa della Waters ci fa rileggere da protagoniste ciò che già avevamo digerito da infanti con Oliver Twist...chi ricorda il sapore del burro rancido od il tanfo di carbone che gli inglesi non mancano mai di celebrare nei loro ricordi dei tempi che furono?

L' accurata ma non oppressiva ricostruzione dello scenario, unita ad una trama avvincente, ha portato la rilettura della storia con occhi lesbici, come per Tipping the Velvet ed Affinity, direttamente sugli schermi tv del grande pubblico con la BBC.


"Ma se lo avessi fatto, avrebbe scoperto che razza di farabutta ero", come nei più classici tormentoni, è il non detto che genera silenziose valanghe. Non è semplice definire la visione e gli occhi di una scrittrice così, una persona fisicamente di una chiarezza e mitezza disarmanti, che come narratrice appare scura e spietata. In Fingersmith, con tratti d'acquerello, ingenera nelle lettrici e nei lettori uno smarrimento emotivo che porta a seguire con ansia l'evoluzione delle due protagoniste, Maud e Sue, attraverso la loro storia di ingannate e ingannatrici... grazie al racconto riusciamo a capirle tanto bene da giungere a perdonare loro ogni errore, dovuto del resto al loro ruolo storico di donne non autonome, ed anche qualche risvolto splatter.


Fingersmith si chiude infatti con il compirsi di un delitto, che ai lettori parrà necessario col suo dissanguamento, e di una risoluta impiccagione, che ci parrà sufficiente. Necessari e sufficienti alla liberazione di due ragazze innamorate, vittime della loro epoca. Un'epoca in cui nessuna donna poteva aspirare all'autonomia, soprattutto se scippata dell'ingente patrimonio del quale una madre troppo avida vuole privare le due, eleggendole sua proprietà. Una "madre cattiva che gioca con le bambole", una donna che solo le più colte ed evangeliche lettrici giustificheranno quale vittima essa stessa della sua cultura: la vera unica ladra del romanzo, la signora Sucksby che tutte detesteremo e la cui figura di madre disamorevole e/o ossessiva ci ricaccia nella psicanalisi.


Una madre impersonata nella riduzione a telefilm da Imelda Staunton, interprete in seguito (ma qui è quel che c'interessa) della gelida signorina "sempre in rosa" Dolores Umbridge, l'istitutrice di Harry Potter, una dalla quale nessuna Mary Poppins potrebbe salvarci.
"E così vedete che è l'amore, non il disdegno, non la cattiveria, soltanto l'amore che alla fine m'induce a farle del male" ma in questo caso non è la subdola Sucksby che parla ma Maud, che spiega la sua trasformazione in carnefice dell'amata, Maud è "colei che scrive", e che non si toglierà fino alla fine i guanti che sempre porta, anche fuori dallo scrittoio, simboleggianti la protezione non solo dall'inchiostro ma anche dalle emozioni.


La riduzione filmica funziona per Fingersmith grazie alla trama avvincente ed alla scelta di due giovani attrici che inquietano per il loro fisico del ruolo. Ma ricordiamo che in una pagina del libro la parola scritta viene difesa quale unico vero strumento in grado di muovere la nostra immaginazione "Ma le parole, Hawtrey, le parole... Ci seducono al buio, e la mente le riveste e le rafforza a suo modo. Non lo credete, Rivers?".
Certo le immagini non possono renderci del tutto l'atmosfera gotica e l'humour sottile del presentare la vita di Maud alle prese coi testi licenziosi collezionati dallo zio; a questo proposito è Waters, in calce al libro, a ricordare di essersi ispirata sia a testi storici sulla detenzione e le esecuzioni capitali nell'Ottocento inglese, sia a cataloghi della letteratura erotica (Index librorum proibitorum del 1877, Catena librorun Tacendorum del 1855 e così via) che certo le hanno dato modo di elaborare quella cesura tra pornografia e mondo patriarcale versus sentimento amoroso lesbico che il libro descrive. Nella ridicolizzazione della pornografia e con la sua finale riabilitazione (con Maud che diviene per mestiere scrittrice erotica nella sua "stanza tutta per sé") e nella retorica chiusura, con Maud/la Scrittrice che insegna a leggere all'amata analfabeta parole a lei ispirate, si rivela lo spirito woolfiano della Waters e la sua stessa vocazione personale a narrare inventando scenari, come lei stessa direbbe con voce sospesa... per "the lesbian Desire".

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titoloautoredata
Sarah Waters e il romanzo storico lesbicoRosanna Fiocchetto06/04/2005
titoloanno
Fingersmith2005

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