Je t'aime moi non plus

21 agosto 2006

Quando uscì nelle sale, i «Cahiers du cinéma», allora nel pieno del loro trip comunista, lodarono il film perché portava alla luce il problema degli spazzini (specie di quelli immigrati), ma si lamentavano perché «la sodomia [...] avrebbe dovuto essere più criticata». Se la nota omofoba suona spontanea, c'è invece bisogno di un grande sforzo per riportare coi piedi per terra e trasformare in un dramma realista socialmente impegnato questo primo film del celebre musicista Serge Gainsbourg (ne sarebbero seguiti altri tre), che l'autore stesso andava promuovendo come un film iper-realista. Je t'aime moi non plus, insomma, non è un film sul problema degli spazzini immigrati più di quanto non sia un film sul problema delle bariste androgine.


In effetti Je t'aime moi non plus (gioco di parole che significa grosso modo "ti amo, io nemmeno") è un melodramma dai toni astratti, ambientato non si sa bene dove (nonostante l'ambiente omofobo sia descritto con claustrofobica credibilità) e incentrato sulla storia d'amore esasperata e impossibile tra un camionista omosessuale, Kras, e una giovane cameriera che ha tutta l'aria di un ragazzo, Johnny. La prima volta che la vede, di spalle, Kras crede proprio che si tratti di un ragazzo e avanza verso di lei con visibile interesse. Dopo la scoperta dell'errore, Kras si abbandona comunque all'attrazione per un corpo che non sa accettare, mentre Johnny accetta di essere amata come se fosse un ragazzo. E quando entrambi spingono troppo oltre i loro desideri non riuscendo a mantenere fede agli iniziali compromessi (lui desidera che lei sia un ragazzo, lei che Kras la ami per quello che è, cioè una ragazza) non si può produrre che l'inevitabile frattura. L'omofobia strisciante dell'ambiente desolato e retrogrado spinge infine Kras a tornare con Patrice, il suo compagno di origini italiane che l'amore porta a uscite folli e frustrate. Un melodramma a tutti gli effetti, con persino qualcosa di fassbinderiano, e non privo di qualche tocco di humour, per quanto un tantino nero.


Il film si giovò al tempo dell'aura di scandalo che le sue scene erotiche e l'uso disinibito del nudo avevano sollevato, che del resto si accompagnavano bene alla nomea che già circondava il Gainsbourg compositore. Basti ricordare che la canzone che dà il titolo al film, scritta nel 1969 e incisa prima da Brigitte Bardot e poi da Jane Birkin a suon di gemiti, era stata censurata in molti paesi, e persino bandita in Francia. In Italia il film poterono vederlo solo i maggiorenni.


In effetti non si tratta certo di un film adatto a tutti i gusti. Realista da un lato, simbolico dall'altro, naturale ed eccessivo allo stesso tempo, il film è affidato a un terzetto di giovani attori capaci di buoni momenti e disposti a mettersi letteralmente a nudo, ma nell'insieme non proprio memorabili. Per la parte di Kras, Gainsbourg avrebbe inizialmente voluto un attore di tutt'altro livello, Dirk Bogarde, ma tutto sommato quella di Dallesandro è stata una scelta opportuna, perché richiama alla mente le ultime esperienze dell'underground americano (i film di Morrissey) cui Je t'aime moi non plus è molto vicino, anche se in realtà Gainsbourg ebbe a disposizione un budget piuttosto alto, e si vede.


I motivi della colonna sonora (versioni strumentali di canzoni dello stesso Gainsbourg, tra cui appunto Je t'aime, moi non plus) possono riuscire meno invadenti a chi ricordi cosa avevano rappresentato per la cultura popolare francese (e non solo) di quegli anni.
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titoloautorevotodata
Je t'aime moi non plusVincenzo Patanè
12/06/2005

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autoretitologenereanno
Giuseppe (pseud.) BoiUominipoesia1991

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