Quando l'omo era delinquente

28 agosto 2006, Il Mattino di Napoli, 19 agosto 2006. Recensione di Roberto Carnero

All'omosessualità un tempo ci si riferiva con espressioni come «vizio innominabile», «turpe abominio», «tendenza da invertiti» e simili. Ogni emersione del fenomeno era destinata inevitabilmente a suscitare ampio scandalo. Nella seconda metà del XIX secolo, poi, allo stigma a cui la Chiesa sottoponeva gli omosessuali, si aggiunse quello della nuova scienza medica di matrice positivista. Se provare attrazione per le persone del proprio stesso sesso non era più considerato solo un peccato, ma anche una malattia, non è detto che si fosse poi così clementi verso i «malati». Insomma, tempi in cui - cent'anni prima dei gay pride - gli omosessuali non avevano molto di che sentirsi «orgogliosi». È proprio al secondo Ottocento che ci riporta la ricerca di uno studioso, Enrico Oliari, dal titolo L'omo delinquente. Scandali e delitti gay dall'Unità a Giolitti. Oliari ha raccolto nel suo libro una serie di casi che riempirono le aule dei tribunali e le pagine dei giornali nei primi decenni di vita di un'Italia da poco unificata. Proprio perché l'«oscarwildismo», come si diceva allora, era considerato qualcosa di disdicevole e di vergognoso, gli omosessuali finivano con il vivere la loro identità nell'oscurità e, spesso, all'insegna di un senso di colpa che era il miglior brodo di coltura per crimini e violenze. I casi riportati da Oliari, e raccontati sempre con accattivante piglio giornalistico, sono molti e curiosi. Troviamo personaggi noti, come il magnate tedesco Friedrich Krupp, l'industriale dell'acciaio, più ricco dello stesso imperatore Guglielmo II, che si era trasferito a Capri, innamorato, più che delle bellezze naturali, proprio dei ragazzi dell'isola. La grande quantità di denaro di cui disponeva - e grazie alla quale aveva fatto diventare ricche non poche famiglie capresi - gli rendeva facile trovare giovani disponibili ad assecondare i desideri suoi e degli amici del suo seguito. Tuttavia a un certo punto scoppiò la polemica, innescata nel 1901 proprio da un articolo pubblicato dal «Mattino» e firmato da Edoardo Scarfoglio, in cui il fondatore di questo giornale alludeva pesantemente all'omosessualità di Krupp, indicandolo come «re dei cannoni e dei capitoni». Presto le cose per il nobile tedesco volgeranno al peggio, fino a dover lasciare l'isola e a ritornarsene in Germania, dove morirà in circostanze mai del tutto chiarite. Ma sono più numerosi i nomi oggi oscuri, sottratti da Oliari all'oblio. Per esempio un altro tedesco, il barone Wilhelm von Plueschow, un fotografo che a Roma negli ultimi anni dell'Ottocento e nei primi del Novecento amava ritrarre nelle sue lastre ragazzi adolescenti in costume adamitico. L'uomo nel 1908 venne citato in giudizio, e in tribunale si discusse se questi suoi lavori fossero arte oppure pornografia. Ma la Corte non ebbe dubbi, poiché a suo giudizio lo scopo del fotografo era quello di «infiammare i pervertiti che si dilettano di tali laidezze e di facilitare con tale mezzo la corruzione di minorenni suoi modelli e lo sfogo degli appetiti pederastici dei suoi clienti». Ci furono poi alcuni scandali che coinvolsero categorie «insospettabili». Come i fattorini del telegrafo, che a Bologna nel 1908 «consegnavano», con i telegrammi, anche il proprio corpo ai clienti in grado di pagare. O i pompieri, che nella Milano del 1909, come all'epoca notava lo scrittore Paolo Valera, «indossavano pellicce da signori, avevano alle dita anelli con brillanti, mangiavano come persone dal palato ducale e scorazzavano e spendevano e si davano a tutti i lussi». Con denaro guadagnato, come emergerà, oltre l'orario di servizio. Ampio spazio occupano nel libro di Oliari le figure di ecclesiastici, spesso istitutori di collegi religiosi, come il barnabita Stanislao Ceresa, che a Monza nel 1873 aveva abusato ripetutamente dei suoi giovani allievi, tutti rampolli di nobili famiglie. Storie analoghe per i Marianisti di Pallanza (1904) e per i Salesiani di Varazze (1907). Triste la vicenda di un altro sacerdote, don Luigi Scheffermeyer, parroco a Palo, ucciso nel 1907 da tre prostituti del quale era abituale cliente. Ancora più estrema la storia di due preti romani, uno giovane e l'altro anziano, con il primo che si prostituiva per il secondo, ucciso nel 1908 dal ragazzo in modo efferato. Materia ricca e succulenta per gli anticlericali allora molto attivi, come testimoniano le vignette satiriche sui giornali del tempo. In una di esse il segretario di Pio X lo informa di questi scandali omosessuali che avevano coinvolto diversi preti. Il Pontefice mostra di ignorare il significato della parola «omosessualità» e domanda: «Un'altra tendenza del modernismo?» E il segretario: «No, Santità, nella Chiesa è una tendenza molto antica».



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L'omo delinquenteDaniele Cenci
01/11/2006

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