Crimson spell 1.

(Primo volume di una trilogia. Il volume 2 è qui, il volume 3 è qui).


Ripetitività e prevedibilità, per le clienti del genere boys' love, sono un pregio e non un difetto, ma esiste un limite a tutto, oltre il quale tanto vale rileggersi gli albi già acquistati.

Nel tentativo d'innovare un poco questo genere (in cui situazioni personaggi e azioni sono sempre identici di albo in albo) pur mantenendosi negli stretti canoni del genere, la Yamane ha tentato un non sgradevole innesto fra genere boys' love, fantasy e finto-celtico alla Signore degli anelli.
La commistione non si limita a questo, dato che i personaggi si muovono in un paesaggio ricco di architetture gotiche, neogotiche e carolinge, popolato da draghi disegnati secondo l'iconografia della tradizione giapponese, incontrando persone vestite con abiti dotati di gale e alamari del XVIII secolo, che indossano gioielli "elfici" nel più puro stile dei film della trilogia del Signore degli Anelli, e chi più ne ha più ne metta.

Questo sfrenato eclettismo sembra votato al trionfo del kitsch, ma innestandosi su un filone che è già in partenza straordinariamente kitsch di suo non può certo peggiorarlo, arrivando perciò a quel kitsch al quadrato che è la base indispensabile per una degustazione camp. Tutto è esagerato, esagitato, ipercinetico, c'è un vero abuso dell'ellissi per cui si arriva a mostrarci a volte la prima scena d'un evento e subito dopo la sua conclusione, per non parlare delle inquadrature ruotate all'improvviso di 180 gradi da una vignetta all'altra.
Palesemente l'autrice ha fatto suo il montaggio visuale degli spot pubblicitari e dei videoclip, con un vorticare e frullare di punti di vista da "schizzati" di cocaina (che nei videoclip è probabilmente causato per davvero dalla suddetta sostanza assunta da operatori e montaggisti), e che qui mi fa un po' girare la testa, essendo fine a se stesso. In altre parole, la "macchina da presa" della fumettara è costantemente in movimento come una motocicletta che sta in piedi solo se è in movimento. Con tutta questa frenesia l'autrice si sforza di nascondere le sue non proprio felici capacità narrative, che riesce peraltro a riscattare con una cura meticolosa del tratto che è senz'altro apprezzabile.

La vicenda ruota attorno a una spada magica, in grado di ammazzare le creature magiche malvagie, ma ad un prezzo: durante la notte (e dopo ogni combattimento) invasa e trasforma il suo possessore in un animale, privo di ragione. Questo perché i maghi che l'hanno forgiata l'hanno bagnata nel sangue di un démone (azione poco saggia, di cui hanno pagato il fio).

Un giovane principe, la cui casata possiede la spada da generazioni, la estrae dal cofano in cui è custodita durante un attacco di demoni al suo castello. Riesce così a sconfiggerli, ma cade - come i suoi avi prima di lui - anch'egli vittima dell'"incantesimo della spada cremisi" (da qui il titolo della mini-serie). Solo un paio di manette magiche gli permettono di dormire la notte senza che aggredisca qualsiasi essere vivente si muova attorno al luogo in cui si è coricato.
Chiede allora aiuto a un mago, che pur recitando in questi albi il ruolo del seme, ha capelli lunghissimi che manco la Fata Turchina, abiti svolazzanti che manco Gina Lollobrigida, e movenze femminee che manco Marilyn Monroe.

I due partono alla ricerca del magico rimedio, ed ogni notte il mago porcellone scioglie il bellissimo giovane dalle manette, contiene la sua bestiale aggressività con un incantamento... e lo sodomizza. Olé.
Tanto, al mattino il principe non ricorda nulla di quanto ha fatto (e subito) mentre era una bestia.
Dettaglio curioso, durante la trasformazione il bel principe acquisisce una pelle scura percorsa da ghirigori neri che ricordano i tatuaggi "tribali". Suppongo che si tratti d'una metafora dell'istinto animale che si scatena, finalmente libero dalle convenzione dell'iper-repressiva cultura giapponese: in effetti di giorno il principe, pur provando strani turbamenti per il suo Fato Turchino, è oltraggiato alla sola idea che un uomo possa osare toccarlo, in dispregio di ogni convenzione e morale.

Per costruire quella che potremmo battezzare "La compagnia dell'anallo" l'autrice ci ficca poi dentro un non meglio precisato "essere magico" dalle fattezze di coniglio volante, che essendo tratto dalla mitologia giapponese non si capisce bene cosa sia e cosa faccia, comunque c'è.
I tre si spostano istericamente da un luogo all'altro, in un turbine di accadimenti che si affastellano senza alcun piano logico, con il solo scopo di permettere all'autrice di portarli da "qui" a "lì", e da "lì" a "là", facendoci incontrare nel frattempo draghi, diavolacci e diavolini, maghi bianchi e neri, stregoni al servizio dei demoni, e quant'altro.
Particolarmente bizzarro il sincretismo fra le superstizioni magiche occidentali ed orientali, per cui i maghi e i demoni hanno fattezze occidentali ma comportamenti che fanno riferimento alla credenze giapponesi, oppure l'inverso, in un bel mischione in cui per capirci tutto probabilmente occorre una conoscenza delle superstizioni orientali superiore a quella che sentirò mai voglia di avere nella mia vita.

Resta da dire sulle scene di sesso. Al solito, come in tutta la produzione giapponese che ci è arrivata finora, il sesso pare non possa andare disgiunto dalla dominazione e dallo stupro, ma queste sono le regole di questo genere di fumetti, quindi prendere o lasciare.
Segnalo peraltro che la rappresentazione degli atti sessuali tende a diventare qui più esplicita, con concessioni alla censura sempre più esili, limitandosi a rappresentare con parsimonia di dettagli ciò che un tempo sarebbe stato completamente coperto o sfumato.

Nel complesso il risultato è gradevole, dato che la totale mancanza di riguardi verso i limiti dei generi codificati finisce per dar vita a una mistura delirante, ma divertente e a suo modo originale. L'autrice, che non ha mai brillato per la verosimiglianza delle sue storie, ha finalmente potuto lasciare briglia libera alla sua fantasia, e il risultato ci ha decisamente guadagnato.
Certo, al solito il fumetto soffre di personaggi monodimensionali, prevedibili, incapaci di agire al di là dello stereotipo che incarnano, ed alla lunga stucchevoli. Ma questa è una caratteristica di questo genere e, daccapo, prendere o lasciare.
Tutto sommato, in questo caso io prenderei.

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