I gay e la modernità

La diversità come spazio politico della vita quotidiana

4 novembre 2004

Premessa.

La cultura occidentale moderna non contiene valori di partecipazione unanimi alla vita collettiva degli attori sociali e si organizza assai spesso attraverso quei percorsi disuguali di idee e di azioni che contraddistinguono ogni componente attivo all’interno delle varie comunità, sino a mettere in evidenza quanto oggi il non essenziale, il meno importante e periferico stile di vita non si adatta più a una forma comune di assentimento alla riproduzione delle risorse sociali. In parte questo descrive la maggiore apertura mentale nei confronti dell’omosessualità in relazione alla diffusa e crescente trasformazione delle abitudini di vita e dei modi di pensare le diversità sessuali nella modernità; ciò nonostante però, questo soltanto non basta a qualificare il rapporto assai articolato tra le maschilità eterosessuali e i gay di oggi, in quanto mutamenti più o meno chiari nella storia degli uni e degli altri sono sempre accaduti. Esattamente, ciò che distingue l’atteggiamento e il modo di pensare degli individui di oggi circa le molteplici omosessualità moderne e le comunità che li rappresentano è rintracciabile tanto nel grado di accettazione morale più elevato rispetto al passato quanto nel processo di riqualificazione dell’identità motore della modernità e che si esprime nella massima Sé come un altro (P. Ricoeur, 1993). Con queste premesse e per concisione è infattibile in questa sede un’analisi dialettica della modernità in relazione alle diversità sessuali, ma si cercherà comunque di prenderne spunto trattando degli aspetti più tangibili di essa, quelli che determinano cioè le modalità delle differenze e delle disuguaglianze all’interno dei recenti mutamenti sociali.

Per prima cosa preme evidenziare che l’uomo moderno pone se stesso al centro del mondo, della società in generale quanto della sessualità in particolare, e produce per conto proprio le regole e le direttive del suo agire sia privato che pubblico. In questo senso l’attuazione della libertà individuale oggi è meno ostacolata rispetto alle antecedenti forme di organizzazione sociale e di vita collettiva (Dahrendorf, 1971), sebbene l’indeterminatezza degli atteggiamenti individuali, indotta soprattutto dalla natura romantica dei modi di pensare le diversità sessuali, fa risaltare di contro una dualità difficile da gestire relativamente all’individualismo moderno. Infatti, mentre da una parte si afferma sempre più l’inevitabilità processuale della modernità e con essa di quegli elementi che su base etica e morale la caratterizzano e la differenziano rispetto all’illuminismo [1], d’altra parte avanza la crescente paura di smarrire la propria identità rispetto al disagio provocato proprio da quell’indeterminatezza che muove l’avanzamento della società, soprattutto quella occidentale. Nel rapporto fra le maschilità eterosessuali e le omosessualità maschili, in particolare, il significato della relazione tra individuo e Altro da Sé si smarrisce inevitabilmente, sino a diventare spesso marginale o di poca importanza, difficile da interpretare nell’articolato e aperto sistema di simboli culturali negoziati all’interno di questo rapporto. Ciò ha indotto entrambe le parti ad appropriarsi materialmente, ma ancora prima ideologicamente, del mondo di idee, dei luoghi fisici e temporali che abitano, fissando sbarramenti atti a differenziare forme di dominio quasi esclusive e assolute, anche laddove sono visibili definizioni fluide e poco chiare dei paletti che escludono o includono l’altro. In pratica è come se i simboli culturali negoziati all’interno di questo rapporto fossero continuamente e variamente richiamati all’attenzione allo scopo di saldarne il contenuto, riproducendone tanto i principi razionali (interni al piano culturale) che gli aspetti più propriamente figurativi delle parti che lo organizzano. Ciò non significa, però, che la mescolanza disordinata di più fattori sociali in qualche modo correlati alla modernità, sia tale da non riuscire più a specificare concettualmente e a diversificare correttamente le identità in gioco. Infatti, prendere coscienza e analizzare gli aspetti inerenti il rapporto tra identità sessuali e culture locali, modernità in generale e altri campi d’indagine non esclusivamente sociologica, non è affatto il presupposto di pensiero da cui partire per osservare criticamente il processo di integrazione politico e culturale moderno e che assume più identità differenti - sebbene tutte dotate di un pene - sotto la stessa omologante categoria di identità. In accordo con le dichiarazioni di responsabilità di De Nardis credo, precisamente, che sia proprio “questo il momento per le scienze sociali, al pari della politica, di abbandonare le discussioni sterili sui nuovi slogan o etichette migliori da assegnare ai fatti sociali, per valutare criticamente gli aspetti peculiari di quest’epoca senza storia e senza progresso culturale e suggerirne eventuali ‘correzioni’; perché la tarda modernità si è fatta cultura dell’anti-cultura”(2001).

Trasversalmente, quanto sin qui espresso da una parte mette in crisi il paradigma scientifico (e il sistema di idee di senso comune) che vuole l’omosessualità maschile come uno dei tanti aspetti della maschilità eterosessuale, dall’altra potrebbe spingere ad analisi più accurate gli studiosi di scienze sociali e umane durante quel processo rigoroso di individuazione dei caratteri propri delle identità gay moderne, oltre ad offrire opportunità di osservazione più coerenti delle identità in questione in relazione al processo di globalizzazione in atto.




1. Rapporti di potere e modernità: una chiave di lettura dell’infelicità gay.


Le caratteristiche che definiscono la modernità in relazione alle diversità sessuali sono forse l’espressione più visibile dei rapporti di potere esistenti tra le maschilità eterosessuali e le omosessualità maschili, in quanto comunicano compiutamente tutte le opposizioni e gli intrecci di pensiero che agiscono proprio al suo interno e a favore della sua continuità. In particolare e in appendice, sembra che il risvolto di questi reticoli sia una maggiore affluenza in ambienti riservati esclusivamente agli omosessuali, nonché di appositi spazi di ritrovo, rispecchiando il desiderio da parte di molti gay (e non solo) di ritrovarsi concordemente in definizioni univoche di sé che richiedono un elevato grado di intimità, nonché di fiducia cooperativa. Parrebbe cioè che, attraverso la compresenza, molti omosessuali moderni abbiano la sensazione di arricchire la conoscenza delle informazioni circa la propria visibilità.

Tenendo presente che di fatto la modernità può essere intesa come quel sistema di idee e di azioni che regolamenta la globalizzazione in atto, in particolare essa muove gli individui verso il rifiuto della soprannaturalità, avvantaggiando così stili di vita costruiti unicamente su principi e norme di crescita economica, politica e di modi di pensare gli altri tali da vanificare ed assorbire nuovamente, dopo i dovuti riadattamenti cognitivi, tutte le pressioni disgregatrici che agiscono proprio all’interno della stessa modernità. Non è un caso, infatti, che i movimenti gay e le conseguenti manifestazioni pubbliche tipo il Gay Pride o la Marcia per i Diritti vengano costantemente assorbiti e riqualificati nel processo di inglobamento sociale delle diversità sessuali; soprattutto se il tutto viene interpretato come una delle cause del crescente stato di inadeguatezza sociale che sentono moltissimi omosessuali moderni, maschi quanto femmine. Invero, se si considera che le società occidentali propongono mandati culturali per i quali tutto sembra connotarsi come lecito, persino stili di vita sessuali assai differenti rispetto la maschilità eterosessuale regolare, l’infelicità gay si manifesta proprio come quel sentimento di inidoneità rispetto alla realtà vissuta dai molti (Ehrenberg, 1999), come coscienza cioè dell’incapacità di realizzare proprio in questa realtà tutte le possibilità che vengono offerte agli eterosessuali – e non solo a proposito dell’accesso a risorse specifiche quali le unioni civili o l’adozione.

Di contro è pur vero che nella maggioranza dei casi e rispetto a fasi storiche precedenti la modernità, nei quali regnavano cioè forme di chiusura morale attraverso logiche e pratiche di intolleranza e di sopraffazione, il gay moderno si è innegabilmente svincolato dai principi di indiscutibilità dell’egemonia maschile eterosessuale, riuscendo ad esprimere tutta la sua diversità, malgrado ancora oggi ormeggia nel disagio, nel rifiuto o in forme di depressione emotiva forse più accentuate rispetto al passato. In particolare, gli omosessuali moderni affrontano spesso serie difficoltà a realizzare pubblicamente le loro autenticità e, più diventano consapevoli dei condizionamenti culturali a cui sono sottoposti, tanto più diviene laborioso disporre liberamente delle proprie disposizioni; mentre per le maschilità eterosessuali, vivendo i propri contesti sociali come altamente omogenei e coerenti al loro status di indiscutibilità, l’adesione ai condizionamenti culturali inerenti il processo di globalizzazione avviene senza intercessioni.

Un movimento questo che sembra definire proprietà irregolari nei rapporti tra maschilità eterosessuali, società in generale e omosessualità maschili, laddove piuttosto evidenzia forme di adattamento reciproco e differenziate, sforzi incessanti e in crescita, collettivi quanto individuali di ri-comprensione politica della diversità non più nei soli termini di un sotterfugio concettuale di riproduzione del “diverso”, quanto in una critica riconsiderazione delle idee e dei sentimenti di appartenenza/esclusione o convivenza di un’identità altra alla propria comunità e da qui alla società stessa (E. Balducci, 1994;1996). Chiaramente questa non è la sede adatta per discutere del dibattito scientifico che divide la comunità accademica circa la contrapposizione tra modernità old style e il suo superamento nel nome di una congetturata “postmodernità” [2] , invece è interessante ai fini della trattazione ravvisare circa la confusione teorica che depista da una corretta interpretazione delle diversità sessuali e che spesso raggruppa concettualmente più identità sotto un’unica categoria d’analisi (il genere per esempio) - se non altro con l’intento amichevole di correggere la mira dell’impegno conoscitivo dimostrato in tal senso da molti sociologi in molte delle loro ricerche sulle differenze e le disuguaglianze sociali.




2. Accenni di libertà e movimento omosessuale


A partire dagli anni ’80 temi come la diversità sessuale, la differenza e la disuguaglianza hanno assunto particolare rilevanza politica, soprattutto a causa della crescente sensibilità verso specifiche realtà subculturali e di gruppo, nonché individuali, che richiamano problematiche di inclusione o esclusione da certe risorse sociali. Proprio da quegli anni, studiosi di scienze sociali e di storia, almeno prevalentemente rispetto ad altre discipline, si sono dedicati con più attenzione e molto più che nel passato all’estensione apparentemente lineare dei percorsi sociali degli omosessuali, analizzando con appassionato interesse “la crescita graduale delle comunità gay urbane che erano state elettrizzate dalla liberazione dei gay”(Connell, 1996). Questo impegno di studi e ricerche, successivamente fagocitato e corrotto dai mass media e dalla cultura popolare, fu una svolta fondamentale che segnò irrimediabilmente la visibilità pubblica dei gay e delle lesbiche, un mutamento radicale circa l’oggetto della politica inerente le diversità sessuali che ebbe risonanza in tutti i circoli omosessuali del pianeta. A titolo d’esempio si ricorda che nell’ottobre del 1970 venne fondato a Londra il Gay Liberation Front, il quale si prefisse come mandato di opporre alle costrizioni legali e morali delle istituzioni tre importanti principi politici: “un senso di assoluta validità dell’omosessualità come orientamento sessuale (‘Gay is Good’); una fede nella vitale importanza dell’apertura verso gli omosessuali e l’esterno, cioè verso il resto della società (‘Coming Out’); e una maggiore enfasi sull’importanza di uno sforzo collettivo ad agire sia per se stessi che per gli altri”(Weeks, 1981). Questi elementi, frutto di un impegno politico non indifferente da parte delle comunità gay (e lesbiche), specificarono un decisivo momento nell’evoluzione di una consapevolezza omosessuale, soprattutto quella maschile in rapporto alle altre maschilità. Tant’è che l’appropriazione del termine “gay” è certamente l’indicatore più importante di questo cambiamento, quantunque non fu il concetto in se stesso a segnare questo notevole passaggio culturale, quanto il fatto stesso che venisse usato dagli omosessuali maschi per auto-definirsi, proponendo alla società in generale una nuova definizione delle norme morali e un rinnovato senso d’orgoglio per gli omosessuali della seconda metà del XX secolo.

In generale, la pratica di riconoscimento pubblico della differenza descrive il passaggio risoluto da vecchi a nuovi modi di pensare e di agire sociali attraverso i retaggi politici propri della modernità. Eppure, mentre da una parte l’analisi dietro la nozione di liberazione gay suggerì l’arbitraria natura delle categorie sessuali, la limitazione artificiale di un campo di sessualità possibili da parte delle restrittive norme morali; dall’altra, il movimento in sé rappresentò semplicemente un definitivo avanzamento nella fissazione delle categorie sessuali sino a definire le identità gay concettualmente (ed erroneamente) dello stesso tipo di quelle razziali. Così, anche se in un primo momento il movimento gay crebbe e più omosessuali si dichiararono apertamente, aumentando di conseguenza la rinnovata coscienza politica, successivamente, proprio per il fatto che gli interessi dei gruppi di pressione etnica avevano pochissimo a che vedere con quelli omosessuali, il movimento sembrò spegnersi [3] – a Londra il GLF, infatti, è collassato nel 1972.

In ogni modo il movimento gay trasformò le possibilità sociali offerte agli omosessuali in due modi e cioè “in primo luogo, il suo incoraggiamento all’azione politica portò a un vasto incremento delle organizzazioni di auto-aiuto dentro il mondo gay, dando più energia a organizzazioni esistenti, come la Campaign for Homosexual Equality che veniva fuori dal riformismo del 1960, e ispirando una moltitudine di nuove organizzazioni: linee telefoniche d’aiuto, servizi di comunità, gruppi professionali e sindacali, gruppi di teatro gay, cinema gay, giornali e giornalisti gay, il tutto ha espresso e formato contemporaneamente l’omosessualità, con un grande interesse della stampa e della televisione. In secondo luogo, ci fu una più spettacolare espansione della subcultura di mercato. Benché ciò fosse più vero nei centri metropolitani che nelle province, comparato con ciò che esisteva prima, il movimento rappresentò una grande trasformazione dei costumi”(Weeks, 1981). Chiaramente, questo non accadde omogeneamente anche nel resto delle società occidentali; per esempio, in Italia il tutto avvenne più a rilento. Basti pensare che fino ai primi anni ’70 “la parola più usata non era gay, lesbica o omosessuale ma invertito, a significare l’idea di omosessualità come scherzo contro natura tutto giocato come disturbo dell’identità di genere: eri gay perché donna mancata o lesbica perché maschio riuscito male”(F.Grillini, 1997).

Fatto sta che attraverso alti e bassi, il movimento in sé ancora oggi continua a rappresentare la richiesta specifica dei gay, quanto delle altre diversità sessuali coinvolte, di un riconoscimento pubblico della differenza nell’ottica di una rinnovata discussione dei principi morali ed etici della modernità. Infatti, esitando per brevità in questa sede di fare un’analisi dei temi specifici che contraddistinguono l’azione politica del movimento gay di oggi attraverso la rivendicazione di diritti specifici o atti di protesta, si può affermare che comunque esso si qualifica in relazione ai suoi scopi, cioè ridiscutere politicamente la presupposta “normalità” della vita di ogni giorno. Ciò spicca nell’impegno individuale e di gruppo che spinge al rigetto di quegli schemi sociali che sono troppo rigidi e difficili da vivere, nelle continue e sempre più accese denunce ai tentativi di integrazione sociale da parte delle maschilità eterosessuali che soffocano le peculiarità omosessuali e qualsiasi principio liberale di dissenso alle norme istituzionalizzate che regolano il comportamento delle diversità sessuali. In pratica il movimento omosessuale mette in rilievo il presunto interesse individuale sul quale si basano le molteplici scelte private e pubbliche, innalzando le esperienze di vita personali e collettive col proposito di tenere saldo l’interstizio culturale che differenzia i gay dalle altre diversità sessuali e dalle maschilità eterosessuali in particolare. Al di là delle forme di mescolamento in tal senso, infatti, il movimento omosessuale rivendica per le identità che rappresenta un più elevato grado di autogestione politica e istituzionale, economica quanto religiosa, nei confronti sia delle comunità maschili eterosessuali che si fanno carico dell’idealtipo gay, sia dei percorsi storici e di vita al suo interno e in rapporto con l’esterno, dunque agli altri (Colombo, 2003). Lo scopo dichiarato è raggiungere una maggiore e più incisiva visibilità, cioè quella libertà che potrà in futuro garantire l’attuazione del principio liberale dell’uguaglianza di fatto; sebbene, come spesso accade, la dichiarazione di un intento politico di così ampia portata non significa di per sé il raggiungimento dell’obiettivo prefissato, in particolare se si confonde la libertà vera dai condizionamenti culturali e dall’egemonia maschile eterosessuale, con l’impressione di libertà o il sentimento di libertà - che praticamente fanno funzionare le strategie dell’azione collettiva omosessuale moderna. Non a caso, studiando attentamente tanto i successi quanto gli insuccessi delle lotte politiche di gay e di lesbiche e i principi politici che muovono l’attuale movimento omosessuale, si rileva limpidamente la confusione di idee che domina nelle varie comunità omosessuali e che assume l’impressione della libertà come equivalente della libertà di fatto.



3. Libertà moderna e convivenze difficili


Gli omosessuali moderni propongono costantemente all’attenzione pubblica l’esistenza di un self culturalmente incondizionato e autentico, indipendente cioè dalle pratiche di fatto attuate per distanziarsi dai ruoli che agiscono. In parte questo dipende sia da una socializzazione fortemente indirizzata e coercitiva che dall’incapacità di costruirsi un sistema di simboli culturali propri e svincolati da quelli maschili eterosessuali. La “libertà dei gay” in tal senso, proclamata attraverso numerosi speculazioni mediatiche, politiche e quant’altro, è più soggettiva (e privata) di quanto gli omosessuali stessi non ammettono con le loro manifestazioni – di conseguenza, ciò va a discapito dell’accesso alle risorse per le quali si adoperano in colorite rimostranze. Negare apertamente questa impressione di libertà dalle maschilità eterosessuali, questa illusione di indipendenza politica, sebbene rafforzi da una parte l’unione dei membri delle comunità gay, dall’altra determina le sconfitte istituzionali circa l’accesso a determinate risorse, sino a rafforzare l’idea stessa di indiscutibilità delle maschilità eterosessuali.

Rispetto a questa trattazione, ciò può essere considerato alla stregua di una delle tante strategie inerenti i rapporti di potere che intercorrono fra maschi omosessuali e eterosessuali in tempi moderni; inoltre, se esaminato attentamente dai membri attivi delle comunità omosessuali, rivelerebbe che è il controllo delle diversità sessuali, come di tutti i modelli culturali vigenti che regolamentano la sessualità, a indicare istituzionalmente la via e i confini leciti della loro azione politica. L’associazionismo ludico, le forme di lotta politica, le manifestazioni e il successivo o contemporaneo coinvolgimento della società agli interessi delle comunità omosessuali sono guidati da regole istituzionalizzate dell’agire sociale e di fatto queste regole sono precipue e sostenute dal potere. Si aggiunga che in presenza di distinti apparati culturali, importante per il potere è che ogni individuo sia situato quotidianamente e, più di tutto, che resti al proprio posto senza sconfinare oltre i limiti del lecito.

Per di più, l’abbattimento di certe frontiere e la mescolanza delle identità sessuali in posti di forte affluenza non assume in nessuna occasione la configurazione di una ripartizione organica delle stesse identità sul territorio geografico in cui si vive la propria sessualità [4] , mettendo in evidenza proprio quei tratti di potere che tendono ad organizzazione le identità omosessuali in sistemi istituzionali di accettazione legittima della visibilità delle diversità sessuali, tali per cui la coabitazione con essi è resa meno difficile sia da gestire che da vivere. Come dimostrano recenti fatti di cronaca, organizzare in tal senso le diversità non significa che il tutto accada senza trazioni e forzature o collisioni che si risolvono in scontri politici e lotte di fatto, ma è pur vero che il disagio è assorbito da una struttura di idee, politica quanto culturale, che in qualche modo fa stare insieme le molteplici identità in gioco. Tutto questo, almeno sommariamente, sembra dar conto dei meccanismi globalizzanti della modernità in relazione alle coesistenze di molteplici e diverse identità sessuali.

I gay oggi, pressoché in controtendenza con i mandati speculativi della modernità, continuano a circoscrivere le loro richieste al riconoscimento politico e istituzionale del diritto di partecipare “alla pari” alla vita sociale, impegnandosi politicamente in lotte per l’accesso a risorse da cui sono abitualmente esclusi, sebbene di fatto l’organizzazione delle loro azioni collettive, delle loro vite private, dei movimenti politici agiti nel nome di un interesse individuale prima e comunitario dopo, sono soggetti alle costrizioni istituzionali che regolamentano ogni forma di visibilità e di associazionismo. Così da una parte i gay rivendicano alla società l’opportunità, nell’intento di istituzionalizzarla, di mantenere e rendere pubbliche, senza costrizioni politiche, le proprie diversità; dall’altra si fanno carico, spesso non consapevolmente, delle discriminazioni e dei rifiuti sociali, rivendicando energicamente la capacità di partecipare alla riproduzione delle risorse sociali. A questo si aggiunga che gli omosessuali moderni dimostrano sempre più spesso con i loro interventi di non essere consapevoli del fatto che l’impegno in lotte politiche e sociali di definizione di una moralità nuova, in realtà si risolve drasticamente nell’accettazione del menefreghismo congenito alla moralità vigente, per quanto in termini concettuali esso ne contraddica il presupposto di validità.

Negoziata con le altre identità in gioco, questa “moralità omosessuale” è più il frutto di un disinteresse concettuale e politico, che spinge dunque a venire a patti con principi e interessi egoistici, che una vera e propria moralità. Questo è tanto più evidente se si considera che ogni morale moderna si struttura socialmente attraverso la ricerca e l’affermazione costante di una stabilità istituzionale nel rapporto che intercorre tra il congenito amor proprio e il bisogno di un sistema di idee che contenga (e vada al di là contemporaneamente) proprio il modo di essere e di agire di ogni attore sociale. A ben vedere, nemmeno le morali che si strutturano attraverso i più disparati sostegni sociali, dalla politica alla religione o attraverso rivendicazioni storiche, riescono con successo a svincolarsi da questa dinamica anomala e iperbolica; di conseguenza, questa nuova moralità risulta essere un continuo rimando ad altre dimensioni della realtà.

Niente di nuovo, almeno temporaneamente e considerando che di fatto solo così si può dare un fondamento politico e culturale, sociale quanto istituzionale, alla moralità in vigore, definendola con accenti recenti forse, ma confermandone l’inoppugnabilità dei principi che inducono di fatto alla sua accettazione da parte della società in generale.



Osservazioni conclusive


In questa trattazione si è cercato di descrivere concisamente tanto le ambiguità del rapporto tra maschilità eterosessuali, omosessualità maschili e modernità in generale, quanto una delle possibili soluzioni al disagio provocato proprio dall’indeterminatezza di questo rapporto. Si è cercato contemporaneamente di evidenziarne gli aspetti peculiari in relazione al rafforzamento delle differenze che caratterizzano le identità in gioco, soprattutto di quelle omosessuali che si battono nell’intento di modificare le istituzioni e le idee politiche che gestiscono attivamente le diverse realtà sessuali. Ne è risultato che sarebbe utile fissare con la dovuta precisione politica uno scopo collettivo che non divida nettamente i maschi eterosessuali dai gay nel nome di imprecisati principi di libertà, definendo, laddove sia possibile farlo, un traguardo comune che tenda ad avvicinare le parti anziché allontanarle o mescolarle senza continuità, se non altro per godere di spazi conviviali più agevoli e rassicuranti per tutti. In questo modo, tanto il singolo attore sociale quanto la comunità che lo rappresenta, non si sentirebbero più costretti a tutelare le proprie identità e sarebbero più facilitati nella gestione delle stesse, rivalutando delle nuove forme di localismo e di associazionismo le intolleranze spesso mascherate da coesione sociale.

Gli schemi concettuali più interessanti sono stati descritti proprio in relazione alle pratiche di costruzione della specificità dell’identità omosessuale e, non meno rilevante e fortemente correlato al processo di differenziazione delle identità in sé, rispetto all’impegno crescente di fare sempre più affidamento sulle aspettative proprie, piuttosto che su quelle dettate dal progresso di idee e tecnologico in genere e che potremmo indicare sommariamente come l’intelaiatura della “fiducia gay”. Questi elementi mettono in evidenza infatti, forse più di altri, i tratti caratteristici del continuo riadattamento simbolico dell’incertezza gay rispetto alle modalità di accettazione sociale della visibilità omosessuale e al sentimento di ansia, alla percezione dei rischi, che la modernità porta con sé. In questa prospettiva e con riflessioni certamente più mirate che non nel testo, è possibile dare il giusto peso analitico al rapporto assai articolato tra le moderne omosessualità e l’idea diffusa di una modernità come avventura, percepita da tutti cioè come un’incognita.

Per concludere, è emerso che nel rapporto tra i gay e la modernità, in un sistema eterogeneo di simboli culturali e significati sociali, si diversifica il libero arbitrio e le azioni degli stessi omosessuali attraverso pratiche di potere che implicano sempre e comunque un certo grado di riflessività e di esperienza circa le loro azioni. Questo è visibile soprattutto in quei tratti della modernità che strutturano inevitabilmente le identità gay, lesbiche e di qualsiasi altra diversità sessuale, laddove in particolare sono percepiti come ininfluenti nella propria vita o addirittura come esterni, impersonali rispetto alle strategie che controllano il proprio agire sociale, ma che di fatto definiscono a grandi linee sensazioni diffuse di fiducia o di combinazione fortuita o di fatalità.

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