Angeli da un'ala soltanto di Sciltian Gastaldi

Queer Presences: Homosexuality, Homoeroticism, and Homophobia

Il 12 aprile scorso, nell'ambito della 39esima conferenza annuale della Northeast Modern Language Association (NEMLA) avvenuta a Buffalo (New York), ho avuto il piacere di presentareAngeli da un'ala soltanto di Sciltian Gastaldi all'interno della sessione Queer Presences: Homosexuality, Homoeroticism, and Homophobia in Italian Literature and Cinema (Seminar) http://www.nemla.org/convention/Saturday08.html

Recensione, presentazione (griglia) e intervista:

Angeli da un'ala soltanto di Sciltian Gastaldi

Questo è un bellissimo romanzo "parlato" dall'inizio alla fine. Si legge tutto d'un fiato nell'arco di circa due ore. Come sosteneva Tondelli, nelle indicazioni ai giovani di Under25: "Il modo più semplice è scrivere come si parla -e questo è già in sé un fatto nuovo perché la lingua cambia continuamente - ma non è più facile" (78). Le vicende ci avvolgono in ricordi lontani, adolescenziali. Siamo di fronte alla storia d'amore di due diciannovenni romani: Francesco detto "Chicco" ed Emanuele detto "Lele". Gastaldi li paragona ad angeli da un'ala soltanto che possono volare solo abbracciati. Si incontrano grazie al potere di una bacheca di un sito internet. Armati di dubbi e paura vanno al primo incontro ed è subito amore. Nasce tra loro un amore morboso, ma allo stesso tempo meraviglioso che indubbiamente si conclude con l'abbandono dell'altro. L'ingenuità, la leggerezza dei sentimenti amorosi, si trasformano in disillusione e subentra la pesantezza, che logora giorno dopo giorno, come una goccia cinese che li porterà al distacco completo. Le onde dell'amore, puro e candido sentimento giovanile, muoiono, e lasciano il posto alla dura e cruda realtà che si infrange sul viso di un ragazzo che diventa uomo. Ma il primo amore non si scorda mai, è per questo che uno dei due non riesce a "distaccarsi". Assistiamo ad una lacerazione in diretta: riga dopo riga, lettera dopo lettera, sentiamo l'urlo silenzioso di un adolescente che non riesce a vivere lontano dal suo "angelo perverso". E' un risveglio violento che lo catapulta, suo malgrado, in una realtà che non riconosce più. E' diventato un uomo pagando il prezzo molto alto che tutti gli adolescenti pagano: il dolore del distacco, il rifiuto di un amore che finisce e che tutti sognano che sia "per sempre". La promessa viene spezzata ed il cuore sembra voler esplodere. "Gli manca il fiato e vede tutto appannato" (182). Maledice il suo angelo che oramai considera "un traditore" (183). Cerca rifugio nella solitudine, "in un mondo senza confini, dove pure però non riesci a trovare nulla" (184). "Tu sei me. Se uccidi me, uccidi te. Se uccido te, uccido me" (188). "Gli angeli da un'ala soltanto, quando restano soli, non possono più volare. E gli angeli che non possono più volare, si trascinano, monchi, l'ala spezzata. Un angelo che striscia non è più un angelo. E' un angelo vicino alla fine" (248). Un ragazzo che infine spiccherà "il volo aprendo le braccia guardando il sole". Cor meum vulneravit. (250).

Gioco nascosto: un dialogo fra due testi

E' sufficiente studiare Pietro Bembo (Le prose della volgar lingua e le lettere che scambiò con Gian Francesco Pico della Mirandola tra il 19 settembre del 1512 ed il 1 gennaio del 1513)[1] per arrivare alla conclusione che l'imitatio è "una forma di esercizio letterario che deve essere considerata una forza attiva nel processo di elaborazione linguistica e che quindi l'identico torna come segno del diverso".[2] Imitare è fondamentale perché esprime la necessità da parte di chi imita di appartenere ad una tradizione, per donare valore alla forma del nuovo testo prodotto, per riconoscere l'autorità del nuovo poeta che viene fortificata dall'importanza del suo predecessore. "L'imitatio è, quindi, un'opera di messa in stile...che fa dei segni tradizionali i segni di una lingua astorica e presente ad aeternum. Si ripropone nell'aspetto di un nuovo risultato all'interno di un contesto diverso".[3]

Secondo Harold Bloom prevale un senso di "esaurimento della creatività e dell'angoscia dell'influenza". Le citazioni sono delle ripetizioni che includono sempre una scelta rispetto al testo originale. Si crea un rapporto tra i due testi: l'originale ed il nuovo co-testo. Assistiamo ad un duplice processo: da una parte l'assimilazione del testo originale nel nuovo e dall'altra la creazione di un nuovo testo. Quindi attraverso questo incontro nasce un testo diverso rispetto all'originale. Ma sotto questo punto di vista le citazioni producono sempre echi che provengono dal testo originale ma se vengono inserite in un nuovo contesto produrranno degli effetti diversi.

Nel Novecento è venuto meno il concetto di originalità: "tutto è stato già detto e scritto". Quindi l'arte è diventata un "lavoro di rilettura, di revisione, di composizione e di collage", come nel romanzo di Sciltian Gastaldi in cui si sono accumulate citazioni attinte da fonti diverse. In questo seminario non ripercorreremo il concetto d'imitazione, ma ci occuperemo unicamente dell'imitatio vista come dialogo tra due testi: Gli angeli malvagi di Eric Jourdan (titolo originale: Les mauvais anges, 1955) tradotto in lingua italiana da Francesco Bruno nel 1990 e attualmente fuori catalogo[4] e Angeli da un'ala soltanto di Sciltian Gastaldi. Una caratteristica dell'estetica modernista è che non punta più ad una assoluta originalità ma dialoga con un altro testo: l'intertestualità. Eric Jourdan è nato nel 1940. Vive a Parigi. Ha pubblicato Gli angeli malvagi a sedici anni, nel 1956: subito colpito dalla censura (per trent'anni), il romanzo è rimasto a lungo disponibile solo nella traduzione americana, che ha venduto oltre duecentomila copie.

Note di Copertina


Racconta la nascita dell'amore fra due diciassettenni, cugini, in un'estate degli anni Cinquanta. "Eric Jourdan trasforma la gioventù suprema in un mito tragico, che per essere salvata non ha altra via d'uscita se non il sacrificio [...]." ( La Revue de Presse de Radio France).

La campagna attorno alla Loira costituisce lo scenario della storia d'amore, che è anche itinerario verso l'assoluto, fra Pierre e Gérard: storia splendida e terribile che i due protagonisti raccontano ciascuno dal proprio punto di vista nelle due parti in cui è suddiviso questo romanzo. Se il racconto di Gérard segue quello di Pierre, ne riprende il filo interrotto e giunge sino alla conclusione, "rivede" anche, però, certe situazioni raccontate dal primo e le rielabora gettando nuova luce sugli eventi dapprima teneri e appassionati, poi sempre più drammatici e terribili della loro vicenda. In un mondo chiuso, meschino, soffocante di ricchi borghesi annoiati, i due ragazzi assetati di libertà cedono al richiamo di un panteismo sensuale cui ben si addicono le radure ombreggiate in riva al fiume, i silenzi abitati dal timor panico dell'ora meridiana, tutte le sensazioni visive, tattili, olfattive della campagna. In quello scenario - complici la malinconia infinita che dà la consapevolezza di divenire adulti, i cupi richiami a una misteriosa pienezza del male, la certezza che il dolore sia necessario per preparare l'anima e il corpo a uno stato superiore di grazia - i due ragazzi si abbandonano a un amore viscerale in cui l'uno vuole fagocitare l'altro, entrare in lui, farsi a propria volta divorare dal complice. Il lettore si lascia prendere dal gioco, entra nel gioco, assiste avvinto, non giudica più: la nozione di peccato e di colpa viene abolita, tanto per i protagonisti quanto per noi spettatori affascinati dalla pienezza delle sensazioni, anche le più brutali, dai rituali cruenti e sadici in cui si consuma quell'amore impossibile. "Impossibile" non per il suo essere fuori della norma, ma per la sua irrealizzabile ambizione di far sì che "quei due esseri diventassero ciò che gli uomini chiamano dèi".

Angeli da un'ala soltanto, è stato scritto tra il 1995 ed il 1998, e visto che l'autore non conosce il francese, la mia analisi si basa sul confronto fra l'opera di Sciltian e la traduzione italiana del romanzo di Jourdan, pubblicata da Guanda nel 1990. Il mio breve riassunto di Angeli da un'ala soltanto e la presentazione di copertina di Les mauvais anges rendono già chiara la parentela fra queste due opere. In questa sede ci interessiamo al livello dell'espressione verbale, e ci limiteremo a sottolineare alcune concordanze testuali che rientrano in due categorie diverse: nella prima rientra il riferimento esplicito all'originale (vere e proprie citazioni), nella seconda echi testuali non dichiarati. Quando diciamo "originale", ci riferiamo alla traduzione italiana e non all'opera in francese visto che, come abbiamo già avvertito, l'autore non legge il francese. Sciltian Gastaldi non ha mai dichiarato, in un nessuna delle interviste (neanche in quella che gli ho fatto io prima del convegno[5]) o recensioni varie che sono state fatte sin dalla pubblicazione del suo romanzo, di aver attinto al libro di Jourdan come fonte principale del suo romanzo. Questo dimostra un senso spiccato di ironia da parte dell'autore: c'è un gioco nascosto in questo romanzo. L'autore gioca con i lettori: il lettore esperto, al contrario di quello inesperto, riesce immediatamente sin dalle prime righe del romanzo a riconoscere le ombre su ogni pagina, gli echi de Gli angeli malvagi che al lettore inesperto passeranno inosservati.

Per quanto riguarda la prima categoria di contatti, osserviamo che, pur senza menzionarla esplicitamente, Sciltian Gastaldi fa riferimento all'opera di Jourdan per tre volte per mezzo di citazioni messe tra virgolette (l'ultima volta dice il nome dell'autore). Sappiamo che le virgolette si mettono quando le frasi che citiamo sono uguali, quando non sono presenti sappiamo che dovremmo parafrasare e quindi riassumere a parole proprie. La prima volta è a pagina 45, nella prima lettera che Lele scrive a Francesco: "Quando non ci sei il mondo intero è con te, io vivo in un'ombra e quell'ombra è l'amore, dice Gerard a Pierre, dico io a te". La seconda volta è a pagina 93, nell'email del 15 giugno intitolata Mi manchi già! che Lele scrive a Chicco: "Mio piccolo Gerard, fammi essere per una volta sola Pierre per dirti amami come ti amo io: la felicità è il presente." E la terza e ultima volta è in una lettera che Chicco scrive a Lele, a pag. 236 leggiamo: " Qualcuno che abbia letto Eric Jourdan [...]".

Dopo aver esaminato nei minimi particolari i due testi, siamo giunti alla fine del nostro studio, per cui, sulla base di quanto detto non ci resta che concludere il presente lavoro affermando che, il romanzo Angeli da un'ala soltanto di Sciltian Gastaldi è un abile gioco di intertestualità nascosto basato sul romanzo di Eric Jourdan, Gli angeli malvagi (titolo originale: Les mauvais anges, 1955) tradotto in lingua italiana da Francesco Bruno nel 1990 e attualmente fuori catalogo.


Gli angeli malvagi di Eric Jourdan (titolo originale: Les mauvais anges, 1955) tradotto in italiano da Francesco Bruno nel 1990 e attualmente fuori catalogo e Angeli da un'ala soltanto di Sciltian Gastaldi.

1. Riferimento-esempio esplicito: (ci sono le virgolette)

Sciltian Gastaldi Angeli da un'ala soltanto (2004)

"Quando non ci sei il mondo intero è con te, io vivo in un'ombra e quell'ombra è l'amore, dice Gerard a Pierre, dico io a te" Pag. 45

"Mio piccolo Gerard, fammi essere per una volta sola Pierre per dirti amami come ti amo io: la felicità è il presente." Pag. 93

" Qualcuno che abbia letto Eric Jourdan [...]". Pag. 236

2. Riferimento-esempio implicito: (non ci sono le virgolette)


Eric Jourdan Gli angeli malvagi (1990)

[...] due giovani amanti doppiamente maschi nel loro modo di prendersi e di darsi. Pag. 24

Sciltian Gastaldi Angeli da un'ala soltanto (2004)

Due giovani amanti due volte maschi nel modo di prendersi e di darsi. Pag. 54



Eric Jourdan Gli angeli malvagi(1990) Sciltian Gastaldi Angeli da un’ala soltanto (2004)
[…] e i miei occhi si fissavano, nell’incavo del collo, sui muscoli della gola, che con il loro vigore davano risalto alla dolcezza delle ombre verso la spalla. […] una vena spessa, gonfiata dal caldo […] pag. 11 Adoro l’attaccatura dei capelli di suo figlio sulla nuca, lì dove sono cortissimi e vanno diradandosi per lasciare spazio al collo bello tornito perfetto, attorno al quale mi piace girare con la mia lingua, fino a percepire l’increspatura dei muscoli della sua gola, sentire il rigonfiamento della sua giugulare […] e poi giù fino all’incavo del collo […]. Pag. 54
Fino a quel giorno, la sua presenza m’era bastata per ignorare che a diciassette anni l’amicizia è un nome dell’amore. […], ero pronto a qualsiasi sacrificio pur di sentire la parola amore. […] prima che il risveglio gli restituisse la memoria, ebbi diritto al sorriso […]Pag. 17 Un mese fa non avrei mai pensato di poter amare qualcuno in questo modo. Non pensavo che l’amore potesse essere tanto intenso. Amore. Amore che è profondissima amicizia. […] Io senza di te non riesco a stare, […] pp. 43-44 […] riesco a notare un suo sorriso […] ancora a occhi chiusi[…] Pag. 121 […]
Metà di me era Gérard, […] Più volte ci mancò il respiro e riprendemmo fiato aspirando la stessa aria senza staccarci; mai il mio cuore fu più grande e mai la gioia mi parve tanto vicina al dolore fisico. Aveva baciato così a lungo il mio viso che mi sembrava fatto di diecimila bocche. Eravamo due ragazzi nuovi, il passato non esisteva più, la nostra amicizia si toglieva la maschera di guerra e, lentamente, l’amore stava per posare le mani sui nostri veri volti e cavarci gli occhi. Quanto tempo restammo con la bocca incollata alle labbra dell’altro, in un contatto in cui il più piccolo gesto ci avrebbe feriti? Non lo so, ma furono ore, e quando non resistendo più pensai d’essere in un altro mondo, sentìì di nuovo la lingua di Gérard che cercava la mia. […] Con una voce così bassa che dovetti fargli ripetere la frase, mi disse: «Sei bello». Il mio sguardo gli rispose confessandogli quanto l’ammirassi: furono le nostre sole dichiarazioni d’amore.[…]Essere a dieci passi l’uno dall’altro era già lasciarsi, perché il primo impulso d’amore abolisce il tempo. […] Chiusi gli occhi: portavo in me un paesaggio che noi soltanto eravamo in grado di vivere.Pag. 19-20 Ti amo talmente tanto che travalico i labili confini che separano amore e dolore. Mai la felicità è stata tanto vicina alla sofferenza. […] Per me la vita ormai inizia quando ti vedo e s’interrompe purtroppo bruscamente quando dobbiamo lasciarci. […] I tuoi baci mi lasciano sempre appagato ma mai sazio. Vorrei rendere quegli attimi eterni. Vorrei che non esistesse la lontananza. Vorrei che la dimensione del tempo fosse spazzata via. […] Non vorrei smettere mai di stare con te, di cercare la tua lingua con la mia. Con te è bello anche stare seduti accanto senza parlare. […] pp. 43-44
Tutto era uguale e tutto era diverso. Il giorno estivo non era più un giorno di vacanza in riva al fiume, ma il primo giorno del mondo. Una trappola si chiudeva su di noi, anche se eravamo liberi di correre come in passato. […] Era la luce dell’amore. […] pag. 21 […] –emozioni per te- potessero esprimersi sotto forma di luce, […] ogni volta che ci penso impazzisco dalla gioia, […] Ti scrivo soltanto per dirti che per me ogni giorno è come se fosse il primo. Pag. 65
[…] ci chiuse ciascuno nella nostra camera. Pag. 23 Ora io sono solo nella mia cameretta, e tu nella tua. Pag. 92
Mi voltai, toccando un corpo accanto al mio. […] e mi strinsi teneramente contro la spalla di Gérard. Dormiva, […] il corpo a nudo fino alla vita e una sola gamba nella coperta rossa. […] giacevamo per metà sul lenzuolo spiegazzato e per metà su un drappo color sangue imprigionato sotto una gamba di Gérard. […] Una deliziosa stanchezza m’appesantiva ogni arto, e soprattutto la nuca. […] Gli posai la mano sulla schiena[…] abbracciai Gérard e, lentamente, lo accarezzai. […] mi bastava sfiorare la sua spalla per eccitarmi. […] la mia guancia si lasciò accarezzaredai capelli della sua nuca; la mia mano gli scendeva lungo la schiena[…]pp. 24-26 […] Poi il primo gli posò la bocca sulla nuca….[…] Pag. 75 L’amore ci avrebbe insegnato che calpesta l’orgoglio e tutto ciò che è altro da lui. In otto giorni, ci trasformò in uomini. Pag. 59 Lele dorme ancora. Una gamba fa capolino dalle lenzuola che tiene raccolte e stropicciate all’altezza del petto. Gli appoggio una mano sulla spalla sinistra, e lo accarezzo appena. Mi avvicino sulla sua schiena […] lo attiro verso di me. […] sdraiati, da dietro. E’ sveglio, posso stuzzicarlo soffiandogli sulla nuca e vedere la sua pelle liscia diventare d’oca. Pag. 121
Il mio corpo era tutto un sospiro, lottavo contro le lacrime non appena mi trovavo da solo, non potevo fare a meno di Gérard […] pag. 60 […] l’innamoramento non può sopportare il tempo, come non può sopportare di continuo la presenza che gli sfugge. Pag. 64 […] Io ti amo perché sei una natura bella. Pag. 93 Sento un fortissimo bisogno di scriverti, di comunicarti tutto il mio amore[…] pag. 106 Mi sento […] privo del senso del tempo. Pag. 162
[…]Voglio essere te. Quando sono fra le tue braccia, di tutto il resto non m’importa niente!. Nulla conta, al di fuori dell’amore; ti adoro. E’ la tua vita che voglio, tutta, e per te non deve esistere nient’altro che la mia». E subito dop «Giuriamo….Ma no, giurare è stupid tu sei la mia patria…» Ero travolto dalla gioia […] pag. 66 «Ti amerò sempre» […]. Lacrimoni gli rotolavano sulla guancia….pag. 67 Gèrard era l’amore. Gérard era il mio amore. Non volevo sapere nulla del suo passato […] p.69 Impazzivo nel saperlo toccato da mani che non erano le mie […] pag. 75 […]da ormai la mia vita sei tu. […] non riesco a staccarmi da te. Dal pensiero di te. Quando stiamo insieme, questo mi sembra davvero il migliore dei mondi possibili. […] Quando ci abbracciamo vorrei stringerti talmente forte da farti entrare in me. Non posso sopportare la lontananza. Il mio presente sei tu. Il mio futuro esce fuori dai tristi confini dell’incertezza e diventa sicuro. Sei tu. […] pensa che io vivo in te. E tu in me. Pag. 45 Una lacrima scende stupida e ribelle lungo la mia guancia.[…] Piango perché ti amo. Pag. 44 Se penso che […] altre mani hanno sfiorato la tua pelle, […] io brucio dalla rabbia! Pag. 93
Gérard non è perverso? Pag. 77 Gli innamorati sono così presi dal loro sogno che esso scaturisce da loro come il getto di una fontana e che, senza volerlo, sommergono d’amore tutto ciò che li circonda. Pag. 92  Mio dolce angelo perverso pag. 134 […] La saliva di Gérard aveva freschezza d’acqua, ma il suo bacio la rendeva bollente. Pag. 19 Voglio che tutto il mio amore per te esca da me come acqua dal getto di una fontana e ti sommerga fino a farti chiedere aiuto per riuscire a liberarti. Pag. 45
Pierre era il mio sogno. L’assolutezza di un cuore di diciassette anni, la sua gioia, l’amicizia fino alla morte, la solitudine degli innamorati in un giardino, contro un muro o nel buio, la tristezza del ragazzo che ne abbraccia un altro, il bisogno di presenza, tutto questo era il sangue di Pierre. Pag. 111 Amare Pierre mi rendeva migliore, stare accanto a lui mi rivelava la presenza del dio […]«Sempre», per me, era il presente. Pag. 111 «Ti adoro» pag. 151 […] quello di un essere metà l’uno metà l’altro, doppio e unico come una coppia di gemelli…pag. 117 […] Cullati nel sangue che pulsa in me, che scorre nelle vene, che anima il mio corpo. Partiamo, Francesco, va bene. Allontaniamoci da questo mondo oscuro, via dall’incomprensione e dall’ipocrisia. Pag. 106     “Tu sei il mio dio: io ti adoro” mi hai detto più volte[…] pag. 163
dovevo confessare a qualcuno il mio amore, […] «Romantica o no, sono innamorato e tu puoi aiutarmi» pag. 126-127 L’innamorato che ha trascorso la notte accanto a colui che ama vede arrivare il mattino senza timore e senza sapere che è di nuovo giorno; l’innamorato la cui passione è prigioniera della notte, aspetta, non può dormire e non appena la parte inferiore del cielo è baciata da un riflesso più chiaro, lui si alza e corre per ricuperare il tempo perduto; ma l’innamorato cui rimangono soltanto il ricordo e un solo grido per chiamare la morte e l’amore, disprezza le ore, disconosce la notte, non dorme né veglia, ha soltanto fretta di morire. Io ero quell’innamorato, il mio grido era Pierre. Il mio corpo quel grido. Pag. 155 Voglio che tu mi aiuti. Voglio che tu mi aiuti a urlarti quanto conti per me. Voglio che tu mi faccia uscire da questo silenzio e che tu mi permetta di comunicare tutto ciò che sento per te. […] Ti prego, aiutami davvero a comunicarti tutto il mio amore per te. Pag. 44-45   Un amore alle spalle come un bel sogno al mattino buio sole, risveglio nero e voglia di tornare a dormire, per sempre. Pag. 249

Un altro gioco nascosto dell’autore: aguzzate la vista!

A pagina 10 Gastaldi scrive che "Dov'è che mi ha detto di piazzarmi? Sotto al quarto angelo a partire dal castello...dunque uno, due, tre...e quattro. Sì, ma da che lato? Boh, io mi siedo di qui, brrrr, che al Cupolone è sempre meglio non dargli le spalle, specie se stai su un ponte. 'Cor meum vulneravit' dice l'iscrizione di via crucis sul piedistallo dell'angelo di marmo davanti a me". E a pagina 250 ripete l'iscrizione 'Cor meum vulneravit' nel finale del libro. Mi sono accorta che l'angelo in questione non è il quarto ma è l'ultimo sulla destra, il quinto, se si guarda Castel Sant'Angelo. E l'incisione è come vediamo nella foto:"Vulnerasti cor meum".

Cor meum vulneravit : Egli ha ferito il mio cuore

Vulnerasti cor meum: Tu hai ferito il mio cuore

Toronto, 30 marzo 2008. Breve intervista a Sciltian Gastaldi:

1. Mipiacerebbe capire l'orizzonte da cui è nato il tuo romanzo e le sue radici recondite. Come ha scritto Pier Vittorio Tondelli ne Il mestiere di scrittore: "Mi piace quando si scoprono degli aspetti che l'autore magari ha tralasciato o trascurato, sui quali non ha riflettuto. Mi piace quando si accostano sequenze di film o canzoni ai testi, perché molto spesso molte scene nascono da lì. Credo che la funzione nobile della critica sia quella di interpretare il testo, di approntare un discorso intorno al testo in modo da far emergere quelle linee profonde e quelle risonanze che lo collegano alla storia della letteratura, al suo sviluppo, al suo ritorno". Che cosa ti ha spinto a scrivere questo romanzo?

Come dico nei ringraziamenti alla fine del libro, avevo una bella storia da raccontare. Una storia d'amore, un dramma familiare, il processo di una maturazione interiore. Dei personaggi chiari in testa, che a un certo punto mi hanno preso la penna e sono andati avanti da soli. L'intenzione era di scrivere una storia d'amore e di formazione che avesse due ragazzini gay come protagonisti. Il libro ha avuto una genesi molto lunga e la sua prima versione è del 1995. Allora nel panorama letterario italiano l'omosessualità non era ancora mai stata rappresentata in modo romantico e semplice. In questo senso mi è piaciuta molto la critica che ne ha fatto Adele Cambria, storica femminista e già attrice pasoliniana. La condivido.

2. Una curiosità sulla corrispondenza tra Francesco "Chicco" e Emanuele "Lele": "non neghi di aver tratto spunti dalla tua storia personale" ma le emails e le lettere del libro non sembrano essere spunti, sembrano reali non romanzate. Quasi una confessione, forse?

No, nessuna confessione. Solo le prime due lettere sono tratte dalla realtà, le altre sono inventate sulla base di ciò che avevo stabilito per i personaggi. La parte autobiografica del romanzo è in realtà molto contenuta, diciamo un 30%. Ho vissuto una storia d'amore molto intensa intorno alla stessa età dei due personaggi, ma chi non l'ha vissuta da adolescenti? Però gli elementi autobiografici si fermano qui: anzi direi che soprattutto i membri della famiglia di Chicco sono un po' il contrario di quelli della mia famiglia. Per dire, mia madre è ancora ben viva, mio padre è un laico repubblicano fervente che ha lavorato nel mondo del cinema, mia sorella è una signora di mezza età con tre figli grandi, che si definisce "fascista", ho avuto un fratello morto a 23 anni... io stesso ho poco a che vedere con Chicco, tanto per dirne una non ne condivido nemmeno l'orientamento sessuale. L'unico personaggio un po' meno inventato è, semmai, Lele. Ma meno male che è così, non mi sono mai piaciute le storie con troppa autobiografia dentro, quelle per dire dove il personaggio principale fa lo scrittore o qualcosa del genere, semplicemente perché l'autore non riesce più ad astrarre e a immaginare un personaggio che faccia un lavoro qualunque ma distante dal proprio.


3. Nel tuo romanzo è molto importante l'idea dell'assenza: la scomparsa irrimediabile di un essere amato o la perdita di qualcosa a cui era ancorata l'esistenza, "un angelo che non può più volare", un angelo che viene appesantito dal peso delle ferite del cuore che non si rimarginano. Questa esperienza filtra poesia. Ha significato molto la poesia nella tua vita? Quali sono i poeti che hai amato di più e che ti hanno maggiormente influenzato?

L'idea dell'assenza, dell'abbandono è una delle grandi chiavi di lettura di "Angeli". Una molla che mi è giunta dalla famosa frase di Jeannette Winterson: "Perché la perdita è la misura dell'amore?" e da ciò che Tondelli ha scritto in proposito. Spesso nella vita la morte, reale o sotto forma di assenza improvvisa e permanente, di una persona amata o di un parente vicino, porta a capire tante cose che prima non si avevano chiare davanti agli occhi. Può succedere perfino quando un'amicizia di lungo tempo s'interrompe all'improvviso per un irrimediabile tradimento. Ma a maggior ragione può applicarsi alla fine di un amore. In quella improvvisa assenza, si vedono le cose in modo assai più nitido. Magari in bianco e nero, ma nitido. Perché sono convinto che i rapporti umani sono, alla fine, la cosa più preziosa che possiamo costruire prima della nostra paternità/maternità. Che dopo tutto è un altro genere di rapporto umano.

No, la poesia non ha mai significato molto nella mia vita. Non sono impermeabile ai versi di un Auden, di un Montale, di un Ungaretti, di un Pessoa o di un Pasolini. Ma ho sempre privilegiato la prosa, anche in Pasolini, per dire. La prosa: da Richler alla Winterson, da Leavitt a Kureishi, da Tondelli a Salinger, da Gadda a Calvino, da Philip Roth a Ian McEwan, da Meneghello a Pirandello, fino a Stephen King, guarda. Una bella poesia la si può scrivere in un momento di particolare ispirazione. Un bel romanzo ha bisogno almeno di una stagione di profonda ispirazione. Penso che per questo sono sempre stato attratto più verso la prosa.


4. Quanto tempo hai impiegato per trovare un editore per il tuo romanzo?

"Ci ho messo la bellezza di nove anni a trovare un editore per "Angeli da un'ala soltanto". Io sono un buon lettore e sapevo di aver scritto non un capolavoro ma comunque un buon romanzo, per avere 22 anni (la prima versione è di allora). Eppure nell'editoria italiana non ho trovato fortuna soprattutto a causa del tema: affrontare l'amore omosessuale di due post-adolescenti nel modo pulito e passionale in cui l'ho fatto io, non piaceva alla grande maggioranza degli editori. L'unica soddisfazione che ricevetti fu una telefonata da Alberto Franchini, che è un famoso editor della Mondadori. Mi chiamò per dirmi che se avesse potuto segnalare almeno due testi di esordienti italiani, il mio sarebbe stato segnalato. Invece da un po' di tempo poteva fare solo una segnalazione e in tal caso la cosa funzionava su base politica, non per merito. Fu lui a suggerirmi, nel 1998, di provare con le case editrici di medie dimensioni, e fu lui a farmi il nome della Pequod di Ancona.

Quando spedii il testo a loro, ci misero anni a rispondermi. Nel frattempo avevo collezionato la lettera di rifiuto di qualcosa come 28 editori. Tutte o quasi lettere non standard, con ampi riferimenti al mio testo, a significare che lo avevano letto davvero. Ma la motivazione finale era sempre la stessa: "Angeli" non rientrava nella "linea politica editoriale della casa editrice". Insomma, era un testo scomodo. Ma alla fine la Pequod disse di sì. Decisero di scommettere su di me, e si vide subito che i tempi erano più che maturi per quel genere di libro lì, e infatti "Angeli" è divenuto nell'arco di pochi mesi un vero e proprio cult-book non solo presso migliaia di adolescenti gay, ma anche presso molta gente che era eterosessuale ma si è fatta coinvolgere dalla storia d'amore tra Chicco e Lele.

Puoi immaginare la mia amarezza quando, nonostante gli incredibili numeri di vendita (alla fine ho saputo da Marco Monina, il proprietario della Pequod assieme ad Antonio Rizzo, che "Angeli" ha venduto oltre 6000 copie, che in Italia per un esordiente è un dato immenso) la Pequod ha cominciato sistematicamente a promettere delle iniziative per spingere di più il libro e poi a non mantenerle mai. Ufficialmente la motivazione era che non avevano i fondi necessari per portare a termine ciò che promettevano, ma rimane il fatto che alla fine il libro fu pubblicato senza spendere un centesimo in pubblicità, marketing, fascette e sostanzialmente privo di editing (la versione che hai letto tu invece l'editing lo ha ricevuto, grazie a una mia conoscente scrittrice) e dei circa 35 reading musicali che ho fatto da Salerno a Trento ben 34 me li sono organizzati da solo, senza ricevere un centesimo dalla Pequod nemmeno per coprire gli spostamenti logistici. Alla fine, quando è stato chiaro che la loro attività promozionale era pari a zero e che nemmeno i diritti d'autore mi sarebbero stati pagati, ho deciso di far loro causa. Ci sono diversi autori Pequod che non hanno mai visto un centesimo dei loro diritti, ma per lo meno non hanno venduto che poche centinaia di copie dei loro libri, per cui il danno è molto contenuto.

Adesso, tra pochi giorni, ho deciso di procedere a una autoproduzione del romanzo, perché continuo a ricevere mail da lettori o fan che vorrebbero comprare il libro ma non lo trovano in giro, dal momento che l'editore per ripicca ha smesso di stamparlo e di distribuirlo. Mi espongo a mia volta alla possibilità di essere querelato dalla Pequod, per via del diritto di esclusiva del contratto, che vale fino al 2013. Ma visti i tempi delle cause italiane, penso proprio che mi esporrò al rischio, perché è più importante ridare vita al mio romanzo e farlo circolare tra chi lo vuole leggere".


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