L'omofobia favorisce l'Aids

Cose che ho udito alla conferenza mondiale di Città del Messico

1) - Global action now!

Di: Sandro Mattioli - Responsabile salute Arcigay Il Cassero (Bologna)

Dal 3 all'8 agosto 2008 si è tenuta a Città del Messico la XVII conferenza mondiale sull'AIDS e, per la prima volta, Arcigay ha partecipato alla conferenza. Decisamente in ritardo, ma è importante aver fatto il primo passo.

Alla conferenza hanno partecipato oltre 24.000 delegati da tutto il mondo. Pensate ad una piccola città che si muove e si sposta lungo i corridoi.

Gli argomenti trattati spaziavano dall'area scientifica, alla politica, alla sociale e gli organizzatori consigliavano caldamente di organizzare per tempo un percorso assembleare da seguire, visto il numero enorme degli interventi.

Il titolo della conferenza, Global Action now!, è stato il motivo conduttore della maggior parte degli interventi. Quasi tutti i relatori, infatti, hanno sottolineato l'assoluta necessità di un approccio globale al problema HIV/AIDS, la necessità di fare rete, di condividere le informazioni, i finanziamenti, gli sforzi anche delle associazioni di lotta contro l'AIDS e di persone sieropositive.

Dalla conferenza è emerso con chiarezza che oggi più che mai è necessario il lavoro coordinato di tutti gli attori della lotta contro l'AIDS: ricerca, industria, finanza e associazionismo ed è stato ripetutamente sottolineato che l'HIV non si sconfigge solo sul piano sanitario e, soprattutto, non lo si sconfigge, anzi prolifera, laddove i diritti umani non sono garantiti o fruibili nella loro interezza.

L'importanza della lotta contro l'omofobia, è stata sottolineata anche dal Segretario Generale dell'ONU, Ban Ki-Moon, nel suo intervento all'apertura della conferenza.

La conferenza è durata ben sei giorni per cui potete immaginare quanti spunti di riflessione abbia offerto. Per brevità ne propongo solo alcuni.

2) - Un vaccino ancora lontano

La prima domanda che invariabilmente salta fuori ad ogni evento sull'HIV riguarda il vaccino.

Il workshp forse più interessante a riguardo, organizzato dal Governo canadese, è iniziato con una frase importante del dott. Bernstein, direttore della Global HIV Vaccine Enterprise: "No individual, no country will develop a vaccine alone" ("Nessun individuo, nessuna nazione riuscirà a sviluppare da sola un vaccino").

Una discreta marcia indietro se si considera che nel 1997 fu il Presidente Clinton a lanciare la creazione di un centro ricerche con lo scopo specifico di sviluppare un vaccino entro il decennio successiva. 10 anni dopo, il fallimento di quella politica è evidente, e un cambio di politiche è necessario per andare avanti.

Tuttavia, anche se un vaccino non è ancora stato trovato, dal 2001 (anno della dichiarazione di intenti delle Nazioni Unite sull'HIV/AIDS), dei progressi sono stati fatti.

Nel campo degli investimenti per esempio: passati da 186 milioni di dollari nel 1997, a oltre 993 milioni nel 2006.

3) - Notizie non tutte incoraggianti

Ciò detto le altre notizie non sono molto incoraggianti. È stato chiaro fin dal fatto che il dott. Anthony Fauci, direttore del National Institute of Allergies and Infectious Diseases - National Institutes of Health ovviamente USA, ha ritenuto di dover spiegare perché è necessario tendere verso il vaccino probabilmente in ragione dei numerosissimi fallimenti.

I motivi sono semplici nella loro drammaticità:

  • 25 anni dopo la scoperta del virus, il numero delle persone sieropositive continua a crescere. Nel 2007 erano circa 33 milioni e 2.5 milioni di persone sono morte di AIDS sempre nel 2007.
  • Dall'inizio della pandemia sono 25 milioni le persone morte per AIDS.
  • Passi in avanti ne sono stati fatti. I farmaci antiretrovirali hanno aumentato enormemente l'aspettativa di vita di coloro, ancora pochi, che riescono ad avere accesso ai farmaci, ma i nuovi casi di sieroconversione, che continuano a crescere, rendono di difficile attuazione lo sviluppo dell'accesso ai trattamenti.
    Per ogni 2 persone che iniziano la terapia ci sono 5 nuove infezioni.
    Quindi la ricerca del vaccino deve assolutamente continuare e, nonostante siano falliti molti studi, i ricercatori sono ben lontani dall'arrendersi.

4) - "Un formidabile ostacolo scientifico"

Gli ostacoli principali per la realizzazione di un vaccino, definito "un formidabile ostacolo scientifico", dipendono dalle peculiarità del HIV, che è in grado di rendersi "invisibile" al sistema immunitario che, come sappiamo, è il suo target di distruzione e dal quale riceve una risposta naturale inadeguata.

Inoltre il virus è in grado di formare un "santuario", una riserva protetta al riparo dai farmaci; c'è sempre il problema della diagnosi precoce perché una reale possibilità di eradicazione del virus l'avranno solo le persone che vengono diagnosticate positive nei primi momenti dell'infezione.

Inoltre appare sempre più probabile che un eventuale vaccino avrà molto a che vedere con il profilo genetico personale.

Molto importante il fatto che anche i relatori scientifici hanno posto l'accento su argomenti che conosciamo bene: la fine della discriminazione, ricerca e monitoraggio mirato ai gruppi più vulnerabili, come elementi essenziali per rallentare la corsa del virus.

5) - Il ruolo dell'omofobia nel diffondere l'Aids

Sono stati presentati parecchi studi mirati agli MSM (men who make sex with men).

Alcuni hanno definito delle determinanti particolari degli MSM rispetto alla possibilità di infezione.

A parte quelle ovvie, rapporti sessuali anali non protetti con persone infette, fattori che influenzano il rischio e la vulnerabilità degli MSM sono la violazione dei diritti umani, la criminalizzazione dell'orientamento sessuale, stigma e discriminazione, l'omofobia.

Per capirci, gli Stati che prevedono leggi contro la sodomia non aiutano certamente la prevenzione anzi, sono proprio quelle stesse leggi a creare un rischio per la salute pubblica.

86 Stati nel mondo hanno leggi che criminalizzano i rapporti sessuali fra uomini adulti e consenzienti: è il caso di più della metà dei paesi africani, proprio dove la prevalenza di AIDS è fra le più alte al mondo. 10 stati prevedono la pena di morte per il reato di omosessualità (Pakistan, Arabia Saudita, Iran, Nigeria, Sudan...).

Molto toccante è stata la testimonianza di un attivista gay del Senegal. Essere attivisti gay nel Senegal, ci spiega, è contro la legge, chi lo fa come lui, non può dirlo apertamente.

Il semplice socializzare deve essere fatto clandestinamente, in locali che la polizia spesso chiude. "Quando usciamo dai bar gay", ci dice l'attivista, "dobbiamo farlo a piccoli gruppi, prendere strade diverse per tornare a casa dalle nostre mogli e figli". Sì, mogli e figli perché in Senegal l'unica possibilità di avere una vita accettabile socialmente parlando è sposarsi e avere dei figli. Insomma una legge assurda costringe i gay a fare una vita di merda e le donne a sposare uomini segretamente gay e che forse neanche le amano.

Ciò detto qualche buona notizia c'è: la conferenza è iniziata con la prima marcia internazionale contro l'omofobia, un grosso passo in avanti per il Messico. Ma c'è di più.

Gli organizzatori avevano dichiarato per tempo che il focus della marcia sarebbe stato contro il governo del Panama, l'unico paese latino americano che ancora ha leggi che criminalizzano l'omosessualità. Due giorni dopo la marcia, le leggi sono state modificate, a dimostrazione del fatto che con la volontà e il tempo i risultati arrivano.

Le conclusioni degli studi sono state sintetiche ma chiare: l'HIV continua ad infettare in modo elevatissimo gli MSM nel mondo; l'esclusione dai sistemi di sorveglianza e/o l'assenza di prevenzione mirata, la difficoltà di accesso ai trattamenti e alle cure sanitarie costituiscono ancora un enorme limite alla risposta globale contro l'HIV/AIDS.

Epilogo: abbiamo fallito nel far scendere l'incidenza dell'HIV fra gli MSM perché, tranne qualche eccezione, NON ci abbiamo provato.

Quando l'ho sentito questa frase, non ho potuto fare a meno di chiedermi: perché, l'Italia ci prova? Avete mai visto uno straccio di campagna mirata? Solo l'Emilia Romagna ha fatto un tentativo, timido ma importante.

7) - Il fallimento clamoroso della prevenzione incentrata sull'astinenza

Un ultimo punto riguarda un bel workshop sulle politiche sanitarie pubbliche e sul perché invece di basarsi sull'evidenza scientifica, si basano sui deliri dei vari governi o preti.

Un ricercatore USA ha dimostrato che l'ABC (Abstinence, Being faithful, Condom) la teoria di Bush per fermare l'AIDS che molti sostengono anche in Italia, non funziona.

Lo studio, fatto su due gruppi di studenti provenienti da parecchi stati USA, ha dimostrato che l'ABC non ha portato a risultati apprezzabili (niente calo dei rapporti sessuali, niente aumento dell'uso del preservativo), mentre hanno funzionato alla grande i programmi di educazione sessuale e di prevenzione all'HIV proposti al secondo gruppo.

Con buona pace di coloro che mettono l'ideologia religiosa o la stupidità politica davanti ai dati di fatto, costringendo valenti scienziati a spendere soldi in studi inutili per chiunque abbia almeno due neuroni nel cranio.

Nel frattempo però chissà quanti giovani americani si sono infettati perché la mamma o il papà sono ferventi battisti.

Penso che sia del tutto evidente il parallelo con lo specifico italiano, quindi non dico altro.

8) - La conclusione

In conclusione il messaggio uscito dalla conferenza è semplice nella sua complessità: contro l'HIV serve un approccio globale, sia sul piano sanitario-scientifico, che sul piano politico, sociale ed economico.

Per quanto riguarda la comunità omosessuale, numerosi studi hanno dimostrato che l'omofobia favorisce l'avanzata dell'infezione.

Se questo è sicuramente vero per il sud del mondo, dove sovente l'omosessualità è illegale, è altrettanto vero per l'Italia dove l'omofobia, opportunamente guidata, alimentata, favorita e sostenuta dal vaticano, dall'arsura intellettuale dei politici, dall'assurda e controproducente divisione interna al movimento LGBT, è ancora solidamente presente.

Lo stigma sociale che ne deriva porta ancora troppi omosessuali italiani a vivere celando identità e orientamento sessuale, lasciando di conseguenza ampi spazi di azione all'HIV, così come alle altre MTS.

Una "cura" per l'HIV/AIDS esiste e si chiama comunità, famiglia, empowerment, accettazione. In una parola, orgoglio omosessuale.
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