Storia di Elio

1 marzo 2015


di Cristoforo Magistro

La questura di Firenze si interesserà per la prima volta a Elio il 28 Ottobre del 1936 manifestando subito un certo accanimento nei suoi confronti. Un accanimento che non ha tanto a vedere con sue particolari colpe, ma che mira a costringerlo a fare rivelazioni su un personaggio della scena cittadina: “il noto pederasta M., col quale ha condotto vita in comune”.
All’epoca il giovane ha 21 anni e, nel corso di una perquisizione, la polizia trova una lettera speditagli da Parigi da un certo Roger che contiene particolari sul loro rapporto e una banconota da cento lire. É, questa lettera, il secondo elemento di colpevolezza, non risulta altro a suo carico. Ciò nonostante, dopo essere stato sottoposto a pesanti interrogatori e costretto a dire ciò che si vuole che dica, il 28 dicembre, con procedura d’urgenza, sarà condannato a quattro anni di confino.
Giusto per avere un termine di confronto, va ricordato che la giustizia si interesserà per la prima volta a Calogero Vizzini, il criminale destinato a capeggiare la mafia siciliana nel secondo dopoguerra, quando aveva 25 anni e lo manderà una prima volta al confino nel 1927, quando di anni ne aveva 50. Vale a dire che mentre per Elio basteranno appena due mesi fra il primo contatto con la polizia e il confino; per confinare Vizzini ci vorranno invece venticinque anni. Un quarto di secolo durante il quale aveva collezionato una trentina di imputazioni fra cui quella per rapina, associazione a delinquere, bancarotta, corruzione e omicidio subendo solo, fra un'assoluzione e l'altra per mancanza di prove, un paio d'anni di carcere. Prosciolto condizionalmente dal confino alle Tremiti nel 1931, dopo appena otto mesi, vi sarà rimandato per la seconda volta quattro anni dopo. Questa volta, anche lui finirà in provincia di Matera, precisamente a Tricarico, una sede di diocesi prossima a quella di Muro Lucano di cui un suo fratello, monsignor Giovanni Vizzini, era vicario generale. Ci dovrebbe restare cinque anni, ma ne farà poco più di due, stimato e riverito da tutti.

Fotografia segnaletica del capomafia Calogero Vizzini
La comparazione fra i due casi potrebbe finire qui se non fosse per un altro particolare che s'impone all'attenzione.
Calogero Vizzini - che nel 1922 aveva partecipato a Londra alle trattative per la formazione di un trust internazionale dello zolfo e al quale sarà poi attribuito il merito di aver preparato lo sbarco degli americani in Sicilia nell'estate del 1943 ricevendone in cambio appoggi come la nomina a sindaco di Villalba, suo comune di nascita-  sarà considerato confinato comune, Elio un confinato politico.

Confinato politico poichè “moralmente pericoloso alla società ed alla sicurezza pubblica”  in quanto “diffamato dalla voce pubblica” come omosessuale, anzi -non si sa in base a quali elementi- quale psicopatico sessuale. A tale riguardo non è il caso di pensare a chi sa cosa. Basterà ricordare che all'epoca era ritenuta perversione "qualunque manifestazione dello stimolo sessuale" non finalizzata alla riproduzione" e quindi l'omosessualità era, di per se, la più grave delle perversioni[1] . E confinato politico perchè l'ordinanza a suo carico fu emanata nel 1936, l'anno iniziale del triennio durante il quale il fascismo applicò all'omosessualità un trattamento esplicitamente razzista[2] . Un'etichetta che, a giudicare dagli altri casi di confinati per lo stesso motivo esaminati da chi scrive, non lo tutelò per nulla dalle gravi persecuzioni cui fu sottoposto per un certo tempo.
Tutto ciò detto e se si vuole che le parole mantengano il significato proprio a ognuna, come si faceva a considerare la vita privata di un povero giovane politicamente rilevante e a considerare faccende private le gesta di un personaggio che aveva già dato prova dello spessore criminale che lo porterà a capeggiare la mafia siciliana? Non era, oltretutto, il Vizzini stato uno dei fondatori del fascismo di Caltanissetta[3] ?
Ma lasciamo Destinato in un primo momento a Seulo, in Sardegna, sarà poi trasferito ad Accettura, in Basilicata.
Circondato da boschi e abitato da pastori e carbonai, questo era fra i paesi più poveri e isolati di una regione povera e arretrata. Tanto che era già stato individuato come destinazione ideale per gli zingari, una categoria di confinati difficile da sistemare altrove[4].
Poteva quindi andare bene anche per un soggetto come Elio.
Ma Accettura non si rivelò l’inferno cui le autorità pensavano di averlo destinato; per lo meno non quanto ad accoglienza e trattamento fattogli dai suoi abitanti.
Elio era ceramista e il signorotto del luogo ne approfittò per fargli fare qualche lavoretto di  restauro nel suo palazzo, il più antico e bello del paese. Già questo rapporto lo collocava su un piano, per così dire, di rispetto nella comunità, ma fu soprattutto la simpatia che incontrò fra la gente a rendere il suo soggiorno meno penoso del previsto.   
I lucani accolsero in genere i confinati con umanità e calore. Non per astratta bontà, ma per solidarietà, perché si identificavano in loro. Molti avevano infatti conosciuto di persona l’esilio dell’emigrazione, tutti avevano qualche congiunto in qualche parte del mondo.
Fu così che in molti paesi di confino nacquero amori che si conclusero in qualche caso con il matrimonio. Più spesso si ebbero tresche, pettegolezzi, gelosie e qualche incidente.
Suscitavano interesse soprattutto gli esiliati – così, racconta Levi, erano spesso chiamati - di città poiché rappresentavano la modernità, un’illusione di fuga dal cono d’ombra del campanile, il sogno di una vita altra.
Ed Elio incarnava tali sogni. La sua foto segnaletica ci mostra infatti un giovane dal sorriso aperto e dall'aria fiduciosa; evidentemente, ad onta delle circostanze in cui era stato ripreso, era quella la sua espressione naturale. Buon carattere, prestanza, eleganza, un non so che di esotico e una discreta somiglianza con Rodolfo Valentino rendono questo fiorentino assai popolare nel paesino.

Oltre alla somiglianza, ha del divo anche la cura della persona e l’aspetto. Mal gliene incoglierà: “E’ il più elegante – annotano i carabinieri a qualche mese dal suo arrivo- : ha con sé tre abiti e non manca di fare sfoggio con l’indossarli a più riprese”. Ha acquistato un paio di scarpe spendendo 80 lire e “proprio ieri – aggiungono- si stava comprando una cinghia per pantaloni e che pattuiva, niente po’ po’ di meno per lire 40”. E ancora: “si permette il lusso di sorbire, come s’è avuto agio di constatare, due uova al mattino e la zuppa di latte la sera”.
Insomma Elio non incontra le simpatie dei due militi che in chiusura del loro rapporto scrivono: “dal giorno del suo arrivo non ha tenuto una spiccata buona condotta”.
Cosa ha fatto precisamente? “Lo si è visto spesso in giro per il paese in compagnia di giovinastri; lo si è visto finanche trattenersi in qualche esercizio pubblico”.
Tanto basta per una prima diffida.
“Da allora, prosegue il rapporto, mentre nel pubblico ha dimostrato buona condotta ha preferito accarezzare le sue abitudini nella propria abitazione dandosi convegno con i suddetti giovinastri e qualche volta consumando in compagnia di essi delle fugaci cenette”.
La cosa non può più essere tollerata e perciò appena sanno di un’altra sua cena, vanno ad arrestarlo. Per contravvenzione al sesto capoverso dell’art. 186 del testo unico di pubblica sicurezza che prescrive “di tenere buona condotta e di non dar luogo a sospetti”.
L’atto sembrerebbe formalmente ineccepibile; i carabinieri i sospetti li hanno.
Sottoposto a giudizio, Elio sarà però assolto poiché fra i suoi obblighi non c’è il divieto di cenare in compagnia; d’altra parte – recita la sentenza- “quel che si accingesse poi a fare si suppone, ma non si può dare forma alle supposizioni né punire per un delitto potenziale” .
Contro il verdetto interviene il questore chiedendone la riforma, ma il procuratore del re gli spiegherà che non si può produrre appello in materia di contravvenzioni.
Per i carabinieri di Accettura l’assoluzione sarebbe stata per Elio “un incitamento a ripetere gozzoviglie senza che l’Arma potesse fargli nulla”. Di questo non solo si sarebbe vantato con gli amici, ma per festeggiare l'evento avrebbe organizzato, per quella sera stessa, una cena.
Ciò gli costerà una nuova diffida, anzi molto di più poiché, si tiene a precisare, la diffida sarà fatta “non certo con le buone” per avvertirlo che, sentenza o non sentenza, si sarebbe potuto “procedere nuovamente al suo arresto” tutte le volte che lo si fosse ritenuto necessario.
In ogni caso “Da quella sera quest’Arma non gli ha dato modo neanche di respirare, costringendolo con diverse visite, in diverse ore, anche di notte inoltrata, ad osservare scrupolosamente gli obblighi”.
Si può non credere a un carabiniere che, parlando a nome dell’intera Arma, dichiara con tanta franchezza al questore il suo modo di operare?
E che, temendo che il destinatario di tanto zelo possa sfuggirgli, avverte: “Questa assidua vigilanza non tanto piace a …: egli presagendo un secondo arresto, non troppo lontano, o forse vedendosi vigilato in tal modo da non poter più abbandonarsi alle gozzoviglie, ha scelto la via, secondo lui, migliore: il trasferimento per motivi di salute.
A meno che il sanitario non gli riscontri mali interni, …gode ottima salute…
Il movente, secondo quest’Arma, va ricercato esclusivamente al fatto dell’assillante vigilanza da cui vorrebbe liberarsene (sic) trasferendosi altrove.”
Per una volta i sospetti si riveleranno fondati. Elio è proprio dalla loro persecuzione che vuole liberarsi e non ha nessun male interno.
Gozzoviglie - vale a dire, secondo i dizionari, chiassose e intemperanti baldorie - è questo il termine ripetuto ossessivamente in relazione alle cene che Elio farebbe con qualche amico. Ma l’unico episodio di gozzoviglia scoperto era stata una cena a tre in cui si era consumato un litro di vino e un chilo di pasta.
Si è già visto che cenare in compagnia non era stato considerato una violazione degli obblighi imposti dalla carta di soggiorno. Ma, incuranti della legge e spalleggiati dal questore, i carabinieri continuano a infierire per lo stesso motivo: le presunte gozzoviglie.
Per farsi un’idea delle condizioni in cui i confinati si venivano a trovare, bisogna tener presente che, fatta eccezione per chi disponeva di buoni mezzi come il medico Carlo Levi e qualche mafioso di spicco, tutti gli altri alloggiavano - da soli o in due o in tre, secondo l'estro del podestà o del brigadiere del paese - in stanze - indipendenti oppure collegate all'abitazione del proprietario - di un solo vano, senza servizi igienici e spesso senza finestre. Avevano quindi bisogno di stare, quando la stagione lo consentiva, fuori casa, come, d’altronde faceva la popolazione locale, ma ciò non era loro consentito. Questi alloggi di fortuna spesso non avevano neppure un focolare, non per questo durante la stagione fredda i confinati potevano trattenersi al calduccio in qualche cantina oppure ospiti di qualche famiglia del posto. Erano inoltre obbligati a darsi a “stabile lavoro”, ma lavoro per molti di loro non ce n’era. 
Dalla lettura della documentazione relativa al periodo passato ad Accettura, si nota un particolare accanimento da parte di uno dei due militi della locale stazione. Quello il cui nome in uno dei verbale citati è erroneamente riportato come Rosaria. Non è questi il solo appartenente alla Benemerita a complicargli la vita in questi mesi: “Non capisco, Elio – gli scriveva un’amica in quei mesi, preoccupata per il suo silenzio-, forse l’amicizia con quel carabiniere che Eugenio mi scrisse. Mi raccomando Elio, come una tua sorella, anzi come la vera madre, sii buono e sappiti dominare.”
È noto che una delle cause dell’omofobia è la paura del “contagio” da parte di chi non è sicuro del proprio orientamento sessuale.
E fu sicuramente  il terrore del “contagio” che Elio poteva diffondere a sollevare dicerie e preoccupazioni sulla natura dei rapporti che questi aveva con i giovani del paese. Dopo averle create sono però gli stessi militari dell'arma ad escludere che sia accaduto alcunché di male: “Diverse e non una soltanto sono le relazioni amorose che ha tentato di coltivare anche con minorenni del luogo: ma invano. Diverse, per contro, sono anche le ragazze del luogo che gli corrono dietro per la sua prestanza fisica, il comportamento ed il lusso.
La sua presenza in Accettura, le sue mosse, il suo comportamento se pur non ha degenerato (sic) lagnanze da parte di padri di ragazze da lui pretese in fidanzamento, sta seccando un po’ troppo la pazienza di diversi.”
A conclusione di questa, già poco coerente, informativa si legge infine: “il suo debole è la donna, forse anche la pederastia: occorre senz’altro sia trasferito in altra sede per evitar un qualsiasi sicuro inconveniente.”
Il 19 luglio 1938 il prefetto ne chiede il trasferimento. Andrà a Banzi, una località ancora più piccola di Accettura, dove, si dice, potrà essere meglio sorvegliato.
In questo centro, famoso per le  tavolette in bronzo (le Tavole Bantine) che riportano in lingua osca e latina il principio secondo cui chi governa deve agire “per il bene pubblico e non per il favore o l’odio contro qualcuno”, Elio troverà un ambiente più sereno e, si presume, tutori dell’ordine più rispettosi della legalità e immuni dal veleno del pregiudizio.
Non gli riuscirà tuttavia di trovarvi lavoro e dovrà ricorrere all’aiuto dei genitori per sopravvivere. Anche perché non ha più da pensare solo a se stesso. Ha sposato, infatti, una ragazza del luogo che le fonti dicono di disagiate condizioni economiche.
Stando così le cose, a poco più di un anno dall'arrivo, considerandone  la buona condotta, il locale brigadiere dei carabinieri si dirà favorevole al condono del periodo di confino che gli rimane da scontare.
Accompagnato dalla moglie, lascerà Banzi il 15 ottobre del 1939.
A noi non rimane che chiederci se era stato il matrimonio a far ottenere ad Elio l'anticipata liberazione.

Nota: la presente ricostruzione è stata fatta sulla base della documentazione conservata presso l’Archivio di Stato di Matera nel fondo “Questura, I versamento,  II Divisione”, busta 40, fascicolo 598.

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