Cinquecento milioni di stelle

27 maggio 2014

Una storia di ‘amore vero’ ambientata nella capitale costiera della Movida estiva italiana, Rimini.
Il segno avvolgente della giovane fumettista riminese prepara la scenografia di quello che giustamente in quarta di copertina viene definito “un romanzo di formazione”.
Mabel Morri è stata vincitrice nel 2009 del premio Festival del fumetto di Sarzana, con “Io e te su Naboo”, un lavoro che narrava la perdita della persona amata. In questo nuovo fumetto, contraddistinto dal suo segno grafico estremamente originale (segno chiuso, chiaro, senza tratteggi), lascia Naboo e riparte dalla sua città.
Lo scenario di una Rimini quotidiana fatta di piccole vie e case con terrazzi sui tetti, di muretti sul mare (“questa città ha ancora dei luoghi magici”), si intreccia con elementi tipici dello scenario di vita di una giovane donna; il lavoro che si alterna alle uscite serali quotidiane in baretti e locali all’aperto, e all’improvviso la scoperta del tifo per uno sport (la pallavolo) che inizia quasi per caso, poco dopo un incontro fortuito che sarà molto importante.
La giovane Rebecca incontra infatti Caterina, una quasi coetanea che, chissà perché quando c’è Rebecca a tifare sugli spalti gioca meglio di prima. “Tu mi dai la pace” non è una dichiarazione d’amore consueta, ma Caterina sa di essere lesbica e focalizza la sua attrazione per Rebecca. Quest’ultima, invece, che non ha mai pensato di poter essere attratta da una sua simile, scopre a poco a poco non solo di essersi innamorata di Caterina ma che al di là della sua vita protetta, nella quale il bel rapporto con la madre è il segno principale, c’è una intensità di emozioni che non immaginava.
Il panorama italiano che segrega, anche solo simbolicamente e in maniera non detta, le lesbiche, non è esplicito ma aleggia nella paura di Rebecca.
In questo momento cardine del racconto, che culmina in alcune belle immagini mute disegnate dalla Morri, tutto cambia per Rebecca: va in crisi la sua amicizia con la Lopi, un’amica che si scopre non così tanto amica quando la mette di fronte al “pericolo” di essere additata come lesbica. Va in crisi il rapporto con quello che si definirebbe uno “scopamico”, un ragazzo che ha mooolto alta la stima di sé e non riesce a capacitarsi che una lo possa lasciare. Insomma, tutta una serie di simulacri vetero eterosessuali crolla a terra di fronte all’amore romantico di due che stanno bene assieme anche solo guardando le stelle dal terrazzo in una notte d’estate.
L’approccio sessuale di Rebecca sarà libero di esprimersi dopo una adeguatamente breve pausa di riflessione su ciò che prova, e il placet simbolico di due figure importanti: la madre, donna di ampie vedute ma anch’essa bisognosa di capire che diamine sta succedendo alla figlia (molto carino l’incontro tra lei e Caterina), e la giovane amica di famiglia, lesbica, che torna dalla Spagna (l’Italia senza Vaticano) ed è in grado di dare coraggio a Rebecca.
In questa storia così delicata e minuziosa, nella quale ritroviamo tutti i classici della scoperta del proprio orientamento sessuale, a farla da padrone è quindi la filosofia dell’amore eterno, beh, diciamo oggi dell’amore che dura, croce e delizia. Nella trama del racconto si presenta infatti a dare il ritmo la visione della madre di Rebecca, la quale ogni tanto immagina di parlare col fantasma del suo compagno, con cui si consiglia e si fa consolare, qualcuno che non ha mai smesso di amare. A lei, come alla figlia, c’è chi appare come “una cosa di cui esiste un solo esemplare in milioni e milioni di stelle…e questo è sufficiente a farlo felice quando la guarda…”. Contemplativo, con un suo particolare equilibrio tra muto e parlato, il volume è stato promosso da Arcilesbica, il festival Soggettiva (Bo) e Arcigay.

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