Quando la psicoanalisi fallisce

Un dibattito pubblico con Margherita Graglia, autrice di "Gay e lesbiche in psicoterapia".

A colloquio con l'autrice.

C'era almeno un'ottantina di persone, venerdì 2 marzo 2008, alla Camera del Lavoro di Brescia, per la presentazione del libro Gay e lesbiche in psicoterapia, a cura di Margherita Graglia e Paolo Rigliano. Anche la concorrenza di San Remo sembra neutralizzata.

Al tavolo, insieme alla sottoscritta, la curatrice del libro e la dott. Annamaria Sarica, psicotepaeuta e docente alla scuola di specializzazione post laurea in psicologia dell'Università di Padova.
Grazie ai potenti canali della Commissione Pari Opportunità del Comune di Brescia tutti i quotidiani locali segnalavano l'evento, compreso "Il Giornale di Brescia", il più diffuso ma anche il più vicino agli ambienti della Curia.
Riprendendo un aneddoto di Margherita Graglia sulla reazione di una giovane psicologa in libreria, di fronte alla copertina di Gay e lesbiche in psicoterapia: ("Ah, finalmente qualcuno che li cura!") possiamo ipotizzare che ci sia stato un fraintendimento, ma tant'è...

La prima domanda verte sul perché di questo libro; si parte dall'ironico capovolgimento di fronte all'introduzione che sottolinea la crescente visibilità di gay e lesbiche che fanno coming out, di fronte al silenzio della psicanalisi da decenni depositaria della "verità" sulle persone omosessuali ed ora ammutolita e quasi ritiratasi "in the closet".

Graglia comincia a raccontare delle storie vere che potremmo definire di ordinaria omofobia: come quella del docente che chiede all'allieva psicologa se non ha provato mal di fegato nell'affrontare l'argomento omosessualità, o la terapeuta che di fronte al desiderio di maternità della paziente lesbica le pone la domanda che nessuno oserebbe mai fare ad una donna etero: "Ma perché vuole un figlio?".

E il discorso si allarga ripartendo dal nodo cruciale di quello che un autore come Szasz definisce il passaggio dallo "stato religioso allo stato terapeutico" cioè dalla condanna morale alla patologizzazione scientifica dell'omosessualità.

È la dott. Sarica a ripercorrere le tappe del Positivismo, con la sua necessità di dare misura a ogni cosa, e la volontà di normare anche ciò che norma non può avere: la libertà e il rispetto dell'Altro nella sua interezza.

Riprendiamo con il saggio scritto da Graglia "Visibilità e invisibilità nei contesti della salute", che raccoglie l'esperienza di una pubblicazione Pazienti imprevisti e di una ricerca-indagine Modi di, realizzate in collaborazione con l'Istituto superiore di Sanità.
In particolare la restituzione di più di 8000 questionari validi ha permesso di reperire una serie di dati significativi sulla comunità GLBT e, tra questi, l'alta percentuale di coloro che hanno seguito una terapia psicologica o psicanalitica, che sfiora il 50%.

La relatrice sottolinea il forte potere di condizionamento che gli operatori del settore possono avere nei confronti dei propri pazienti omosessuali, ed evidenzia quelli che potremmo definire "errori ricorrenti" da parte degli stessi:

- sottostima della sofferenza causata dall'omofobia interiorizzata;
- omosessualità adolescenziale liquidata come una fase passeggera;
- sottovalutazione dell'effetto di ritorno del coming out;
- ignoranza delle dinamiche peculiari delle relazioni gay e lesbiche.

Alla domanda su quale sia l'identikit della/del perfetto psicoterapeuta, la dott. Sarica sottolinea l'importanza di un continuo lavoro su di sé, sulle proprie convinzioni e sui propri pregiudizi nell'ottica di una laicità che si pone come dimensione indispensabile per creare il "vuoto" necessario ad accogliere l'Altro nella sua complessità.
Momento assai delicato in cui, come sottolineano entrambe le relatrici, basta pochissimo per riproporre, magari in modo implicito e mediato, il giudizio negativo e lo stigma sociale.

E a questo punto emerge una domanda ricorrente nel libro, in relazione alla mole di studi e pubblicazioni sulle cause dell'omosessualità e all'inesistenza di ricerche sull'omofobia, sull'odio cioè nei confronti delle persone omosessuali, che assume la sua forma più grave quando si trasforma in omofobia interiorizzata; è in casi come questi che il paziente, spesso sostenuto dal proprio terapeuta, giunge alla creazione di un falso sé, con tutte le conseguenze devastanti che ciò può comportare.

Segue un rapido accenno al contributo fondamentale portato dai cultural and queer studies al superamento del modello dicotomico tipico della civiltà occidentale. Di particolare interesse e importanza appaiono gli studi di Judith Butler in relazione alla costruzione sociale del genere e del sesso, frutto di una continua opera di citazione che ne determina la presunta "naturalità".
Studi che hanno permesso di aprire nuove possibilità di identificazione e di trasgressione, che potrebbero tradursi in una maggiore libertà per tutte e tutti se solo si riuscisse a superare il timore e il pregiudizio.

Quando la parola passa al pubblico c'è subito un momento emozionante: una signora di una certa età, che si qualifica come psicologa, chiede di poter dare la propria testimonianza. Esordisce ringraziando il Pianeta Viola, e in generale tutto il movimento GLBT, per il lavoro svolto, e racconta della propria esperienza con un certo numero di pazienti uomini, sposati, spesso con figli e nipotini, che potrebbero superare forme di nevrosi anche gravi solo accettando di fare i conti con la propria omosessualità.

Constata con grande rammarico il fallimento di una terapia che andrebbe a sconvolgere una vita totalmente impostata sul modello di famiglia eterosessuale, lasciando queste persone in balia di un mondo impreparato ad accoglierle.

È la volta di una giovane psicologa, fresca di laurea, che rivela di non aver mai avuto occasione di affrontare l'argomento omosessualità nell'arco di cinque anni di studio.
E ancora la testimonianza di una giovane attivista di Pianeta Viola, all'inizio della propria carriera di psicologa, che sottolinea la grande opportunità di crescita personale e professionale che le ha fornito l'appartenenza a un gruppo politico.
Tra una domanda sul caso del gay guarito a forza di rosari e penitenze, una sulle sorelle gemelle omozigote ma diversamente orientate sessualmente, la serata giunge a conclusione.

Ci lasciamo dopo un'ultima riflessione che prende spunto dalle dichiarazioni di Celia Kitzinger alla prima settimana lesbica:

"Se le lesbiche riuscissero a sentirsi parte di una comunità, non avrebbero sicuramente così bisogno di ricorrere alla psicoterapia".

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