Treviglio Pride 2010

Il Treviglio Pride 2010 è stato un evento di celebrazione dell'orgoglio lgbt nella cittadina di Treviglio, comune della bassa bergamasca, culminato in una manifestazione il 3 luglio 2010.

Occasione

Il Treviglio Pride era in preparazione da ormai tre anni quando l'occasione per annunciarne pubblicamente il progetto venne offerta da un fatto accaduto nella vicina cittadina di Romano di Lombardia, dove i genitori degli studenti del liceo "Don Milani", capeggiati da due genitori cattolici e da un'insegnante di religione, e spalleggiati dalla preside, bloccarono un'iniziativa organizzata dagli studenti. I quali avevano conosciuto, in occasione della Giornata della Memoria, alcuni esponenti del Circolo Harvey Milk Milano e li avevano invitati a parlare della realtà omosessuale per il 30 e il 31 marzo 2010, nel corso di un'assemblea studentesca sul tema della sessualità [1].
Nel corso del dibattito sulla vicenda erano state fatte affermazioni violentemente omofobiche, al punto che il portavoce del Circolo Harvey Milk Milano Stefano Aresi, originario di Treviglio, approfittò della presa di posizione pubblica contro questi avvenimenti per annunciare una manifestazione in àmbito locale per contrastare l'omofobia dilagante nelle realtà della Provincia, soprattutto laddove la visione razzista della Lega Nord dominava ormai incontrastata.

La manifestazione ebbe quindi due obiettivi: ribattere ad avvenimenti come quelli di Romano di Lombardia, e sensibilizzare l'opinione pubblica sulla presenza di persone lgbt anche nelle realtà di Provincia.

Svolgimento

L'evento fu organizzato da un coordinamento di gruppi lgbt (con a capofila il gruppo Harvey Milk Milano) e comprendente le realtà attive nella zona, ossia Agedo, Arcilesbica XX Bergamo, Bergamo contro l'omofobia, oltre ad associazioni nazionali che garantirono l'adesione, come le Famiglie arcobaleno e l'UAAR.

Come prevedibile, l'iniziativa suscitò accese polemiche fra i politici locali, anche per la paura che potesse dare vita a episodi "indecenti" e "scandalosi", il cui pericolo fu esagerato a bella posta da alcuni partiti. Come conseguenza, nonostante l'amministrazione comunale di centrosinistra avesse votato l'adesione alla Giornata mondiale contro l'omofobia, la presenza dei rappresentanti politici sul palco alla fine della sfilata fu prudentemente confermata solo a sfilata ormai conclusa, proprio per il timore che potessero effettivamente verificarsi i fantomatici eventi "indecenti".

Gli avversari fecero uso con molta efficacia dell'abitudine tutta italiana di presentare nell'informazione giornalistica esclusivamente immagini pruriginose, con una predilezione per persone nude, o il più nude possibile [2], in modo da non mostrare mai le reali dimensioni e caratteristiche dei Pride.

Gli organizzatori dovettero quindi faticare non poco per convincere la popolazione del fatto che il "Pride" non costituiva una sfilata di persone nude, o nell'esecuzione di atti sessuali in mezzo alla strada (così come avevano del resto sempre detto i giornalisti). Si arrivò al punto inedito, da alcuni giudicato comico e da altri censorio, di prevedere l'espressa proibizione della nudità agli aderenti alla sfilata.

Ciò avvenne a causa d'una deliberata campagna mediatica scatenata dagli oppositori al Pride, in particolare dalla Lega Nord (spalleggiata da Forza Nuova). Gli avversari avevano infatti profetizzato che nelle strade della cittadina sarebbe accaduto ogni tipo di atto indecente e immorale. Luca Molteni, portavoce di Forza Nuova, vaticinò che:

« quella di sabato 3 luglio sarà con ogni probabilità una tristissima giornata per la città di Treviglio, foriera di un ingrato e provocatorio spettacolo che il comune avrebbe fatto bene ad evitare ai suoi cittadini [3]
Lo aveva preceduto nel marzo 2010 il portavoce della Lega Nord, Roberto Pedretti, che aveva affermato:
«Il gay pride ritengo sia di per sé uno strumento di discriminazione, di ghettizzazione. Nel pieno rispetto della diversità sessuale di ogni individuo, ritengo il gay pride l'eccesso del cattivo gusto, l'esasperazione di una diversità. Quale società avremo se continueremo ad avvallare silenziosamente queste manifestazioni? Quale insegnamento potremmo dare ai nostri figli nel momento in cui i ruoli di papà e mamma possono essere invertiti o stravolti? Chissà se i trevigliesi saranno contenti di ospitare uno spettacolo di tale indecenza? Invito i Trevigliesi a protestare con il Sindaco che ha autorizzato tale manifestazione. Se il gay pride trovasse una Treviglio vuota, i manifestanti, che cercano solo l'effetto mediatico, che farebbero? L'indecenza sembra non avere limiti. E noi stiamo a guardare? [4]»
Il giornalista Roberto Fabbrucci creò anche un gruppo su Facebook contro l'evento (che però raccolse solo un quarto degli iscritti del gruppo favorevole all'evento). Fabbrucci se la prese con "Mediaset" per aver trasmesso a "Domenica Cinque" un filmato realizzato con una telecamera nascosta mentre due ragazzi abbracciati passeggiavano per Treviglio, registrando gli insulti omofobici proferiti da alcuni cittadini al loro indirizzo [5]. Fabbrucci liquidò il tutto come una montatura allo scopo di favorire il "proselitismo omosessuale":
«Perché dunque questa costruzione artificiale che vede Treviglio e i trevigliesi usati e insultati? Lavorando un poco di fantasia, ma proprio pochino, sembra che tutto ciò sia stato costruito per giustificare una sorta di presenza omosessuale istituzionalizzata, che sembra voler insediarsi maggiormente nella bassa come forza sociale organizzata. D'altronde una settimana contro un'omofobia che non esiste, assieme al tentativo di entrare nelle scuole (vedi fatti Romano di Lombardia) evidenzia l'esistenza di un progetto e l'intento finalizzato al proselitismo omosessuale. Che chi è gay o lesbica abbia diritto di esercitare i suoi gusti sessuali senza essere disturbato, e poi che possa e voglia innamorarsi di chi vuole e magari conviverci, nessun problema (e a Treviglio nessuno ha mai fatto problemi), ma che si pretenda di convincere che essere omosessuale è il miglior modo di amare, di far sesso e di far famiglia, questo è veramente troppo! [6]
Visto il clima, insomma, l'eccesso di prudenza degli amministratori locali fu non giustificabile, però almeno comprensibile. Comunque, non essendosi verificati gli eventi minacciati da leghisti e neofascisti, al termine della sfilata del 3 luglio gli esponenti politici locali (fra cui la sindaco di Treviglio) non ebbero remore ad apparire sul palco e ad elogiare lo svolgimento dell'iniziativa, affermando di condividerne gli obiettivi.

In cambio però i manifestanti avevano dovuto rinunciare ad esporre in manifestazione una serie di cartelli in cui si criticava un esponente politico che s'era rifiutato di votare l'adesione alla Giornata contro l'omofobia, arrivando ad equiparare l'omosessualità alla pedofilia.
Il portavoce Stefano Aresi s'era peraltro già espresso sul suo conto in questi termini:
«Essersi astenuti dal voto, in questo caso, vuol dire aver scelto di stare dalla parte dei carnefici. Dinnanzi alla violazione di diritti umani non ci si può non esprimere: come ha detto durante il dibattito l'assessore Ciocca, votare questa mozione è un atto d'amore. L'indifferenza o la paura di chiamare le cose col proprio nome sono un cibo squisito per chi si nutre d'odio, di cui l'omofobia è figlia. Da oggi le persone omo e transessuali di Treviglio, di certo, sentiranno da parte delle istituzioni quel calore che a molti è negato nei contesti omofobi in cui vivono o crescono [7]
Oltre a ciò, gli organizzatori avevano anche stabilito la regola per cui i partecipanti non potevano portare con sé ed esibire bandiere di partito, per evitare l'ulteriore "partiticizzazione" di un evento che aveva già messo in subbuglio la realtà politica locale.

Commenti

I due elementi che misero a rischio la riuscita dell'evento furono il rischio d'una bassa partecipazione e il concreto pericolo che le autorità ostacolassero la sfilata. Fortunatamente nessuna delle due condizioni si verificò: con la giunta di centrosinistra fu trovato un compromesso soddisfacente per tutti (anche se non mancarono le solite voci critiche verso le scelte del comitato organizzatore [8].

Quanto alla realtà gay, alcuni gruppi più grandi e organizzati vissero la proposta come una "intrusione", e pur non arrivando al vero e proprio boicottaggio non fecero nulla per aiutarla. In particolare, Arcigay Bergamo diramò a tutti i giornali, il giorno prima dell'evento, la propria dissociazione da esso [9], e soprattutto mancò l'adesione di Arcigay Milano, che Stefano Aresi commentò in questo modo:

«Spiace che le organizzazioni non abbiamo capito cosa significa lottare in prima linea in una provincia come la nostra, visto che da domani i partecipanti, facilmente riconoscibili, dovranno confrontarsi nella vita di ogni giorno con il resto della società [10]
Nonostante queste incomprensioni, però, la risposta degli attivisti di base e l'adesione di molte realtà locali, lombarde e non, fu tale da garantire un'ottima quantità di presenze [11], perfino superiore alle speranze iniziali. La stampa, che tradizionalmente in Italia minimizza le presenze ai Pride, parlò di almeno un migliaio di partecipanti [12]. Da entrambi i punti di vista, quindi, l'iniziativa fu un successo.

Ottima fu anche l'accoglienza della cittadinanza, con i passanti che applaudivano il corteo. Nutrita anche nel corteo la presenza dei cittadini di Treviglio, specie quelli aderenti a realtà laiche e liberali, nonché giovanili e di sinistra, che parteciparono numerosi, dimostrando d'identificare ancora una volta nelle tematiche lgbt una delle occasioni ormai rare in cui in Italia era consentito esprimere punti di vista non "sdraiati" sui dettati clericali, che invece informavano la politica di tutti i partiti italiani.
Alcuni di loro videro nel Pride anche l'occasione di fare qualcosa di marcatamente "di sinistra", al punto che nel corteo furono intonati cori di "Bella Ciao".

E se non mancò nel movimento lgbt l'usuale dose di scontri dettati dai personalismi e caratteri accentratori, anche questo problema fu superato, se non facilmente, almeno senza lasciare strascichi sul bilancio finale, che può quindi essere considerato positivo su tutta la linea.

Bilancio

La scommessa del "Treviglio pride" fu dimostrare che ormai in Italia era possibile realizzare con successo un evento dell'orgoglio lgbt anche al di fuori delle grandi città, le sole che ormai possono permettersi di reggere il costo elevatissimo (bell'ordine delle centinaia di migliaia di euro) di quelle che sono diventate le "macchine da festa commerciale" dei Pride.

Per scelta degli organizzatori non furono presenti carri, né artisti destinati ad esibirsi sul palco, e l'intero evento fu realizzato con un budget ridottissimo, e ciononostante ebbe successo, vincendo così la scommessa.

Da questo punto di vista, il "Treviglio Pride" si può considerare una prefigurazione del Bologna Pride 2012, realizzato senza carri e con un investimento più "sobrio", sia pure come misura di solidarietà per le vittime del recente terremoto in Emilia-Romagna.

In sottotraccia esisteva poi negli organizzatori il desiderio non eccessivamente velato di rompere il monopolio della conduzione della politica lgbt da parte dei gruppi delle grandi metropoli italiane, spingendo per una maggiore attenzione per la realtà della Provincia, che dopo tutto è quella in cui vive la maggioranza delle persone lgbt italiane.

Questa seconda scommessa ha avuto minore successo. I limiti di budget di una realtà "di provincia" sono oggettivi, e lo sforzo costato agli organizzatori per questo evento fu tale che da allora ad oggi (giugno 2012) non ne è stato più ripetuto uno simile, in assenza d'un interesse da parte del movimento lgbt a "spingere" nel senso di un maggiore decentramento.

Non a caso tutti e tre i Pride nazionali del 2010, 2011 e 2012 si sono tenuti nelle metropoli, nelle quali peraltro s'erano già tenuti varie volte in precedenza. Da questo punto di vista, quindi, la scommessa di un riequilibrio dei pesi relativi di metropoli e "provincia" è ancora al punto in cui era nel 2010.

Sul piano locale, poi, un bilancio dell'evento osservava come i mesi di aspri scontri locali (per fortuna solo verbali) avessero ottenuto il risultato prefisso di sensibilizzare al tema la popolazione, al punto che:

«Forse la vittoria più grande per tutti noi è stato il coming out di numerosi omosessuali trevigliesi, prima intimoriti di essere soli, costretti a combattere una quotidianità a loro spesso ostile. Ciò che questa giornata ha voluto dimostrare è che siamo una grande famiglia e che ci sosteniamo a vicenda e il successo del Pride ha dimostrato quanto sia importante rivolgerci a chi non ci conosce, a chi ci giudica senza prima stringerci la mano e guardarci negli occhi [13]

Sul piano politico, infine, gli eventi successivi mostrarono come l'educazione delle forze politiche progressiste radicate sul territorio e la collaborazione con esse sia ineludibile per la vita delle persone lgbt, dato che la vittoria dello schieramento di centrodestra alle successive elezioni comunali portò immediatamente a un rovesciamento di atteggiamento, culminato nel rifiuto di aderire nuovamente alla Giornata mondiale contro l'omofobia opposto nel maggio 2012.

Stefano Aresi, nel frattempo divenuto presidente del gruppo trevigliese "Articolo 37", ha dichiarato in questa occasione che

«Schierarsi contro la Giornata mondiale contro l'omofobia (...) significa schierarsi a favore delle impiccagioni dei minorenni gay in Iran, delle torture a morte subite dal piccolo Daniel Zamudio in Cile non più di un mese fa, delle offese verbali, delle discriminazioni lavorative, dei soprusi continui. I consiglieri che hanno scelto di votare contro questa mozione hanno mostrato ai cittadini trevigliesi di essersi schierati. Contro i diritti e la dignità del 10% della popolazione [14]

Bibliografia

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