Ricordo di Mario Soldati

29 maggio 2005, "Babilonia", settembre 1999

Il 19 giugno 1999, nella sua casa di Tellaro nel golfo di Lerici, è morto Mario Soldati. Aveva 93 anni.


Nelle rievocazioni della sua vita e della sua poliedrica attività di scrittore, regista, inviato speciale, che tutti i giornali hanno pubblicato nei giorni successivi alla sua morte, si è parlato del suo amore per l'America, si sono sottolineate le sue doti di ironia, di razionalità e di leggerezza, si sono ricordate molte delle sue opere letterarie, cinematografiche, televisive, si sono raccontati aneddoti inediti della sua lunga vita, ma nessuno ha parlato della spregiudicata libertà con cui Soldati ha rappresentato nella sua produzione letteraria aspetti della sessualità e dell'omosessualità, sfidando il moralismo e il provincialismo della cultura italiana.


Anzi, Enzo Biagi, sul "Corriere della Sera" ha precisato: "amava i cibi, come i paesaggi e le donne, le biblioteche e i quadri".

Perché non aggiungere che amava anche i bei giovanotti?

Probabilmente perché Biagi pensa che questo particolare non è rilevante e che comunque offenderebbe la memoria dello scrittore.


E invece no! Questo particolare non solo non offende lo scrittore, ma ne arricchisce la personalità e rende la sua figura più complessa e interessante.


L'omosessualità non è quasi mai il tema centrale dei romanzi di Mario Soldati, ma è disseminata in molte delle sue storie, in personaggi e situazioni, come una delle varianti possibili del comportamento umano, senza scandalo e spesso con una forte carica liberatoria.


Già nel suo libro di esordio del 1929, Salmace, uno dei racconti (quello che dà il titolo all'intera raccolta) rappresenta una storia di transessualità, e un altro, "Scenario", narra una storia d'amore tra un uomo e un suo giovane ex allievo.

Nel 1929 il libro fece scalpore. Si rimproverò all'autore di essere moralmente "indifferente", di non esprimere alcuna condanna dell'"inferno" nel quale si muovono i suoi personaggi, e critici autorevoli come Giuseppe Antonio Borgese e Eugenio Montale tesero a circoscrivere il talento del giovane scrittore agli altri racconti, mentre stroncarono i due di argomento omosessuale.

Borgese parlò di "gusto clinico" a proposito di "Salmace" e ignorò "Scenario", fingendo maliziosamente di essersene dimenticato: "mi avvedo di aver tralasciato una novella, Scenario; ma, poiché l'ho saltata, sarà meglio lasciarla lì".

E Montale liquidò le due novelle come "bozzetti di argomento freudiano-sessuale", "chiaramente falliti".

Insomma, a rileggere le due recensioni si ha l'impressione che sia Borgese che Montale fossero molto imbarazzati e trovassero sconveniente che un giovane scrittore di talento indugiasse su temi così bizzarri. Che siano ancora presenti forme di imbarazzo di questo genere da parte della cultura di oggi?


Anche nell'opera più scopertamente autobiografica e meno narrativa dello scrittore, America, primo amore, del 1935 (dove l'io narrante somiglia molto a Soldati e l'America è simile all'America che Soldati conobbe e amò), troviamo momenti riconducibili ad una sensibilità omoerotica, dagli inequivocabili apprezzamenti sulla bellezza maschile all'episodio in cui il narratore "batte" l'autista di un autobus dal viso "forte" e "virile" e dai tratti "delicati e intelligenti":


"Forse guardai il bel giovane troppo a lungo: perché a un tratto si voltò, mi fissò, e mi sorrise apertamente",


scrive Soldati che, in compagnia di una donna, è costretto a rinunciare alla promettente avventura col giovane autista americano:


"scendemmo a Birmingham N.Y. (...) sfidando l'ira di una donna gelosa, salutai allora l'autista.

Ed egli, partendo, portò la mano al berretto con gesto secco e galante; poi mi sorrise fino all'ultimo tra l'ironico e il nostalgico".


Più chiaro di così!


Più esplicito ancora è il breve romanzo autobiografico La confessione, iniziato nel 1935, ma ultimato e pubblicato nel 1955, forse uno dei più bei romanzi di formazione della letteratura italiana del Novecento.

La vicenda narrata è l'iniziazione al sesso di un ragazzo di quattordici anni, studente presso una scuola di gesuiti a Torino, in vacanza con la madre e la nonna a Chiavari in Liguria.

Il ragazzo è sollecitato dai suoi educatori alla santità e a stare lontano dalle donne, fonte di peccato e di perdizione, e così scopre il piacere con un altro ragazzo, un piacere dolce e sereno, senza alcun senso del peccato. Luisito non è mica una donna!

Aderire al corpo dell'amico, fare l'amore con lui è "semplice e naturale: come bere un bel bicchier d'acqua fresca quando si è lungamente giocato e corso e si ha sete".

Appare così evidente lo smacco degli educatori: per evitare un "male" ne hanno provocato uno che dal loro punto di vista è ancora peggiore, ma la polemica contro l'educazione gesuitica, che in modi diversi percorre molta produzione dello scrittore, è risolta in un gioco libertino, cinico e leggero, nell'esaltazione spregiudicata di un piacere naturale.


Nella narrativa successiva lo scrittore sembra voler prendere maggiormente le distanze dall'omosessualità, ma il tema evidentemente lo interessa.

Continua infatti a rappresentarlo, spostandolo però su personaggi, a volte di secondo piano, a volte più importanti, ma non più riconducibili alla sua autobiografia.

Fa in modo che il lettore si identifichi innanzitutto col narratore in prima persona, eterosessuale, ma poi nel corso della narrazione lo mette spesso a confronto con personaggi e situazioni omosessuali.

È quanto avviene in alcuni dei romanzi e racconti di maggior successo.


In Il padre degli orfani e La busta arancione lo scrittore delinea due personaggi omosessuali borghesi preoccupati solo di salvaguardare la loro rispettabilità, e rassegnati a vivere una intera vita di ipocrisia e di simulazione.

In vari modi, soprattutto in La busta arancione, si stigmatizza questa ipocrisia e si ipotizzano soluzioni diverse:


"se non esiste il matrimonio tra uomini, esistono però esempi di uomini che stanno insieme, in armonia, per lunghi anni, anche tutta la vita (...) forse il grande torto di Alessandro era stato di non avere questo coraggio".


In un altro romanzo, Lo smeraldo, il protagonista si sdoppia e con un'altra identità vive una realtà del futuro nel quale sono accadute delle cose terribili: una terza guerra mondiale con lancio di satelliti ha diviso in due il genere umano, un Nord tecnologizzato e militarizzato e un Sud povero e caotico.

Nel Nord l'omosessualità è vissuta con disinvoltura e il protagonista avanza un'ipotesi che si rivelerà esatta:


"si era finalmente capito che la salvezza, oltre il benessere, dell'umanità dipendeva da una rigida regolamentazione e programmazione delle nascite?

E per la stessa ragione si era forse cercato di favorire in ogni modo l'omosessualità sia maschile che femminile?"


Nella seconda parte del romanzo, più avventurosa e picaresca, il protagonista s'imbatte in un altro personaggio omosessuale con cui ha un rapporto erotico, che è molto interessante, perché coinvolge due uomini adulti, al di fuori del cliché della tradizione letteraria della coppia adulto-ragazzo:


"tesi le braccia nell'oscurità e incontrai quasi subito il suo corpo nudo e profumato. Lo strinsi alla vita. Aveva la pelle liscia e tenera come quella di una donna. Da donna si comportò. Mi abbracciò, mi strinse, mi forzò dolcemente a coricarmi supino sulla branda. Cercò la mia bocca, vi spinse dentro vorticosamente la sua lingua.

Nell'oscurità completa, il suo profumo e il contatto della sua pelle produssero quello che, per me, da tempo, costituiva un mezzo miracolo".


E poi il commento:


"non che l'incredibile, momentaneo rapporto avuto con lui mi turbasse moralmente: non provavo nessun rimorso, anzi tra di me ne ridevo".


Un altro romanzo interessante è L'incendio, del 1981.

Qui lo scrittore rappresenta un personaggio che vive un rapporto dalle forti tinte masochiste con una donna, Fernanda, ma che non esclude dalla sua vita anche esperienze omosessuali, prima solo accennate e poi sempre più esplicite fino a che scopriamo che il rapporto con la sua dominatrice è ancora più complesso di come avevamo immaginato, perché è unito anche ad un legame più inconfessabile con il figlio di lei, il bellissimo Rudy, del quale si dicono cose di questo tipo:


"Rudy era là: torso nudo e pantaloni rossi, seduto sulla spalletta del ponticello all'entrata del villaggio (...)

Non vedevo Rudy da due anni e mi parve cresciuto. La capigliatura più bionda, più luminosa, più riccioluta, e una muscolatura da lottatore, specialmente i bicipiti".


E subito dopo, invitato a coprirsi:


"Rudy obbedì, tirò fuori dal sacco una maglietta a mezza manica, rossa come i pantaloni, e la infilò di rabbia: i bicipiti michelangioleschi, su cui la maglietta pareva tesa da scoppiare, si vedevano meglio di prima".

Soldati è anche questo, e una forte sensualità omoerotica percorre alcune delle sue pagine più belle.

Rileggiamole senza censure e senza pruderie, come lui le ha scritte.

È la maniera migliore per ricordarlo.
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