Estratti da tre lettere scritte da Cole Porter al ballerino russo Boris Kochno

27 ottobre 2004, Cole Porter. A biography. William McBrien New York Alfred A. Knoff 1999

Cole Porter
1925

Ti sei fatta una grande amica oggi: Linda[1]. Dopo che tutti se ne sono andati, lei è venuta nella mia camera , e mi ha parlato esclusivamente di te, dicendo che sei stato affascinante, che ti ha trovato molto gentile, e che vi siete molto divertiti questo pomeriggio.
Ti dico questa cosa alla fine della lettera perché credo sia la più importante, considerando quante poche persone riescano a divertirla e - non so come esprimerti la mia gratitudine - tu ci sei riuscito. E ciò rende tutto molto più facile[2].
[…]
Riguardo alla tua partenza, cerco di consolarmi pensando a quando ritornerai, ma è abbastanza difficile. La sola cosa che vorrei davvero fare è scalare il campanile e annunciare alla [3]piazza che sono disperatamente innamorato [letteralmente, come si dice in francese[4], innamorato sul punto di morire ] di qualcuno che ha preso il treno per Napoli e che presto io seguirò […] Oh, non c’è altro da dire, Boris, ti amo così tanto e penso solo a te, vedo solo te e non faccio che sognare il momento in cui ci rincontreremo. Buona notte tesoro. C.
[…]
Quando ti vedrò di nuovo? Non ci sono abbastanza lettere... Questa sera sono andato al Grand Hotel - Niente[5]! E da quando te ne sei andato, sei giorni fa, ho ricevuto solo una lettera. Non dirmi che non hai avuto tempo, perché so fin troppo bene che se avessi voluto, niente sarebbe stato più facile. E voglio sottolineare il fatto che sto diventando un poco furioso al riguardo. Mi manchi così tanto che sto cadendo a pezzi e se questo dovesse continuare, questo ostinato silenzio, non oso pensare cosa potrei fare. Oh Boris, scrivimi e dimmi che mi ami quanto io amo te. Non lo puoi dire troppo spesso, perché sei così lontano e ciò mi fa sentire così infelice.
Mi scrivi come si scrive ad un vecchio filosofo… [come se] tu mi considerassi una specie di pazzo che deve essere assecondato. E questo mi preoccupa.
Sono stato abbastanza esplicito? Voglio dire, eccomi qua sopraffatto sin dal giorno del tuo arrivo a Venezia. Ti scrivo cose assurde e questo è ciò che provo scrivendo. E tu mi rispondi in una maniera così formale e moderata, che mi domando: “Pensa davvero che io sia una specie di radio che trasmette i suoi pensieri a tutti?”
E’ che tu stai diventando troppo un ascoltatore. E io ho bisogno di ricevere da te anche una risposta. Forse ti disturba dirmi queste cose, ma questo è ciò che ti chiedo. Desidero così tanto che tu mi dica che mi ami e me lo dica un migliaio di volte, cosi che io possa guardare di notte le parole scritte da te quando desidero sentirti stretto a me, le tue labbra sulle mie, le tue labbra che accarezzo così spesso e così teneramente, mio Boris […] Lascerò Firenze mercoledì in modo da non doverti vedere. Sarebbe facile incontrarci ma ho capito che non dobbiamo.

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