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Memorie di un assistente fotografo

30 marzo 2005, "Babilonia", 1994-95

Hello!

Mi è capitato di recente di rileggere alcuni miei "Peccati & Peccatori" pubblicati dalla rivista Babilonia nel 1994. In periodo di radicali cambiamenti politici io debuttavo come assistente factotum del celebre fotografo d'attualità Gerald Bruneau.

Ciò che rimpiango di più sono i momenti d'umorismo folle che scaturivano a fine giornata lavorativa, quando ripensavo a tutto ciò a cui avevo assistito.

La gente era disposta a tutto, e con molta ingenuità, pur d'apparire su un giornale. Con una sola eccezione: Irene Pivetti. Che oggi invece farebbe salti mortali pur d'avere un'ospitata, una comparsata o un trafiletto in fondo pagina. Vedi com'è strano il mondo! Io poi da imperterrito ficcanaso raccontavo tutto nella mia rubrica mensile.

Eccovi qui degli estratti, a volte davvero profetici. Buon divertimento.


Il senso del tutto

M'immaginate ricevuto da Giorgio Bocca nella sua casa labirinto in via Bagutta? Dopo aver superato la linea di fuoco di una portinaia cafona e stressata "alla milanese", ho potuto ammirare i costosissimi quadri di Depero alle pareti di casa Bocca, conoscerne il buonissimo gatto soriano e vedere la foto d'un ragazzo seminudo in cornice (il figlio).

Sul proprietario della casa stendiamo un velo pietoso. Dopo avermi agghiacciato con la "boutade": "Auspico per l'Italia un regime autoritario" (di destra?) ha poi rispolverato la sua medaglia d'argento di partigiano e qui mi sono proprio perso il senso del tutto!


Burundi del Nord

Ancora peggio è andata a Como col professor Miglio, il Dalai Lama leghista del Burundi del Nord. Ci ha ricevuti indossando uno dei suoi buffi cappelli scozzesi di cui fa collezione. In effetti, è conoscendo persone come Miglio che ci si rende conto di come Hitler adorasse il suo cane ed Eva Braun. È una persona che vive nel suo mondo di agi, lussi, privilegi e senilità mentale oltre il livello di guardia. Fa discorsi concreti ed intelligenti, ma quando improvvisamente eccede in voli pindarici fantapolitica-leghisti fa accapponare la pelle.

Stanco dei suoi deliri horror-comici ho fatto comunella con sua moglie. Una persona splendida, carina, una versione moderna della nonna della candeggina Ace. Ex collegiale delle suore francesi a Como, ex campionessa di tiro con l'arco, è riuscita a far centro con la più bella raccolta di porcellane bavaresi che mi sia mai capitato di vedere. Per ore abbiamo parlato di gatti ( lei ne ha due, le cui avventure sarebbero degne d'un libro per l'infanzia ), acquarelli, antiquariato e abbinamenti cromatici tappezzeria-moquette. Dopo un tè e canditi degni di Casa Reale Savoia mi ha mostrato tutto il resto della reggia tirolo-scozzese. Da andare fuori di testa! Tutto in legno scuro, orologi a pendolo giganteschi, una enorme biblioteca con mappamondo e una serra per i limoni. Sembra il set perfetto per un" thrilling" anglosassone alla Hitchcock. Un vero shock vedere cento metri quadrati di cucina tipo spot del Mulino Bianco.

Una donna veramente eccezionale ma anche lei vissuta per tutta la vita nel suo micro-cosmo mentale. Quando le ho detto che avevo trascorso Capodanno a Taranto mi ha tirato un'occhiata che quasi mi trasforma di sale. Peccato, bisognerebbe farle fare un tour nei"quartieri spagnoli" di ogni città d'Italia per farle vedere come la gente possa anche sopravvivere senza bagno, senza stipendio e soprattutto senza serra per le orchidee.

Inutile dire che Miglio mi ha evitato, sia perché mi ha visto svolazzare frou-frou qua e là entusiasta degli arredi, sia perché ero solo un assistente-fotografo e perciò subalterno di casta. Ha solo avuto un guizzo negli occhi quando ha saputo che ho un meraviglioso"pedigree" millenario di pura razza bergamasca.

Quello che mi turba veramente è pensare ai fanatici che lo seguono ciecamente e addirittura travisandolo in peggio. Pensate come siamo messi!


Ombretta e Adolfo

Mea culpa invece per aver giudicato, fino a ieri, troppo male la ex-DC Ombretta Carulli Fumagalli. Ogni volta che appariva sul teleschermo le tiravo addosso tutti i santi e profetizzavo Myke Tyson come terapia al suo PH acidulo. Invece niente di tutto ciò. È semplicemente un amore! Ero già pronto a vomitarle per dispetto in qualche vaso cinese quando è apparsa lei ( preceduta dal suo cagnolino Tobia, un tesoro pure lui! ) e ho avuto un vero"coup-de-foudre". Degna di Pedro Almodovar, con quel caratteristico foularino arruffato ad hoc, me ne stavo lì con lei nel suo doppio attico al decimo piano in zona navigli. Enorme vetrata, vista panoramica su Milano, con quel galeone bianco del Duomo che si stagliava nel tramonto. Era realtà? E lei così carina, civettina e sexy con me, tutta battute di spirito e sorrisi, ha pure chiesto se il suo tailleur rosso e nero non ricordasse troppo i colori del Milan di Berlusconi. Divina! La voterei subito se non fosse demo-cattolica. E che dire poi del marito Adolfo? Non ha nominato niente sotto i nove zeri, ma che gran classe e che stile. Insomma, simpatici e spontanei come una coppia vincente nei telefilm americani. Giudizio critico: trenta e lode in Diritto Canonico.


La felina

Ornella Vanoni vista da vicino, nel suo splendido attico, struccata e in"deshabillé", vi assicuro che fa spavento, ma dopo essersi eclissata per cinque minuti è ritornata dal bagno splendidamente restaurata. Con gli zigomi un po' troppo gonfi, una ferita chirurgica alla trachea e delle macchie scure troppo vistose alle mani non era certo un soggetto facile. Non che a me importi granché, ma una Signora credo che abbia tutto il diritto d'essere resa ancora più bella in fotografia. Non ha voluto cambiarsi e per capriccio si è fatta fotografare in vestaglia bianca e calzini bordeau, così com'era uscita dal letto. Subito dietro di lei uno splendido gatto soriano si strusciava tra le opere d'arte disseminate ovunque. Basti dire che con le sculture di Arnaldo Pomodoro la cantante ci ferma le porte. Le poche esistenti nell'appartamento, perché tra sala da pranzo, salotto, studio con pianoforte e camera da letto è un tutto comunicante.

La felina Ornella era particolarmente malandata, inoltre accusava i postumi di uno scivolone su un tappeto accaduto la sera prima, in un noto ristorante milanese, pur d'aver la precedenza d'ingresso sul suo accompagnatore. Demotivata e stanca, è la classica star"zucchero candito fuori ma cemento armato dentro" che si è imposta un rigore militare nella sua professione.

A parte alcuni disaccordi iniziali, è stata carinissima nel mettersi in posa davanti all'obiettivo per più di un'ora. Tra uno scatto e l'altro è arrivata la sua "press-agent" e ci siamo messi a spettegolare su tutto e tutti. Eros Ramazzotti?" Certo che le donne le manda proprio tutte a fa'n culo, le evita come la peste!". E via di seguito.

Ad un certo punto la Vanoni, con la sua tipica voce nasale affilata e miagolante, ha chiesto di poter leggere le critiche al suo spettacolo teatrale debuttato la sera prima a Milano. Apriti cielo! Ho visto che l'agente cercava disperatamente di nascondere sotto il mucchio una fotocopia con la recensione de" La Stampa" ma alla fine Ornella ci ha posato gli occhi sopra ed allora è esplosa la tragedia. Strilli, bestemmie ed anatemi. Masolino D'Amico l'aveva stroncata, anzi gambizzata ingiustamente e crudelmente. E la Vanoni in preda all'isteria si è messa a saltare sul letto (letteralmente, lo giuro!) telefonando a tutto il mondo e inveendo:"È tutta colpa di M. M. (ndr: celebre attrice teatrale) che mi diffama ovunque!". Alla fine ha urlato da lassù nella nostra direzione: "Ci vuole proprio un bel coraggio per fotografarmi in questo stato!.

Letteralmente sbattuti fuori di casa ci è venuta ad accompagnare una gentilissima ed intimorita signora dai capelli bianchi, sbucata da dietro una porticina, che ci ha detto:"Non fateci caso, Ornella è fatta così. Io sono la sua mamma".

Sull'ascensore liberty che ci portava fuori da quel naufragio in tempesta, con le urla che s'udivano da lontano sin nell'androne, tirando un sospiro allo scampato pericolo mi è venuta in mente Bette Davis in "Eva contro Eva". Povera Vanoni, pensarla lì al buio come una tigre in gabbia a ruggire contro tutti: "Lasciatemi sola, fate come non fossi mai esistita". Che vulcano!


Bossi ce l'ha più grosso

"Tourbillon de femmes" ? Ora viene il bello! M' immaginate in casa della "first sciura", al secolo Augusta Formentini? Ebbene sì, ho partecipato ad un raduno di donne leghiste per poterle immortalare in un reportage dal tema "Le donne in politica". Ho così scoperto che la vera spina dorsale della Lega sono queste tipine decise, simpatiche e dalla stretta di mano decisamente autoritaria. Tra tutte spiccavano la cantante anni Settanta Giovanna (che del suo rap"Lega / ama" ha l'illusione di fare un hit! ) e la sua inseparabile amica Rosy Mauro (del sindacato della Lega), dalle belle sopracciglia eccessivamente mascoline e la parlata brusca.

La più simpatica è stata la vicesindaco Marisa Bedoni, scatenatissima e col trucco da cicisbeo sbavato: si è fatta pure fotografare civettuola da dietro un ventaglio di pizzo bianco. In questa baraonda da "Lucy Show", baci di dama a go-go, c'è chi ha protestato che non voleva farsi fotografare con un rametto di mimosa perché non era femminista e chi ha pure detto con ironia: "Quando ci vedranno pubblicate qualcuno si chiederà, chi sono quelle sceme fotografate in salotto?!".

Pettegolezzo del giorno: "Ma la Vanoni si è fatta il silicone anche in faccia? Oh poveretta!". Ha fatto poi una fugace apparizione pure il sindaco Marco Formentini: ingenuamente si è portato appresso il catalogo della mostra "El cuerpo pintado" che aveva appena inaugurato in centro. Inutile dire che tutte le donne frufruando si sono gettate a capofitto sul volume e passando al setaccio tutte le foto degli uomini nudi hanno pure commentato: "Bossi ce l'ha più grosso!".


Atti osceni in luogo progressista

Non posso negare d'essermi sentito molto più a mio agio fotografando le donne progressiste alla "Casa della Cultura" di Milano. Appena hanno saputo che le leghiste avevano posato in dieci si sono subito date da fare per batterle numericamente. Sono arrivate a quota tredici, tra cui la scrittrice Carmen Covito. A dir la verità mi è venuta subito in mente "L'ultima cena" di Leonardo vedendole tutte lì dietro una cattedra, ma me ne sono stato zitto, avrebbero subito toccato ferro. In effetti tra loro c'era pure una Giuda. Già l'avevo adocchiata perché aveva sussurrato al fotografo: " Metti davanti me che sò la più fica!" e perché in un angolino decantava i vantaggi del lifting ad una amica. Poi ho saputo da voci di corridoio che era stata una delle fedeli di Craxi e così ho afferrato al volo il concetto di trasformismo totale.

Nel complesso le progressiste erano ad un livello culturale ben più stratosferico delle leghiste. Austere e castigate nel vestiario, orfane senza sorriso, davano l'impressione di tante professoresse in gita scolastica in Russia.

Meno caotiche del pollaio leghista si sono via via sciolte in spartane bevute d'acqua minerale. Un turbinio benefico di grigi, marroni, ambre sovietiche e collane di perle finte.

Siccome non riuscivano a trovare delle espressioni naturali hanno incaricato la giornalista tivù Vera Squarcialupi di mettersi dietro l'obiettivo a lanciare frasi d'incoraggiamento tipo: "Bossi ha fatto dichiarazioni a favore dei diritti per gli omosessuali!","Paolo Berlusconi in galera!" o "La leghista Pivetti colta dietro un altare in atti osceni".

Splendida, da mangiarsela!


Dio le fa e poi le accoppia

Poi via, in una nuova avventura! Ed eccomi lì, ad un "tete à tete" con la ex-magistrato Tiziana Parenti (in arte "Titti la rossa") in un ufficio milanese che porta l'insegna "Alla ricerca del buon governo", nome dall'eco massonico della spilberghiana sete d'avventura nelle tregende dell'Italia d'oggi. Ma chi l' ha fatto fare alla dolce Titti, cacciatrice di teste comuniste, di lasciare il Bounty ammutinato di "mani pulite" per salpare verso lidi lontani nella stessa scialuppa di sofficino-Berlusconi? Lei mi ha detto che era depressa: "Ma chi la incontrava più la gente? Io incontravo solamente persone in manette!".

Semplicemente fantastica: è una delle persone più modeste, gentili ed intelligenti che abbia mai incontrato. Con il suo tailleurino pesante scozzese, swatch al polso e spilla d'oro a forma di civetta è un vero peccato che si sia unita ad una tale masnada di saponettari. Beh sì, ammettetelo che Forza Italia ha l'immagine craxiana da Sprite con in più quel tocco di football domenicale e karaoke che manda in visibilio il lettore standard di "Tv Sorrisi e Canzoni". Il tutto studiato al tavolino dal celebre pubblicitario italo-americano Bob Lasagna (un nome una promessa... ). Povera Parenti: che non scommetta mai sull'onestà dei suoi consoci! In effetti, mentre stavamo scattando le foto ad una ventina di presidentesse dei Club, alla sede di Forza Italia, scatenate in un "live" sgangherato del celeberrimo spot del loro partito, è misteriosamente scomparso un foulard Hermés della simpatica candidata A. M. Ammazza che tempestività l'anonima cleptomane!

Improvvisatomi detective non ho avuto il coraggio di forzare tutte le borsette delle coriste scatenate come nonna Agata Christie suggerirebbe. Che s'arrangino: Dio le fa e poi le accoppia!


Lo zabaione di Marta

Sono stato i vostri occhi e le vostre orecchie nientepopòdimeno che nell'attico milanese della celeberrima ex-mondina contessa Marta Marzotto. Eccomi lì, accolto da un'anziana coppia di camerieri indiani, piccoli, gonfi, ciabattoni a piedi nudi e ondulanti in maniera più che preoccupante, che m'introducono nel "sancta sanctorum" di colei che fu la musa ispiratrice del pittore Guttuso.

Salta all'occhio che là dentro è tutto uno stridere di stili accatastati, un gusto tra il rutilante e il ruttante. A poca distanza da un sublime ritratto "fin de siècle" di Boldini eccoci ad ammirare tutta una serie di oscenità interno-coscia dipinte da Guttuso (appese anche sulla porta del gabinetto), nonché ritratti nudi della padrona di casa a grandezza naturale.

E poi rose stampate ovunque, sin dalla moquette fin sul soffitto, mentre sulle mensole una collezione freudianamente ossessiva di bicchieri di vetro di tutti i colori e dimensioni coabita con una raccolta di palle di vetro e plastica, con la neve dentro, degne del peggior rigattiere di provincia.

Ecco infine dispiegarsi davanti ai miei occhi almeno un ettaro di divano: il mitico salotto Marzotto! Alla spicciolata arrivano donne illustri ad arricchire questa specie di bordello messicano. Tra tutte, una celebre sociologa non ha fatto altro che guardarmi il cavallo dei pantaloni e farmi occhi dolci, non mi sarei stupito se all'improvviso mi avesse trascinato dietro un "troumoir" urlando: "Sturami!". Alcune mi hanno ignorato, specie quelle "poseuses" col doppio cognome finto, stile Casati-Modignani, che tra le "parvenues" fa ancora molto "trendy". Altre nobildonne erano impegnate a spettegolare: "Ma che, scherziamo? Io con la ex-donna di Sgarbi non mi faccio fotografare!". " No, io quella riciclata della Carulli non la voglio proprio vicino!". Al di sopra di tutte, lei, la divina Marta, sovraccaricata d'abiti con una mastodontica collana d'avorio cinese, faceva da guida alla sua collezione d'opere d'arte: "Il mese prossimo saranno tutte in mostra alla Permanente". A questo punto non so quante tra le presenti abbiano afferrato il concetto che non si trattasse esattamente di un nuovo "coiffeur" per signora.

La Marzotto è come un bel quadro che anche senza cornice social-mondana resta pur sempre un'opera d'arte. Ironica al punto giusto ha poi lestamente capitanato tra i cuscini una incredibile caccia al bottone che il braccio destro di Berlusconi, la simpatica Wally Mantegazza, aveva perso pochi istanti prima in un'accesa discussione. Ecco poi di nuovo l'ondeggiante cameriere porgere uno svettante vassoio in porcellana Limoges pieno di... fettine di salamino! A stento ho poi soffocato una risata isterica quando la Marzotto si è messa a urlare: "Ma sì, rimanete tutti, vi offro che ne so... una polenta!". Sul momento ho veramente rimpianto di non essere a casa di Wilma De Angelis. Poi alla chetichella molte gentildonne se ne sono andate e a pranzo siamo rimasti solo in sette. È stato indimenticabile. Seduto su una sedia imbottita a forma di serpente (!) mi è stata servita una pastasciutta, un pollo arrosto magnifico e "dulcis in fundo" una "mousse" di cioccolato accompagnata da un gelato allo zabaione principesco. La Marzotto ha poi rivelato che il suo cameriere Sufi, con lei da venticinque anni, le sbatteva a mano quasi ogni giorno questo gelato "ricostituente". Accidenti, ecco perché il povero Sufi traballa come E.T.!

Dalla Marzotto non è uscita una sola stupidaggine o cattiveria che sia. A tavola ci ha intrattenuto con aneddoti di vita vissuta riferiti al proprio padre o all'ex suocero Marzotto. Mentre stavo sbirciando le iniziali incise sulle posate d'argento per capire se le avesse estorte all'ex marito mi è piombata addosso una depressione cosmica pensando: "Se fossi solo il complice, l'amico o l'amante di una di queste donne sarei già da un pezzo piazzato come fotografo di "Vogue"... altro che lavorare a quarantamila lire al giorno come assistente fotografo". Alla faccia del Baron Corvo che diceva: "Qualche volta le donne sono necessarie, ma di regola sono superflue".


A casa della Desmond

Finalmente sono riuscito a conoscere uno dei miei culti! M'immaginate a casa di Valentina Cortese? Penso che se mai scriverò le mie memorie dedicherò un intero capitolo a questo incontro. Lei, quest'anno settantenne (ndr: 1994), vanesia per scherzo ma sempre pronta a brandire il "tomahawk" di guerra. Ricca sfonda, per via del marito, industriale farmaceutico, furba come una aristogatta, si è costruita una casa di bambola intorno degna soltanto di Sarah Bernardth o di una vecchia checca. Il salotto, in stucchi d'oro e specchi, è l'esatta ricostruzione del Caffè Florian di Venezia, però con l'aggiunta di grandi pannelli che la ritraggono ad olio nei ruoli di successo della carriera teatrale con l'ex-amante Giorgio Strehler.

Scena da film: decoratori ed elettricisti ovunque e la divina in "foulard" rosa che s'incazza come una iena per una tappezzeria, dipinta a mano, appena arrivata da Parigi ma un filino troppo scura per il corridoio. Musica di Chopin ovunque e lei che con gentilezza offriva champagne e caviale a tutti. Anche agli operai, per sfoggiare comprensione e clemenza verso il proletariato. Di-vi-na!

Con velocità da libellula ha cambiato una infinità di complicatissimi abiti da "grande soirée" firmati Dior e Capucci. Ogni tanto la si sentiva ingiuriare a squarciagola nello spogliatoio la sua domestica perché non era abbastanza veloce nel tirare fuori dagli armadi le" toilettes " e stirarle... poi ricompariva fulminea come una leggera farfallina pronta per un altro scatto fotografico, come se niente fosse. Alla fine si è fatta fotografare da Gerald Bruneau, dall'alto, distesa sopra tutti i suoi Capucci gettati su un lettone con copriletto leopardato. Mentre alla radio un notiziario trasmetteva il bollettino sulle vittime della guerra in Bosnia, lei per giustificare tutto il suo sfarzo disse la frase storica: "Cosa volete farci... è il bagaglio dell'attrice che ero!". Poi si è fatta fotografare con una" mise" da zarina in colbacco davanti al ritratto che la vede interprete del "Giardino dei ciliegi", vicino a lei campeggiava una foto gigante con dedica del nume tutelare della casa: Franco Zeffirelli. In effetti la casa doveva essere frequentata soltanto da un gran numero di omosessuali perché la segretaria-tuttofare chiese disinvolta al fotografo Bruneau se" Suo marito vuole ancora del caviale?" riferendosi a me... Cosa che fece morire dalle risate l'eterissimo fotografo francese! Lasciatasi prendere la mano dal suo personaggio la Cortese si è messa pure a delirare in francese alcuni brani teatrali e a sospirare: "Lascerei tutto questo per una piccola soffitta a Parigi". E' inutile aggiungere che il "Tutto Questo" comprendeva anche una casa da favola sul Canal Grande e un castello da caccia in Brianza intestati alla signora! Presa dall'entusiasmo si è fatta fotografare con l'urna cineraria del suo cagnolino a forma di carrozza ma che vista da vicino era costituita da un uovo in alabastro rosa con ruote dorate, trascinato da sei asinelli d'oro, il tutto sovrastato da un ritrattino ad olio ovale con lo yorkshire defunto alato tra le nuvolette. Quest'urna, fabbricata rigorosamente a Parigi, conteneva soltanto un pupazzetto del defunto perché il caro estinto giaceva in" freezer" da sei mesi in attesa della cremazione. Di-vi-na! Non sembra forse l'inizio di" Viale del tramonto" con Norma Desmond che sceglie la bara per la sua scimmia morta?


Suor Attila

Acida, sempre col colpo di lacca giusto... sto parlando di Suor Attila, Irene Pivetti. Con uno stile da suora laica leggermente lascivo tipo "Monaca di Monza". Sigmund Freud ne avrebbe fatto volentieri un caso clinico!

L'ho conosciuta prima delle elezioni e non vi nascondo che l'avrei presa volentieri a sberle per aver messo nel suo ufficio una statua di plastica della Madonna vicino alla bandiera leghista. Sulla sua scrivania, aperto su un leggìo, un messale del rito lefreviano e alla parete un'incisione pseudo-gotica da quattro soldi con i nibelunghi alla ricerca del Sacro Graal. Questa storia potrebbe intitolarsi: "Come NON fotografammo la Pivetti". Sì, perché ci fece aspettare delle ore e poi si negò. L'aspettavamo nel suo ufficio, nella mastodontica sede della Lega (con i miliardi di chi se la comprarono?), lei non fece che urlare isterica dietro la porta chiusa d'una sala riunioni lì appresso. Con lei c'era un addetto stampa del partito che cercava in ogni modo di convincerla... nulla! Giorni prima il "Venerdì" di Repubblica le aveva dedicato un paginone con la sua schifiltosa faccina e sotto una didascalia al fulmicotone. Lei se l' ebbe talmente a male, che dall'alto della sua boriosa divinità decise che mai più obiettivo l'avrebbe ritratta e che tutti i fotografi erano solo farabutti di sinistra. Santa ignoranza: i fotografi non sono responsabili dell'utilizzo e manipolazione delle immagini da parte dei giornali. Era una Pivetti d'ante-litteram, appena uscita dagli oratori di provincia, non come quella d'oggi (ndr: 1994) seduta boriosa e in bella mostra nello scranno di Presidente del Consiglio. Finì che fotografammo tutti gli altri candidati (contornati da bandiere e scritte violentemente & volgarmente razziste alle pareti dei loro uffici)... ma lei no, stoica fino in fondo, puntò i piedi e battè i pugni urlandoci dietro: "Ed inoltre ricordatevi che io non sono della Lega, sono della Consulta Cattolica della Lega". Come a dire: non sono Gianni ma son Pinotto! Se è vero che ne uccide più la penna della spada io vorrei volentieri che lei fosse la mia prima vittima.

Mia coetanea ma sembra una vecchia, talvolta parla al maschile e dice puttanate clamorose: le donne emancipate da Mussolini? To' guarda! Pensavo che "Lui" le volesse tutte a gambe aperte, solo buone per dare figli alla Patria... altro che diritto al voto! Quello è arrivato per le donne italiane solo col referendum per la Repubblica.

Ciò che accomuna tutti i politici da Bossi ad Alessandra Mussolini (che dovrebbe baciare la terra per il solo fatto di poter ancora circolare con il cognome di un nonno simile) è il fanatismo dietro il quale si nascondono frustrazioni mega-galattiche. Penso di non aver mai conosciuto persone più orribili dei seguaci di Bossi. Gli leggete in faccia che hanno le mani sudaticcie, il frenulo corto e l'eiaculazione praecox. Provinciali asfittici, mentalmente ottusi e con curiosità culturali azzerate. Vi fanno venire in mente le cose meno sexy di questo mondo genere calzini "maròn" o canottiera infilata dentro gli slip. Bleah!


Sabaudia mon amour!

Ebbene si, sono stato al "top"!

Per realizzare un servizio fotografico per "Sette" sono finito a Vésenaz, vicino a Ginevra, nel "sancta-sanctorum" di colui che mira ad essere eletto a furor di popolo futuro re d'Italia: Vittorio Emanuele di Savoia. Gentilissimo, simpatico, ironico ma d'una ingenuità galattica, facile a farsi manipolare, vive da quarantotto anni (ndr: nel 1994) in esilio lassù, circondato da un numero imprecisato di servi portoghesi, con la moglie Marina Doria.

Avevo sempre desiderato scoprire cosa si nascondesse dietro il "vissero felici e contenti" che conclude ogni favola di rango. Il principe biondo dagli occhi azzurri, a cavalcioni di una rombante moto Agusta, aveva riempito le cronache mondane della dolce vita col suo "flirt" per la reginetta dei biscotti. Diedero alla luce nel 1972 un bel frugoletto di nome Emanuele Filiberto.

Fatine ed animaletti del bosco disneyano erano però distratti quando il 18 agosto 1978 a bordo dello "yacht" savoiardo, poco più a sud della Corsica, sua altezza ferì a morte un turista tedesco di 19 anni a causa del furto del canotto del principino. Ah! Cosa non si farebbe per un figliolo!

Passò lenta l'ombra del dubbio ma bidibi-bobidi-bù ancor oggi non è stato provato che il proiettile provenisse effettivamente dall'arma del Savoia. Lui stesso oggi ne parla con auto-convinzione sin troppo disinvoltamente. Allucinato, lo guardavo chiedendomi come potesse essere così scherzoso e distaccato su una vicenda simile.

Comunque io ero già scioccato dal capoccione di bronzo di re Vittorio Emanuele III che sbucava da una fioriera e dai ritratti degli antenati d'una rara bruttezza equina appesi alle pareti. Però quanto sarebbe stata fiera mia nonna nel sapermi lì a corte! Tutto sommato se non fosse stato per il blasone genealogico sarebbe sembrata una famiglia borghese standard con tutti i regali di nozze indesiderati ancora in bella vista e la mobilia di alluminio-plexiglass, estremamente anni Settanta fino all'orrore, di cui non ci si decide mai di sbarazzarsi una volta per tutte.

Come tutti i genitori, anche i Savoia, hanno una certa apprensione per la prole. A tale proposito non vi nascondo che ho un debole per il principino ventiduenne (ndr: nel 1994) Emanuele Filiberto. Poveretto! Sin dalla culla cresciuto con le favole sugli antenati e nutrito con panzanate in vista di una sua investitura per diritto ereditario. È in realtà un ragazzino melanconico, un po' schizzato, che molto spesso fa adirare l'augusto genitore lasciandosi sfuggire paroline poco regali come cazzo" e "stronzo".

Allevato col senso del dovere, dell'onore, del sentirsi sempre al di sopra delle parti. Ha un'idea dell'Italia tipica d'ogni esule. Io e lui stavamo lì seduti su dei gradini, ricoperti di una soffocante moquette bianca spessa tre dita, quando gli è sfuggita qualche lacrima descrivendomi la sua nostalgia per il Paese dei Campanelli spasmodicamente desiderato. Mai conosciuto nessuno così carino e sincero. Inspira tenerezza ad ogni occhiata.

Mi è venuta in mente la scena di "Amarcord" ("Gradisca signor prinzipe!") ma l' ho subito rimossa pensando ai suoi avi in armatura alle crociate o al suo impiego di serio agente di borsa trovatogli dal padre. Tutti sembravano pieni di speranza e sul piede di partenza per il suolo natìo. L'amore per la patria era infuso con fervore in ogni parola anche perché, secondo gli ultimi accordi di Maastricht, i due Savoia, padre e figlio, col passaporto belga potrebbero, in teoria, varcare la frontiera da un giorno all'altro. Già Vittorio Emanuele ha preso contatti con la destra italiana e Berlusconi. Lui stesso ha detto di Berlusconi:" Avrei vinto anch'io le ultime elezioni. Era chiaro che gli italiani avrebbero votato persino Attila!"

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