Cosa è successo alla Libreria Babele di Milano?

Breve storia, dalla fondazione alla chiusura (1987-2008).

Scrivo queste righe perché sto ricevendo davvero un sacco di richieste relative alla sparizione della "Libreria Babele" di Milano, che ha chiuso i battenti il primo settembre senza fornire nessuna spiegazione.
Mentre scrivo, le vetrine sono coperte da fogli di carta e nessun avviso o spiegazione è appeso alla porta.

1) Le origini (1987)

Ho partecipato, a suo tempo, alla fondazione della "Babele", che nacque nel 1987 quale attività collaterale della rivista "Babilonia", presso la quale lavoravo dal 1985. Fui io a suggerirne ai proprietari il nome, che alludeva tanto al nome della rivista-madre ("Babele" e "Babilonia" sono varianti dello stesso nome di città) che all'arci-celebre Biblioteca di Babele di Borges.

Ricordo ancora quando Felix Cossolo (allora comproprietario di "Babilonia"), il suo amante Nicky ed io intraprendemmo il viaggio nella sua scomoda automobile a gas per andare a Parigi, a "Les mots à la bouche", per cercare libri da vendere (uscii dal malefico catorcio con le gambe anchilosate, pur essendo io tutto fuorché un gigante dalle gambe lunghe).

La "Babele" fu un progetto fortemente voluto da Felix, che avendo sempre avuto intùito in campo commerciale riteneva (e dimostrò di aver ragione) maturo il mercato italiano per un progetto come questo.

Era, più che una scommessa, un azzardo. All'estero le librerie gay esistevano da anni, ma all'epoca proporre una realtà commerciale gay non incentrata sul sesso (l'unico prodotto che sembri interessare ai gay italiani) era molto rischioso, dato che mancavano dati ed esperienza precedenti su cui basarsi per un giudizio.

E all'inizio le cose furono effettivamente piuttosto dure: ci volle un po' prima che la libreria - aperta in un locale minuscolo in via Sammartini - fosse in grado di reggersi sulle proprie gambe.

La cosa più buffa per me fu che al principio la difficoltà più grave non fu trovare i clienti, bensì trovare la merce da vendere loro. I libri a tema gay negli anni Ottanta in Italia erano ancora maledettamente rari, specie poi se si cercavano opere che dessero un'immagine positiva dell'omosessualità, come romanzi che non si concludessero col suicidio dell'invertito di turno, o saggi che non spiegassero che l'omosessualità era una perversione sessuale. Di valido c'erano solo i saggi (peraltro relativamente numerosi) prodotti dal movimento gay, e gli eterni "classici" come il Corydon di Gide o il De profundis di Wilde. E poco altro.

Pur di riempire gli scaffali, Felix vendette sconsideratamente la sua libreria personale, preziosa testimonianza di anni ed anni di militanza, ricca di copie uniche donate dagli autori (mi sanguinò il cuore, ma con quel che mi pagava "Babilonia" ero troppo povero per rilevarla io, così ne salvai solo i pezzi più rari), e racimolò all'estero libri fotografici e d'immagine e riviste che all'epoca era semplicemente impensabile trovare in Italia.
Buffo: gli anni Ottanta appartengono, è vero, ad un altro secolo, ma a raccontarla così sembra che io stia parlando di un altro millennio... ma in un certo senso, lo era.

A quell'epoca non esisteva internet, e anche il solo fatto di riuscire a trovare le informazioni relative alle opere a tematica gay era un'impresa. Io fui coinvolto nel progetto proprio perché avevo appena pubblicato nel 1984 una bibliografia, Leggere omosessuale, che grazie ad anni di ricerca e lavoro (avevo iniziato verso il 1978) era riuscita a raccogliere "ben" 800 titoli, pubblicati fra il 1800 ed il 1983. Se penso al fatto che oggi basta consultare un sito come Culturagay.it per trovare letteralmente migliaia di titoli, provo un po' di tenerezza per quel mio lavoro da formichina tra schede di biblioteca odorose di muffa, libri carichi di polvere e scartoffie. Che però se non altro si rivelò utile per sapere cosa avrebbe potuto offrire la neonata "libreria Babele".

All'epoca, la sede di via Sammartini si rivelò strategica. Era stata scelta anche per il fatto che il Comune di Milano aveva bloccato la concessione di licenze per l'apertura di librerie, a meno che si trovassero in zone sgarrupate come quella. Ed effettivamente, chi va ad aprire una libreria in una via che corre lungo la Stazione Centrale, la quale incombe con la sua massa e la sua sporcizia e i suoi "tossici" per chilometri? Nessun altro. Ecco perché la richiesta di licenza fu approvata.

Eppure mi ricordo che il Comune quella licenza ce la fece sudare, per mesi e mesi, dopo aver preteso per concederla che ci fosse un locale ed un contratto d'affitto già in corso. Mesi e mesi in attesa della visita e dell'ok dei vigili che non avevano mai il tempo per passare, mesi che costituirono una perdita economica non indifferente, che rischiò di soffocare in culla la neonata libreria.

Come dio volle, il nulla osta arrivò, e quella posizione "sgarrupata" si rivelò straordinariamente felice (qualcuno, dopo anni, la rimpiange ancora). Moltissimi gay della provincia approfittavano infatti del loro primo viaggio che rendesse necessario cambiare treno a Milano per fiondarsi in tutta fretta alla Babele per fare scorta di materiale da leggere. Presto impararono anche a organizzare le coincidenze dei treni in modo da avere un poco più di tempo da passare in libreria.

Qualcuno iniziò a venire ogni tre o quattro mesi per comprarsi in una volta sola gli arretrati di "Babilonia", che non trovava nella propria città... o che non osava chiedere all'edicolante della propria città. Lo ripeto: quelli erano tempi in cui non esistendo Internet, trovare un'informazione o anche un banale romanzo era un calvario. La "Babele" per alcuni di noi era quindi un faro nella nebbia fitta.

E così entro un tempo ragionevole (no, non mi ricordo quanti anni) fu raggiunto il pareggio.
A quel punto Felix Cossolo propose al suo socio, Ivan Teobaldelli, di dividere la società: Felix avrebbe tenuto la "Babele", ed Ivan, "Babilonia".
L'accordo fu fatto, e la "Babele" prese il largo per conto proprio, anche se poi i legami personali fra gestori di "Babele" e gestori di "Babilonia" rimasero comunque frequenti.

2) La Babele cresce

Per qualche anno Felix fece crescere la "Babele". Riuscì ad espandersi, rimanendo nella stessa via, anzi nello stesso isolato, ma spostandosi in un locale un po' meno "buco" del primo, con due stanzette. Per Felix, che ha sempre avuto più fiuto commerciale che politico, quello fu il trampolino per la successiva attività imprenditoriale di gestore di locali (certo più redditizi della cultura) su cui ha poi basato il resto della sua carriera.

All'epoca io, rimasto con "Babilonia" (vi avrei lavorato fino al 1998) persi di vista per qualche tempo la "Babele", e un giorno ci trovai dentro Gianni Delle Foglie prima come commesso, e poi come nuovo proprietario, assieme a Francesco Ingargiola.

Non conoscevo nessuno dei due, cosa strana in un movimento talmente piccolo in cui ci si conosceva letteralmente tutti, e infatti entrambi non venivano dall'esperienza del movimento gay ma da esperienze di altro tipo (Gianni aveva gestito la "Società delle feste", anche se aveva in realtà frequentato con il suo amico Ivan Teobaldelli il Centro d'Iniziativa gay di via Bodoni). Forse proprio per questo erano particolarmente entusiasti e motivati, e presero in mano la libreria facendone un luogo d'incontro e d'informazione che molti di coloro che mi stanno leggendo ricorderanno di sicuro.

Per moltissimi gay la loro libreria fu il primo luogo in cui trovarono il coraggio di manifestarsi per la prima vola in vita loro per quel che erano. Il modo tranquillo e naturale con cui i proprietari parlavano d'omosessualità, proponevano un'opera, davano un consiglio o un'informazione, aiutò moltissime persone ad avere un approccio "morbido" e non traumatico con il proprio coming out. Finalmente trovavano un posto in cui si sentivano "a casa".

Il vantaggio della "Babele" era di essere una specie di territorio franco, gay sì, ma non connotato né sessualmente come lo erano i locali, né politicamente, come lo erano i gruppi. Per molti infatti era importante il fatto di poter entrare facendo finta di nulla, come se passassero per caso, per vedere l'effetto che faceva la cosa.

Ne uscivano rincuorati, magari con in mano la copia di una rivista gay che, scoprivano con stupore, non conteneva come credevano immagini di squartamenti di bambini o sodomizzazioni di capre e cavalli, ma "semplici" racconti e riflessioni di persone "proprio come loro". Miracolosa Babele!

Francesco e Gianni erano una squadra che si completava perfettamente. Gianni non era propriamente un bibliofilo, e leggere i libri non era in cima alla top ten delle sue attività predilette, tuttavia non era certo un incolto e soprattutto era un commerciante abile e astuto.
Francesco non era invece un commerciante nato, tuttavia era un divoratore di libri, era attentissimo a tutto quel che veniva pubblicato, e faceva di tutto per procurare ogni novità proposta dal mercato. Me lo ricordo, quando andavo in libreria, chino su "Tuttolibri" o a spulciare qualche catalogo alla ricerca indefessa di qualche novità sfuggita al suo occhio di falco.

A fare gli onori di casa Gianni era il più bravo, e se si voleva un consiglio Francesco era più competente, tuttavia entrambi i nuovi proprietari hanno saputo accogliere con un sorriso ed un consiglio schiere di gay alla ricerca banale di qualcosa da leggere, o in quella, molto meno banale, di se stessi.

3) La Babele si fa in due (1993)

Gianni però aveva un carattere che definirò "molto forte". Anzi, diciamolo pure: talora prepotente e cocciuto fino all'irragionevolezza. Sempre cortese coi clienti e gli estranei, con i conoscenti era capace di impuntarsi, o intestardirsi, in modo talvolta assai sgradevole. Lo so perché anche io ero diventato un "conoscente".
Dopo qualche tempo il sodalizio fra i due soci iniziò così inevitabilmente a mostrare qualche crepa.

Francesco provò allora a ripetere l'operazione già messa in atto da Felix qualche anno prima. Si trasferì a Roma, dove aprì nell'ottobre 1993 la seconda libreria "Babele" d'Italia.
Anche qui, gli inizi furono durissimi. Mi ricordo i racconti di Francesco tra l'allucinato e il divertito su come si comportavano i gay romani. Venendo da Milano, Francesco s'era trovato ributtato indietro di un decennio.
Mi raccontava dell'insistenza con cui molti clienti gli chiedevano che bisogno ci fosse di fare una libreria gay che "ostentava" apertamente di essere tale, e che metteva in vetrina libri con la parola "gay" sulla copertina. Si vergognavano di entrare in quella libreria. Si trovavano a disagio in quella stanza, perché non si consideravano omosessuali. Alcuni di loro, scoprì col tempo, erano sposati, altri erano preti (in borghese) e lavoravano in Vaticano, che era proprio a due passi dalla prima sede della Babele romana.

Altri ancora si limitavano a sfogliare le riviste porno, poi se ne andavano senza comprarle e senza aver spiccicato una parola, rinchiusi in una bolla di solitudine e paura.

Arrivare al pareggio non fu insomma per nulla facile. Ma dopo qualche anno, grazie anche all'aiuto prezioso dato dal compagno di Francesco, Claudio, ci si arrivò. Ormai il numero delle persone che osavano oltrepassare quel portone senza lagnarsi del carattere gay del negozio era sufficiente a mantenere in vita il negozio.

Infine, anche la "Babele" di Roma divenne, esattamente come quella di Milano, un luogo in cui i gay, soprattutto i più giovani, andavano a riconoscersi, a parlare, a imparare. A scoprire se stessi e nuove possibilità di vita.

A quel punto fu fatta la proposta di dividere la società: ovviamente non conosco i termini dell'accordo (non vennero certo a raccontarli a me) ma da quanto si vide dall'esterno fu chiaro che Gianni avrebbe tenuto Milano (che aveva un fatturato molto superiore, non fosse altro per il fatto che Milano è di per sé una piazza libraria che consuma il triplo dei libri di quella di Roma), e Francesco, Roma. Milano comunque continuò a gestire gli ordini per corrispondenza per entrambi.

La separazione avvenne, almeno a giudicare dalle apparenze e da quel che me ne volle dire Francesco allora, senza traumi, e con la soddisfazione di tutti.

Il solo dato veramente negativo fu che Francesco, che da molti anni era sieropositivo (e non lo nascondeva agli amici) nell'ottobre 1998 divenne uno dei centinaia di gay che ci lasciarono in quel periodo in cui le terapie antiretrovirali non erano ancora perfettamente a punto.

Fu una grave perdita per tutti, a iniziare ovviamente da Claudio, il quale decise di rimanere comunque a mandare avanti da solo la libreria.

Che grazie a lui esiste ancora, anche se in una nuova sede in via dei Banchi Vecchi 116, assai più grande di quella degli inizi, sia pure meno vicina al Vaticano...

4) Verso il Duemila

Fin qui mi sono limitato a raccontare quel che ho visto accadere.
Da qui in poi mi permetterò di mescolare alcune mie considerazioni e idee, che so benissimo essere del tutto soggettive, e che non pretendo affatto che siano "verità". Altri potranno in effetti proporre ricostruzioni diverse di quanto è accaduto in quegli anni, il punto è solo che questa è la ricostruzione che sto proponendo io. Non posso quindi parlare a nome degli altri, che dovranno ovviamente provvedere loro, in prima persona, a proporre le loro ricostruzioni e le loro interpretazioni.

La mia personalissima ma radicata convinzione è infatti che la separazione tra Francesco e Gianni sia stata un momento cruciale per la libreria, anche se la cosa non fu percepita subito come tale.

Come ho detto sopra, era soprattutto Francesco la persona che si occupava di tenere d'occhio le novità. Anche una volta trasferito a Roma continuò in questo lavoro, assolutamente essenziale per una libreria.

Con la separazione delle due attività, il suo posto fu preso a poco a poco (anche se mai in modo esclusivo) da Giuseppe Lo Presti, che molti ricorderanno perché fu commesso alla Babele di Milano per ben sette anni.

Anche Giuseppe, come me e Francesco Ingargiola, appartiene alla categoria dei "topi di biblioteca". La partenza di Francesco non ebbe quindi contraccolpi perché Giuseppe seppe compensare con la propria passione per i libri quella di Francesco.

Ricordo le discussioni con lui sui meriti e demeriti di una novità, il che è esattamente quello che mi aspettavo accadesse in una libreria gay. Vivendo a Milano, avevo già a disposizione le grandi librerie-supermercato (in quegli anni furono inaugurati quelle specie di "Upim del libro" che pullulano attorno a Piazza Duomo: Feltrinelli nei sotterranei della Galleria, la Virgin accanto all'Arengario che, oh novità inaudita e gradita, teneva aperto anche di sera! Poco distanti c'erano già Mondadori e Messaggerie, e la Fnac si sarebbe aggiunta entro breve -- con la sua utile sezioncina gay, grazie ai suoi commessi, diciamo, "informati dei fatti").

Alcune di tali librerie proponevano una specie di fidelity-card ante litteram (un cartoncino da forare ogni tot lire) che concedeva un gradito sconto al cliente regolare. Eppure, nessuna di loro poteva garantirmi l'attenzione alle novità sul tema che mi offriva la Babele, per non parlare dell'occasionale discussione sui meriti di questo o quel libro con Giuseppe ed anche con Gianni. Quindi sono sempre tornato alla Babele, tesserini-sconto della Feltrinelli o no.

Anzi, mi ha sempre fatto piacere comprare da loro i miei libri gay per ripagare coi miei acquisti il servizio di consulenza che quel tipo di libreria mi forniva, e che le libreria "normali" non erano in grado di darmi.

5) Via San Nicolao (1999/2000)

Non ricordo la data esatta (secondo il "Corriere della Sera" fu nel maggio 2000, ma ricordo che quell'articolo apparve quando il trasloco era già avvenuto da qualche tempo) comunque all'inizio del nostro secolo la Babele si trasferì in una nuova sede in via san Nicolao (al suo posto, in via Sammartini, aprì un locale gay, gestito da Felix).

Una sede enorme, perfino più grande di una libreria come "Les mots à la Bouche" di Parigi (che pure può contare su una popolazione almeno tripla di quella di Milano), ma dal costo sostenibile grazie alla condivisione dell'affitto con altre due realtà commerciali inizialmente presenti.

Purtroppo, come dirò più avanti, qualche anno più tardi il costo eccessivo di questa sede sovradimensionata sarebbe stato, secondo me, uno dei motivi che avrebbero portato alla chiusura della Babele di Milano.

Io la nuova sede l'ho vista non dico spesso, ma spessissimo. Fu infatti grazie alla "Babele" e allo studio grafico nonché editore di libri gay "Echo communication", alloggiato nello stesso stabile, che la rivista "Pride" trovò una sede in via San Nicolao 10, nel 2000. Ora, siccome dopo essere stato licenziato da "Babilonia" nel 1998, nel 2000 ero diventato direttore di "Pride", io alla "Babele" mettevo piede anche più volte al giorno. Per prendere una cioccolata dalla macchinetta-bar. Per dare appuntamento a qualcuno che non abitando a Milano voleva, già che veniva a parlare con noi, visitare anche la libreria. Per proporre un artista a Gianni per la sua galleria d'arte. Per ritirare un pacco lasciato da qualcuno che era passato mentre "Pride" (che faceva orario serale) era chiusa. Per prendere in prestito un libro citato in un articolo. Per assistere a una presentazione o a un dibattito e all'inagurazione di una mostra. O semplicemente per fare un giro e sgranchirmi le gambe...

Solo una breve rampa di scale mi separava da loro, ed il viavai era continuo, anche in senso inverso, dato che spesso Gianni Delle Foglie saliva a presentarci scrittori e artisti che gli chiedevano come fare a proporsi a "Pride".

Nei primi anni il clima fu quasi idilliaco. Progettavamo di fare di quel palazzo una piccola area dedicata alla cultura lgbt, cercando di attirarvi altre realtà gay affini. Senza immaginare che qualche anno dopo ne saremmo stati invece sfrattati tutti.

Le prime incrinature, destinate ad allargarsi a poco a poco negli anni, vennero - e ripeto che sto esprimendo un parere - quando Gianni non riuscì a trovare un accordo con Giuseppe. Il quale per sette anni aveva dedicato sempre più sforzi e tempo e pensieri ed energie alla libreria, trattandola quasi fosse cosa sua, e di conseguenza sentiva di meritare in cambio che si tenesse conto di questo suo sforzo, sotto forma o di un posto di lavoro con una regolare assunzione o, se ciò non fosse stato possibile, almeno la possibilità di entrare in società, anche in posizione di minoranza. Purtroppo Gianni, che come ho detto quando ci si metteva era un caratterino e una testa dura, su queste ipotesi era adamantino: sulla prima non poteva permetterselo, sulla seconda non voleva. Punto.

Andò a finire, e mi si perdonerà se per ovvie ragioni di privacy non dirò qui tutto quel che so, che Giuseppe e Gianni entrarono in rotta di collisione. La tensione crebbe per mesi e mesi (Giuseppe mi parlava apertamente della sua crescente delusione), finché una mattina Giuseppe, dopo una litigata telefonica con Gianni, invece di andare a lavorare andò dal sindacato. Il risultato fu che la libreria perdette Giuseppe, e con lui l'ultima persona che aveva seguito su base quotidiana e con passione le proposte librarie.

Dopo di lui molti altri commessi, per esempio la Claudia, hanno investito energie ed entusiasmi nella libreria (in particolare Claudia era riuscita, da sola, a farne un punto di incontro per le donne lesbiche milanesi) ma Gianni, dichiarandosi scottato dall'esperienza con Giuseppe, non permise più a nessuno di loro di avere una posizione di responsabilità.

Fu un errore gravissimo, a mio parere, perché quella libreria aveva sempre funzionato al meglio quando erano state più teste a gestirla, ed ora una testa sola volle gestire tutto.

Non fu una buona idea. A mio parere personale, fu il classico sassolino che slittando per primo inizia a mettere in moto la valanga. Che peraltro a quell'epoca avrebbe potuto benissimo essere fermata.

6) Le radici di una crisi

Sia chiaro, la crisi della "Babele" ha avuto molte cause, diverse delle quali al di fuori del controllo e della volontà di Gianni. Altre però sono dipese da scelte errate.

6.1) Problemi oggettivi
Fra le scelte indipendenti dalla volontà di Gianni ci fu in primo luogo l'insuccesso del progetto di condividere il costo dell'affitto. L'agenzia di viaggi e il negozio d'abbigliamento leather non riuscirono a decollare. L'affitto ricadde così totalmente sulla libreria.

Nel 2006, inoltre, l'ente pubblico proprietario dell'immobile ricadde fra quelli a cui Tremonti aveva deciso di fare "cartolarizzare" i beni posseduti. Offrì allora una buonuscita consistente a tutti gli inquilini che se ne fossero andati prima della scadenza prevista del contratto, inclusa la ditta che ci subaffittava lo spazio, e così noi di "Pride" ci trovammo in un batter d'occhio senza sede (e ci trasferimmo in via Antonio da Recanate). Idem la "Echo communication". Addio al progetto di creare un piccolo nucleo di cultura lgbt!

La "Babele" invece decise di restare, dato che il suo contratto commerciale le dava il diritto a fermarsi ancora diversi anni (non ricordo la data esatta, comunque una data del tipo 2011), ma a quel punto si vide aumentare l'affitto (almeno, così mi fu detto, relata refero).

Ormai, si lamentò Gianni con me, solo di affitto e spese connesse la "Babele" gli costava sui 4.000 euro al mese. Se si calcola che i libri hanno un ricarico del 30% quando va bene, ciò implicava la necessità di vendere almeno 14.000 euro di libri al mese solo per pagare l'affitto, tutte le altre spese escluse. Non era poco, anche se secondo Gianni gli introiti della "Babele" erano perfettamente in grado di tenere testa alla sfida... ma era pur sempre un bell'impegno, per lui, aggiungeva.

Il problema fu che questi minori introiti e maggiori spese innescarono, per la necessità di risparmiare un po', una spirale perversa da cui a lungo termine divenne impossibile uscire. Di fronte ai primi default, una delle reazioni di Gianni fu infatti diminuire l'afflusso delle novità, comprandone meno copie e meno di frequente. Ciò diminuì la frequenza delle visite dei clienti. E quindi gli incassi. Obbligando così a ulteriori diminuzioni. Che resero meno interessanti le visite frequenti. E così via.

Il trend fu amplificato dall'arrivo della crisi economica (altro elemento totalmente indipendente dalla volontà di Gianni), che non fu sentita solo dalla Babele, ma da tutta quanta la clientela di "Pride" con cui avevo modo di parlare.

Semplicemente, la gente aveva sempre meno soldi. Specialmente i giovani, condannati dagli stipendi da "call center", oltre tutto precari e saltuari, a risparmiare per sopravvivere. E siccome si può sopravvivere anche senza leggere libri, i libri sono stati una delle prime vittime della crisi...

In effetti, la crisi economica di cui discutiamo nel novembre 2008 ha in realtà iniziato a manifestarsi già verso il 2005, e lo ha fatto con forza particolarmente devastante nei confronti delle librerie medie e piccole, che subirono il pesantissimo effetto-aspirapolvere dei "supermercati del libro" di Piazza Duomo... e del fatto che i supermercati ormai vendano i libri.

Per farla breve, quali che fossero le cause, la clientela iniziò a diminuire proprio nel momento in cui i costi vivi aumentarono.

6.2) Problemi soggettivi
Ai problemi oggettivi si aggiungono poi alcuni errori soggettivi.

Il primo, e a mio parere il principale e il più macroscopico, fu il non aver mai voluto prendere in considerazione l'idea che quella sede fosse sovradimensionata rispetto al giro d'affari. Quella metratura era stata presa pensando di condividerla con altre realtà economiche, ma una volta visto che l'idea era impraticabile, a mio parere si sarebbe dovuto riconsiderare la cosa, accontentandosi di meno spazio pur di avere una spesa fissa inferiore. Ma dirlo a Gianni quando si lamentava delle sue difficoltà economiche significava scatenare una vera furia: un po' come cercando di rubare a una gatta il suo gattino più amato.

Il secondo, è che il magazzino dei titoli della "Babele" soffriva ormai di senilità e di obesità, ed aveva bisogno di un'energica potatura (il che avrebbe reso oltre tutto possibile spostarsi in una sede più piccola). Potatura che Gianni si rifiutò sempre di effettuare.

Negli anni s'erano infatti accumulati relitti e titoli a cui nessuno era più interessato, magari per il banale fatto che erano residui di successi di dieci anni fa del tutto passati di moda.

Per automatismo, continuavano ad essere riordinati libri che ricordavo di avere ordinato io, per disperazione, nel 1987, come puri e semplici tappabuchi (esempio: Il ragazzo morto e le comete di Goffredo Parise, che ha giusto poche pagine d'interesse gay, per di più scritte con un'orribile mentalità da immediato dopoguerra). In alcuni casi, di un autore che aveva scritto una sola opera a tema gay era presente l'opera omnia, del tutto inutile in una libreria specializzata.

Ciononostante, Gianni reagiva con veemenza, arrivando ad offendersi, se gli si suggeriva di fare una svendita a prezzo scontato, per alleggerire il magazzino, che oltre tutto dal punto di vista fiscale risulta come un attivo anche quando è pura zavorra.

La svendita effettuata infine da Rolando nell'agosto 2008, immediatamente prima della chiusura, ha esumato dal fondo dei cassetti opere dei tardi anni Settanta, dimostrando che erano state dimenticate inutilmente in qualche armadio letteralmente per decenni.

Il terzo errore, è che a furia di non volere più tra i piedi dei "signor so-tutto-io-sui-libri", Gianni non aveva più in negozio una persona innamorata dei libri. O, ogni volta che l'aveva, non le permetteva d'interferire con la scelta delle novità, a scanso di pericoli.

Come ho detto, Gianni era davvero un bravo commerciante, ma per lui i libri erano come i fazzoletti o i mazzi di fiori: li vendeva con lo stesso amore con cui avrebbe venduto fazzoletti o fiori... il che per un amante dei libri non è propriamente una frase che suoni come un complimento. Veniva così meno il motivo per preferire la sua libreria al bancone gay della Fnac, che per lo meno offre uno sconto ai clienti fidelizzati.

Inoltre, sempre più spesso apparivano sui banconi della Babele libri che col tema gay non c'entravano nulla (ricordo con particolare orrore un costoso libro illustrato di cucina, che Gianni mi consigliò con convinzione quale... regalo di natale), e che erano semplicemente proposte che i piazzisti "spingevano" a costo zero ("Se non le vende, me le ridà"). Il risultato era che dopo un libro preso pensando avesse qualcosa di gay ma in cui la tematica gay non c'entrava un fico, si diventava molto più cauti negli acquisti, trattenendosi dal comprare a meno di riuscire ad essere assolutamente certi del tema. Il che ovviamente non giovava all'aumento del fatturato.

Il quarto, è che Gianni non capiva Internet. Non ne capiva il funzionamento e quindi non ne capiva le potenzialità, e non capiva che Internet rivoluziona il commercio librario. Già ora negli Usa alcune storiche e blasonatissime librerie gay hanno chiuso perché non riuscivano a reggere la concorrenza della sezione gay di Amazon.com (che è fatta benissimo).

Per fortuna di Gianni, in Italia l'omofobia impedisce per ora ai servizi di vendita online di libri di nominare apertamente e di curare come si deve la tematica gay, cosicché per il momento le librerie gay restano insostituibili e insostituite.

Ma a questo proposito ho un aneddoto da raccontare. Una volta con altre persone assieme alle quali lavoro al sito Culturagay.it, avevamo proposto alla Babele di sostituirsi a Bol.com come sponsor. Culturagay riceve ogni mese attorno alle 150.000 visite alle sue recensioni di libri e film (pubblica solo recensioni e testi sulla cultura lgbt). Accanto ad ogni recensione c'è un link per andare a comprare, se lo si vuole, il libro tramite Bol.com, che riconosce a Culturagay una minuscola percentuale sul venduto, che serve a pagare i costi del sito.

A me sembrava logico che le visite generate da Culturagay fosse meglio indirizzarle verso una libreria gay, dove il lettore avrebbe avuto altre proposte oltre a quella che aveva consultato, piuttosto che sul Bol.com, che fa di tutto per non nominare invano i temi lgbt.

Alla fine della discussione, Gianni uscì con questa illuminante domanda "Va bene, ho capito: ma io cosa di guadagno, da questo accordo?". Stavamo discutendo di dare alla sua libreria circa un milione e mezzo di impressions all'anno di persone interessate ai libri gay, a costo zero. Ma lui non capiva dove mai stesse il vantaggio per lui...
L'accordo, ovviamente, non si fece.

Si aggiungano a questo fatto i difetti del sito. Per fare un esempio: dal sito era impossibile ordinare libri che non fossero fisicamente presenti in libreria, anche quando il volume era in commercio e ordinabile con la massima facilità al grossista. Il che era assurdo, perché incoraggiava l'utente ad andare a fare shopping altrove.
Quando però si segnalavano questi problemi a Gianni, si arrabbiava, invece di pensare a come fare a risolverli. Alla fine, non glieli si segnalava più.

L'ultimo, e mi si permetta la bizzarria dell'opinione, fu il fatto che Gianni ha sempre negato che esistesse una crisi. Da anni si parlava ormai apertamente del fatto che la "Babele" stava in piedi perché il compagno di Delle Foglie garantiva un aiuto e un sostengo economico a questo scopo, sapendo che per Gianni la libreria era tutto, era la sua vita.

Ora, io non dico che credo ingenuamente che lanciare un appello del tipo "salviamo la Babele" avrebbe provocato un accorr'uomo in sua difesa. Non credo che la gente sia pronta a mobilitarsi per un negozio.
Eppure accade. Accade che la gente di un quartiere si mobiliti per il bar sfrattato, per il negozio tradizionale in difficoltà. Certi negozi sono infatti più che un negozio. Sono risorse di comunità. E la Babele era esattamente questo.

Daccapo, non dico che credo che iniziative per salvare la Babele dal rischio della chiusura avrebbero mobilitato folle di persone ansiose di salvarla. Epperò, non è stato fatto neppure un tentativo per salvarla puntando su una mobilitazione di comunità. Fino all'ultimo giorno si è ripetuto il mantra per cui andava tutto bene, che le voci che parlavano di un rischio di chiusura erano false, tendenziose, calunniose e messe in giro dai nemici.

Poi il giorno dopo si torna, e il negozio è sbarrato.
E la gente si chiede che gusto ci sia stato a prenderla in giro, e a chi abbia giovato negare l'evidenza.

7) La cessione (2007)

Nella primavera del 2007 Gianni infine prese atto del fatto che per risollevare le sorti della "Babele" era necessario un cambio di gestione, cedendo la libreria a Rolando Canzano, che ci lavorava ormai da tempo come commesso.

C'era stato qualche pourparler sulla possibilità che "Pride" rilevasse la libreria, ma la cifra richiesta (un milione di euro!) era talmente spropositata da costituire un chiaro "No, non ne discuto nemmeno".

Anche la proposta da parte di un imprenditore milanese di entrare in società fu respinta, col risultato che questo imprenditore aprì a Milano un "concept store" gay che vende anche libri, "Pier pour Hom". Un negozio, a mio parere, almeno all'inizio non tale da creare una vera concorrenza, ma sufficiente a infrangere il mito della Babele come realtà unica nel suo genere, e che sarebbe restata tale in eterno.

Dopo la cessione a Rolando, Gianni progettò di prendersi una meritata vacanza estiva, per poi tornare in autunno per gestire la sola galleria d'arte, lasciando la libreria a Rolando, coadiuvato (nel tempo lasciatogli libero da un altro lavoro) dal suo compagno.

Dopo tanti anni, finalmente, Gianni aveva infine accettato nuovamente qualcuno al suo fianco anziché sotto di sé: pareva quindi che ci fossero tutte le condizioni per una nuova partenza.

Purtroppo, nel giugno 2007 la morte improvvisa e assolutamente prematura di Gianni, stroncato da un infarto, rese impraticabile quel progetto. Può darsi che il futuro sarebbe stato diverso senza quella tragedia, e che la "Babele" sarebbe ancora aperta, oggi, senza quell'imprevisto. Non possiamo saperlo per certo, ma certamente il dubbio è forte.

Rolando ha gestito in prima persona la libreria per oltre un anno, cercando di trovare una soluzione ai problemi a cui ho accennato. Alcuni dei quali però - sto esprimendo una mia opinione - col cambio di gestione rimasero, a iniziare dal sovradimensionamento e quindi dal costo eccessivo della struttura in rapporto al fatturato, ed ovviamente dalla crisi del mercato librario, contro il quale non poteva certo battersi da solo.

La nuova gestione è riuscita ad aggredire alcuni dei problemi, ad esempio iniziando finalmente un lavoro di sfoltimento del catalogo e del magazzino che come ho detto era necessario da troppo tempo.

Purtroppo però penso - sono sempre nel campo delle opinioni personali - che accanto a queste iniziative corrette ci si sia stato almeno un errore di valutazione, consistente nella scelta troppo prematura di cercare di ravvivare il giro d'affari attraverso la pubblicazione di video e libri. A fronte di un mercato in contrazione, come lo è quello della cultura gay in questi anni di crisi economica, queste iniziative non solo non hanno ottenuto a mio parere l'effetto sperato, ma hanno forse addirittura rubato energie e attenzioni dei gestori in un momento in cui forse avrebbero dovuto puntare maggiormente a riorganizzare il core business dei libri.

Infine il progetto di proporre il franchising del marchio, su cui la nuova gestione aveva all'inizio sperato molto, s'è rivelata irrealistico in un paese in cui c'era spazio in tutto per tre librerie gay, due delle quali il marchio "Babele" lo possedevano già in proprio.

8) La chiusura (2008)

Alla fine, l'annuncio di Rolando: il suo compagno (manager di una multinazionale) ha avuto una promozione lavorativa, che però richiede che si trasferisca in Spagna. Rolando non intende essere lasciato solo a Milano, e soprattutto non vuole essere lasciato completamente solo in una libreria che richiede ancora moltissimo lavoro per recuperare gli antichi fasti, tanto che due persone riuscivano a malapena a svolgerlo, quindi ha deciso di trasferirsi in Spagna assieme al suo compagno. La "Babele" è quindi alla ricerca di chi la rilevi.

Su quanto è successo in quel periodo ho avuto informazioni che non sarebbe corretto rivelare, in quanto fornitemi a titolo riservato.

Mi limiterò quindi a discutere unicamente di quanto è noto a tutti tramite la benemerita "Radio Checca" (avvisando che ciò basta a dare un quadro della situazione, ma non tutto il quadro dell'intera situazione) cioè che l'Arcigay di Milano aveva manifestato la sua intenzione di subentrare nella gestione della libreria, riproponendosi di utilizzare quello spazio anche come sede di una propria casa editrice, nonché d'iniziative culturali a tematica lgbt.

Qualcuno parlava anche di un progetto di periodico gay, sul tipo di "Aut" o Cassero", che però altre voci smentivano categoricamente.

Sia come sia, il Cig-Arcigay di Milano aveva ufficialmente fatto sapere di essere interessato a rilevare lui la Babele di Milano, entro tempi brevi, al punto che discuteva già con altre realtà commerciali milanesi di possibili iniziative congiunte da tenere dopo il passaggio di proprietà.
Rolando di conseguenza predispose tutto per la partenza (compreso, mi disse, disdire le utenze, e l'aggiornamento del sito) entro la fine di agosto.

A quanto si è saputo dopo, però, l'accordo non fu mai firmato, ed anzi in Arcigay corsero voci sul fatto che s'intendeva o si era addirittura deciso di rimandarlo al nuovo anno.

La motivazione fornita per il rinvio era che Arcigay di Milano non aveva ancora un tipo di personalità giuridica che permettesse di gestire una libreria, e che occorreva aspettare il nuovo anno per potersene dotare. Non so se questa spiegazione fosse veritiera o meno, so solo che fu la voce che circolò ad agosto e settembre, dopo la chiusura. Mi limito quindi a riferirla senza né sposarla né smentirla.

Non essendo noti a tutti noi questi retroscena, la svendita che la Babele organizzò improvvisamente a fine agosto 2008 parve una mossa assai strana, dato che non è molto logico che qualcuno che sta vendendo un negozio lo svuoti del magazzino, diminuendone così il valore. Tuttavia Rolando ha negato recisamente fino all'ultimo giorno che esistesse il pericolo anche remoto di una chiusura: l'accordo di cessione era stato fatto, mi disse, anche se effettivamente l'Arcigay stava tardando a formalizzarlo. Ma era solo questione di giorni.

In realtà da miei amici che frequentano Arcigay sapevo che la decisione non era stata ancora formalizzata dai soci; comunque dato che in Arcigay Milano il parere dei soci non conta nulla, visto che decidono tutto tre o quattro persone, ciò non mi pareva decisamente un problema. Se non era stata formalizzata, lo sarebbe stata in breve.

Eppure a pensarci col senno di poi e considerato quanto accadde (il primo settembre il negozio fu chiuso senza alcun preavviso e senza alcuna spiegazione a nessuno, il sito divenne inaccessibile) la scelta di effettuare una svendita può essere interpretata come la decisione di "fare cassa" per avere comunque i soldi per pagare tutti i conti in sospeso e i conguagli delle bollette prima di partire, anche nel caso l'Arcigay avesse persistito, come in effetti avvenne, nel suo ritardo.

Su quanto avvenne in quei giorni, non mi è stato dato sapere nulla. Anche per me la chiusura arrivò come un fulmine a ciel sereno, dato che pochi giorni prima Rolando mi aveva escluso personalmente e con veemenza tale pericolo.

Sia come sia, la spiegazione che mi è arrivata dai frequentatori di Arcigay è che l'accordo alla fine non si è fatto solo perché la Babele sarebbe stata... sfrattata all'improvviso, da un giorno all'altro.

Tale spiegazione è ovviamente ridicola, dato che lo "sfratto improvviso" per la legge italiana non esiste (eccetto che per il caso di morosità), e la Babele aveva ancora diritto per contratto a tre o quattro anni di affitto. La mia ipotesi (si tenga conto del fatto che sto ragionando per induzione) è che non riuscendo a concludere l'accordo abbiano accettato la buonuscita che l'ente proprietario aveva offerto - come so, essendo stato un inquilino dello stesso ente, a suo tempo - a tutti gli inquilini che accettassero di andarsene, e che anziché con i capitali della mancata cessione ad Arcigay abbiano saldato i conti un po' con la buonuscita ed un po' con la liquidità accumulata con le svendite di fine agosto.

Questa mi pare la spiegazione più ragionevole sulla base dei dati noti ai più. Se chi ne sa più di me vorrà smentirmi, pubblicherò la sua correzione.

Mi è stato detto che Rolando e il suo compagno sono ora in Spagna: non so se sia vero, la riferisco come è stata riferita a me. So però per certo che ieri 5 novembre sono passato a verificare se per caso ci fossero novità e la Babele era sempre chiusa, e non c'era fuori nemmeno un cartello del tipo "Chiuso per cambio di gestione". Le vetrine erano coperte da fogli di carta, come nei cantieri.

A chi mi chiede se la Babele di Milano riaprirà, rispondo che non lo so, ma che se riaprisse è escluso che possa farlo in quella stessa sede, che o è stata restituita al proprietario o se non lo è stata era comunque destinata ad essere perduta entro qualche anno, e quindi non è minimamente appetibile per nessuno che volesse rilevare l'azienda.

La Babele ha quindi ora fondamentalmente due beni di interessse commerciale: il marchio, che è tra i più "forti" e conosciuti del mondo gay italiano, e il magazzino librario. Entrambi possono essere tranquillamente venduti a realtà commerciali che abbiano sede in zone di Milano diverse da quelle in cui la "Babele" è oggi. Quindi io direi che se la "Babele" riaprirà mai (e so che qualche trattativa in questo senso è effettivamente in corso), ciò non avverrà sicuramente in quello stesso spazio.

Questo è tutto quel che posso dire. Credo sia sufficiente a soddisfare le curiosità di tutti, quindi spero di non ricevere più ulteriori richieste in proposito.

9) Conclusione

Prima di concludere ricordo un'ultima volta che tutto quanto ho fin qui raccontato coinvolge esclusivamente il mio punto di vista personale, e che altre ricostruzioni, diverse dalla mia, sono del tutto legittime e possibili.
Se poi vorranno essere i protagonisti stessi a spiegare finalmente cosa è successo, magari per correggere questo mio scritto, tanto meglio.

Grazie e ciao.

Giovanni Dall'Orto


Post scriptum

Post scriptum
In data 11 novembre Paolo Ferigo, presidente del CIG-Arcigay di Milano, ha raccontato su Queer blog il punto di vista della sua associazione sull'accaduto (è fra i commenti, dopo l'articolo).
Reputo interessante segnalarlo, per gli elementi nuovi che aggiunge alla mia ricostruzione, che in qualche punto ne viene anzi corretta.

Mi sia però concesso notare che quanto lì riferito relativamente allo sfratto, non quadra: le procedure per uno sfratto, sia pure per morosità, richiedono mesi e mesi, e prevedono comunque la possibilità di interrompere la procedura mediante il pagamento di quanto dovuto. Si legga quanto riportato qui. Pertanto la tesi secondo cui ci sarebbe stato uno sfratto improvviso per colpa di un paio di mesi "dimenticati" non regge.

Dopo la scrittura di questo articolo infine la questione è stata discussa su diversi siti:
Anelli di fumo (8/11)
Gay.it (11/11)
Queer blog
Anelli di fumo (13/11), con la versione degli ultimi proprietari,
e infine
Arcigay.it (17/11), con un chiarimento da parte di Paolo Ferigo, presidente di Arcigay Milano - CIG.

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