Un angelo di nome Monty

19 febbraio 2005, "Babilonia" n.84, 1991, con il titolo "Un angelo di nome Monty"

...Tutti gli elementi erano così mescolati in lui che egli mosse guerra alla vita, e vi rimase ucciso.

E. Lee Master, da Antologia di Spoon River


Scene da un film mai realizzato, la vita di Montgomery Clift: Monty nel vento di Manhattan che cammina barcollando, sorretto da un infermiere negro; Monty in una casa a Fire Island che cade a più riprese, poi stramazza al suolo, e gli altri, tutti uomini, tutti omosessuali, lo scavalcano come una cosa inanimata. La larva dell'uomo che era: tetano alle mani, flebite per il troppo bere, mezzo cieco, il volto stravolto da un incidente d'auto. E poi il voltafaccia di Hollywood, il suo non mangiare, il piangere, il telefonare agli amici che lo disertavano, le iniezioni di demerol. Finché a quarantacinque anni il cuore non regge e muore, il 23 luglio 1966.

Il suo è stato il più lento suicidio di tutta la storia del cinema.

Campione dell'esistenzialismo all'americana, fu il primo "ribelle" dello schermo a recitare più con i gesti e la mimica che con i dialoghi e le battute.

Da lui sono derivati i selvaggi, la gioventù bruciata e tutto quel design di cinema che sopravvive ancor oggi nei volti di Matt Dillon, Mickey Rourke, Shaun Penn e molti altri.

Fu Clift a indicare la strada sia a Marlon Brando che a James Dean e il cinema divenne uno strumento per capire i vuoti morali delle nuove generazioni, al di fuori dello star system, zuccheroso e superficiale, che sino ad allora Hollywood aveva confezionato.

In quel periodo cominciarono ad incrinarsi alcuni miti americani e molti furono gli scheletri nell'armadio che cautamente vennero esposti alla luce, tra questi anche l'argomento tabù dell'omosessualità.

E' curioso notare che encantadores come Clift, Brando e Dean, sia sullo schermo che nella vita privata, abbiano costantemente dovuto affrontare problemi riguardanti la loro identità gay e come questa sia stata una delle pricipali cause delle loro nevrosi.


UN GATTO SPAVENTATO

Il regista Fred Zinneman disse a proposito di Montgomery Clift: Si muoveva come un gatto spaventato e come un gatto inarcava la schiena quando una cosa lo irritava. Urlava per nulla. Una infinita tristezza annacquava i suo occhi verdi. Era sempre incerto, scontento, afflitto da esagerati problemi... E io credo che sia nato da questo il successo di Monty. Con la sua inquietudine e la sua malinconia, egli era il simbolo di una generazione che usciva dalla guerra per rientrare nella normalità.

Monty era uno degli attori più sconvolgenti del suo tempo. Oggi è difficile immaginare come elettrizzasse il pubblico: i teen-ager impazzivano per lui e addirittura urlavano durante la proiezione dei suoi film. Nessun attore aveva mai avuto un impatto così sorprendente, suscitava istinto materno: tutti volevano soccorrerlo e coccolarlo.

Come gli altri attori che in seguito fecero scuola del suo personaggio, Montgomery Clift respingeva le donne. Anzi, le odiava.

L'unico amore che gli si attribuì pubblicamente resta quello per Elizabeth Taylor. Ma si trattava d'amore?

Monty ebbe paura della carica sessuale della Taylor e dovette una volta per tutte ammettere l'impossibilità d'amare "totalmente" una donna. I sensi di colpa di Monty nei confronti dell'attrice lo tormentarono sino a quando si presentò sul set con un ragazzo legato a lui, un francese di nome Giles, per mostrare a Liz quale fosse in realtà la sua vita. Quello che la Taylor fece, alla fine, fu che lo chiamò da parte e gli disse: "Qualunque cosa vuoi fare, per qualunque cosa mi vuoi, io sono qui".

Insieme girarono tre film ( Un posto al sole, 1951, L'albero della vita, 1956, Improvvisamente l'estate scorsa, 1959 ), e la loro amicizia durò anche dopo i matrimoni di lei.

Nei periodi di burrasca familiare, Liz ricorreva al suo aiuto supplicandolo di calmarle il marito di turno.

Tutto il mondo si domandava come mai Monty non avesse chiesto la mano di "miss occhi viola", c'era un mistero irrisolto che incrinava la credibilità delle favole happy end della patinata Hollywood.

Di fronte al pubblico bisognava salvare la faccia ed entrambi, con l'aiuto di abili sceneggiatori e pubblicitari, firmarono degli articoli biografici in cui davano una versione romanzata dei fatti.

Per quanto possa sembrare strano, letti oggi, quegli articoli risultano quanto di più sincero ci si possa aspettare. Con intelligenza si disse tutta la verità, nient'altro che la verità, anche se al quadro generale mancava l'elemento chiave di decifrazione: l'omosessualità di Monty.


MONTY E LIZ


Persino in Italia, sul numero 593 di Bolero film del 1958, si può trovare un articolo autobiografico di Liz Taylor in cui si legge: In lui c'era qualcosa che non riuscivo a captare. Io sarei stata disposta a unire la mia esistenza alla sua; ma lui non volle mai. Quando gliene parlavo mi rispondeva, con voce cupa: "Ho paura di Liz! Vi sono settori nella vita di cui io non potrò mai far parte". Mi resi conto alla fine che le nostre due sorti non avrebbero mai potuto fondersi. E fu per questo che ci dividemmo.

Sul numero 557 della stessa rivista si poteva invece leggere la seguente dichiarazione di Monty: Ricordatevi che Montgomery Clift è un uomo deluso, senza amore, senza pace, in continua lotta con se stesso e col suo destino.

Il suo atteggiamento schizofrenico aumentava di giorno in giorno, voleva mettere alla prova se stesso frequentando gli ambienti più strani e malfamati oppure cercando di stupire tutti i presenti prendendo una bistecca dal piatto e tagliandola sul pavimento. Voleva provare tutto, sfidare il "limite", il confine con la morte.

Terrorizzò i suoi amici rimanendo appeso nel vuoto ad un balcone sette piani sopra la strada, poi si tirava su come se niente fosse tra il panico generale.

Marilyn Monroe, sua intima amica, commentò prima della fine: "È la sola persona che conosco che sta peggio di me".


LA PARENTESI ITALIANA

Monty restò in analisi parecchi anni con il dottor William V. Silberberg, che era omosessuale e divenne suo amante.

Clift continuava ad avere una doppia vita, usciva in pubblico con donne ma aveva storie con uomini. Tutto ciò era terribilmente logorante per lui.

Uno dei pochi luoghi in cui Monty riuscì ad essere felice fu in Italia.

Da bambino aveva abitato a lungo a Milano, Roma e Napoli e si sentiva profondamente europeo.

Nel 1950 ritornò in Italia per conoscere Vittorio De Sica sul set di Miracolo a Milano.

Tra i due nacque immediatamente una profonda amicizia che porterà alla collaborazione reciproca nel film Stazione Termini, quattro anni più tardi.

Nell'autobiografia scritta qualche anno fa da Maria Mercader, moglie di De Sica, si trova un accenno ai "pettegolezzi" che all'epoca circolavano su una presunta relazione Clift-De Sica; non se ne trovarono mai le prove e le malelingue si limitarono a segnalare come il regista sgusciasse dalla camera d'albergo di Monty alle ore più impensate del mattino.

L'americano Robert La Guardia, nel suo libro dedicato a Montgomery Clift (Monty, A Biography, Arbor House, New York, 1977), scrive che l'attore preferiva ragazzi italiani dai capelli scuri molto giovani e che le migliori conquiste le avesse ottenute a Firenze e nel Napoletano.

Nel 1954 Clift sedusse anche Luchino Visconti il quale era deciso a scritturarlo per il film Senso con Alida Valli.

Purtroppo Clift non riuscì a liberarsi da altri impegni e il film venne realizzato con un'altra star Hollywoodiana omosessuale imposta a Visconti: Farley Granger.

La vita di Monty fu sconvolta per sempre una sera del 1956, dopo una cena a casa di Elisabeth Taylor e del marito Michael Wilding. C'erano anche Rock Hudson e la futura "moglie" Phyllis Gates.

C'era anche il giovane Kevin McCarthy, famoso attore che Clift considerava il confidente più intimo, uno dei tanti "velati" di Hollywood.

Verso le undici Monty si rivolse a McCarthy: "Ho sonno. Se vieni via anche tu e mi fai strada con la macchina, forse non vado a finire in un burrone, con questa nebbia".

Dieci minuti dopo l'automobile di Montgomery Clift fu ritrovata attorcigliata contro un palo telegrafico. Monty non morì nell'incidente, ma il suo viso, "il più bel viso di Hollywood", era un grumo di sangue, e non sarebbe più stato lo stesso.


UN ANGELO SENZA ALI

Gli ricucirono la faccia con fili sottili di metallo: il labbro superiore cambiò di forma, il naso perfetto restò un abbozzo che si fotografava bene solo da sinistra e un gonfiore innaturale si formò intorno agli occhi.

I suoi famosi occhi rimasero gli stessi anche se non comunicavano più romantica tristezza ma terrore.

Ormai anche come attore il suo avvenire era compromesso, già da tempo il suo personaggio era stato spiazzato da quello di Marlon Brando e in un mondo di prodotti bellissimi e perfetti (Paul Newman, Kirk Douglas e Richard Widmark) Clift sentì d'essere come una merce avariata.

Monty non si riprese mai più dall'incidente. Sia fisicamente che mentalmente.

Inoltre, a causa delle cure mediche ricevute e della completa dipendenza da alcool e droghe, in lui s'accentuò un invecchiamento precoce.

Divennero profetiche le parole pronunciate dall'amico Roddy McDowell (altro gay, ex bambino prodigio in Lassie con Liz Taylor e poi fotografo pigmalione di Bruce Weber), il quale disse: "Non c'è niente da fare, se non tenergli la mano e accompagnarlo alla tomba". Malgrado tutto, ci fu ancora chi offri ruoli cinematografici e nel 1961 ricevette la sua terza "nomination" all'Oscar, con il ruolo di omosessuale castrato dai nazisti, nel bellissimo film Vincitori e vinti di Stanley Kramer.

Da tutta la sequela di tormenti che costellano, come una via crucis, la vita di questo eroe moderno è curioso notare quanto "l'anima" di Monty restò malgrado tutto innocente.

Aveva tutte le doti degli esseri angelici.

Ma, purtroppo, come ebbe a scrivere il poeta Robert Frost: Non tutti gli angeli hanno le ali.

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