Lo scorso 15 dicembre, all'età di 84 anni, è morto a Roma Giuseppe Patroni Griffi, narratore, regista teatrale e cinematografico, drammaturgo, autore di alcuni dei romanzi gay più belli della letteratura italiana.
Nato a Napoli nel 1921, ma emigrato a Roma subito dopo la guerra come molti altri intellettuali napoletani, Giuseppe Patroni Griffi esordisce come narratore con tre racconti che escono da Vallecchi nel 1955 col titolo Ragazzo di Trastevere. Altri racconti scritti tra la fine degli anni Quaranta e gli anni Cinquanta saranno pubblicati successivamente da Garzanti nel 1977 nella raccolta Gli occhi giovani.
La fisicità, selvaggia e disperata, dei personaggi proletari di questi racconti che spesso vendono con ingenuità la loro giovinezza, anticipa per molti aspetti l'universo dei Ragazzi di vita di Pasolini, ma dell'omosessualità, tema centrale della produzione di Patroni Griffi, vengono rappresentati anche altri aspetti e altre sfumature, dagli atteggiamenti velati, di cose dette e non dette di personaggi borghesi (Un ospite di passaggio) all'iniziazione all'eros gay di un ragazzo tredicenne che nella calca di un tram scopre il piacere e si accorge improvvisamente "d'essere cresciuto maschio e peccatore" (La notte blu del tram).
A questa breve stagione narrativa segue un lungo periodo di attività teatrale e cinematografica. Patroni Griffi diventa un commediografo di successo e si impone nel mondo dello spettacolo con una serie di opere messe in scena dalla Compagnia dei Giovani di Giorgio De Lullo, Rossella Falk, Romolo Valli, Carlo Giuffré e Umberto Orsini. E' un momento di grande vitalità del teatro italiano che spesso si imbatte nei divieti della censura (come per la messa in scena di un testo a tematica lesbica, La governante di Brancati) e che ad ogni nuovo spettacolo sembra spostare un po' in avanti i limiti del cosiddetto comune senso del pudore.
I personaggi di Patroni Griffi, spesso in anticipo sui tempi, sono sempre trasgressivi, portatori di una visione del mondo sensuale e libertaria che tende a scardinare i tabù sociali legati alla sessualità e le sue storie sono come laboratori di sperimentazione di tutte le dinamiche erotico-sentimentali possibili, in cui l'omosessualità ha sempre un ruolo di primo piano.
Si pensi al debutto come regista cinematografico del 1962 con Il mare, un film ambientato a Capri con un giovane e fascinoso Umberto Orsini che in un'improbabile ed estetizzante atmosfera antonioniana (prima di Antonioni) fa la corte ad un ragazzo del luogo, oppure alla commedia Metti, una sera a cena del 1967, che, dopo la realizzazione teatrale, diventa un film di successo con Florinda Bolkan, Jean-Louis Trintignant, Lino Capolicchio, La scena del bacio a tre (due uomini e una donna) che oggi potrebbe essere una innocua pubblicità di un jeans o di un profumo, nel 1968, all'uscita del film, fece scalpore provocando interventi censori e di conseguenza anche un grande successo di pubblico.
Tra le opere teatrali si ricordano ancora D'amore si muore, In memoria di una signora amica, Anima nera, Persone naturali e strafottenti, Gli amanti dei miei amanti sono miei amanti e Prima del silenzio. Qui Patroni Griffi indugia spesso sulla rappresentazione di trasgressioni snob e salottiere o ritorna al mito di una Napoli perduta, come in Persone naturali e strafottenti, tra i più riusciti testi teatrali gay con quattro personaggi (un'affittacamere con un passato da cameriera in un bordello, un travestito intellettuale che con notevole sforzo riesce ad apparire stupido, e due gay ai quali il travestito ha subaffittato la sua stanza) che in una squallida camera a ore passano la notte di capodanno a scavare nelle loro miserie e nelle loro contraddizioni.
Oltre a Metti, una sera a cena, Patroni Griffi ha firmato anche una serie di regie cinematografiche tutte caratterizzate da raffinato estetismo e dalla rappresentazione di aspetti poco ortodossi della sessualità, a volte con l'esplicita volontà di scandalizzare il moralismo della cultura dominante, tra cui ricordiamo La divina creatura da un romanzo liberty di Luciano Zuccoli, Addio fratello crudele da un dramma elisabettiano di John Ford, Identikit da un romanzo di Muriel Spark.
Numerose le regie teatrali di successo di opere di Pirandello, Eduardo, Cocteau, Pinter, Tennesse Williams (il lavoro di Patroni Griffi si è interrotto proprio mentre lavorava ad una nuova edizione di un dramma di Williams, Improvvisaente l'estate scorsa).
Forse il nome di Patroni Griffi sarà legato più al teatro che alla narrativa, che ha frequentato in maniera più saltuaria, ma di tutta la sua opera a noi piace ricordare in particolare due romanzi, Scende giù per Toledo e La morte della bellezza, due dei più bei libri gay della letteratura italiana.
Legato ad un'idea premoderna ed estetizzante dell' omosessualità, lontano dal movimento gay che ha sempre guardato con diffidenza e snobismo, come tutti gli intellettuali della sua generazione, Patroni Griffi forse non avrebbe accettato la definizione di "letteratura gay" a proposito dei suoi romanzi, ma poco importa.
Con Scende giù per Toledo del 1975 egli ha creato un personaggio di travestito di struggente verità. Rosalinda Sprint, il / la protagonista del romanzo è un femminiello napoletano che passa dalla condizione di "recchione" a quello di donna fatale, esagerata e barocca come può esserlo solo un travestito napoletano, secondo l'immagine dei miti del cinema, reinterpretati da lei e dalle sue amiche dai nomi altisonanti (Marlene Dietrich, Camomilla Schultz, Maria Stuarda, Sayonara, Rossicago, Mariacallas). Sognando l'Amore con la A maiuscola e con una vitalità e una naturalezza disarmanti, Rosalinda Sprint sopporta tutte le umiliazioni di un mondo che la rifiuta, e il lettore, stregato dai suoi monologhi interiori scoppiettanti, la segue affascinato fino alle bianche scogliere di Dover dove andranno a infrangersi i suoi sogni. Con un mimetismo linguistico e un virtuosismo verbale che ricordano la tradizione secentesca di Giambattista Basile, Patroni Griffi riesce a cogliere le intime verità del più straordinario travestito della letteratura italiana.
Con La morte della bellezza del 1987 Patroni Griffi torna alla narrativa e scrive un romanzo totalmente diverso, centrato questa volta su un'omosessualità tutta maschile, fino alla rivendicazione insistita della maschilità e al rifiuto di qualsiasi "posizione mentale femminile".
La storia è ambientata ancora a Napoli, ma negli ultimi anni della seconda guerra mondiale (1942-1945), una Napoli bombardata, martirizzata, annientata nella sua "bellezza". Lilandt, un giovane di 27 anni, di madre italiana e di padre tedesco, ed Eugenio, un liceale di 16 anni, si incontrano in una sala cinematografica oscurata dai bombardamenti e si amano. Il più grande sa cosa sta facendo, "aveva accettato di essere quello che aveva sempre saputo, e se ne stette in pace, uomo tra gli uomini", il più giovane percepisce che si trova davanti a "rivelazioni definitive", si interroga e quando decide che quello che prova è amore, vi si abbandona. Nella casa di Lilandt, in vicolo del Trono, a Posillipo, i due giovani si amano con violenza e con dolcezza, si masturbano, si penetrano, si conoscono fino a farsi male ed elaborano una loro modalità di amore tra maschi.
L'amore dei due protagonisti è rappresentato con ricchezza di particolari, con un linguaggio spesso barocco e con una inedita visione dionisiaca dell'eros maschile.
Alla conoscenza violenta dei sensi fa da cornice la violenza della Storia che si abbatte impietosa su Napoli, e la morte della bellezza è la metafora di un amore che muore (Lilandt conosciuto come il tedesco scappa da Napoli), ma anche di una città violentata e stravolta. "Com'era bella Napoli quarant'anni fa..." . Sono le parole con cui inizia il romanzo e riecheggiano per tutto il libro, simbolo di una perdita irreparabile, che diventa rimpianto, memoria di un mondo irrimediabilmente perduto, come la giovinezza e come l'amore dei due protagonisti.