recensione di Stefano Bolognini
Recidiva
Non si tratta di un viaggio fisico bensì psicologico, mentale e figurato in cui l’immaginazione di un giovane sviluppa diverse possibili varianti della propria iniziazione gay.
L'immaginario passa dalla fuga da casa per ritrovarsi in un cesso pubblico con i “pantaloni abbassati” per poi cambiare immediatamente, in un continuo fluire di autocoscienza e fantasmi erotici, ad immaginarsi con un ragazzino coetaneo conosciuto in una stazione in un vagone a mettere alla propria la propria prorompente sessualità.
I pensieri del giovane, e il suo desiderio, si accavallano in un crescendo erotico-masochistico e ogni iniziazione è fortemente intrisa di sofferenza, di freddo interiore e di desiderio inappagato.
L'adolescente omosessuale è, in questo romanzo, perduto nelle proprie voglie.
Così al suo desiderio di violenza carnale, in una baita di montagna si contrappone immediatamente la voglia di tenerezza che si specchia negli sguardi degli altri giovani. Ancora la voglia si esprime attraverso la ricerca di una castità impossibile e l'adolescenziale giunge ad immaginarsi prostituto per un anziano che gli chiederebbe soltanto la tenerezza di un atto voyeristico.
Lo scritto è intriso di erotismo piccante ma la meta ultima del giovane individuo rimane una tenerezza continuamente agognata, ma irraggiungibile.
La meditazione, per molti aspetti allucinatoria offre una prospettiva nuova dura, pungente ed intrigante sulla sofferenza dell’accettazione della propria diversità e sul desiderio carnale dei giovanissimi gay che, spesso, trova solo spazi mentali di soddisfazione.